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La tragedia di Rigopiano finisce a “risate”

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Non bastava la giustizia che, a distanza di due anni dall’evento che ha seppellito per sempre 29 persone sotto una valanga, non riesce a dire alla comunità, e soprattutto alle famiglie, chi sono i responsabili (se ci sono) di quella tragedia. Ora, in soccorso, arrivano anche due attori comici.

Le notizie dai palazzi della giustizia sono ferme al 6 giugno scorso a quando, cioè, è stato chiesto il processo per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e altre sei persone, nell’ambito dell’inchiesta dell’inchiesta bis, per depistaggio e frode processuale, sul disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola. Ora dovremo attendere il 16 luglio quando si terrà l’udienza preliminare sul filone principale dell’inchiesta.




Sono passati oltre due anni da quella tragedia e i giudici non hanno ancora trovato i colpevoli di quella tragedia. Forse non ne hanno avuto ancora tempo (dopo 700 giorni). Hanno trovato, però, il tempo per condannare chi, nel frattempo, aspettava che quella stessa giustizia donasse un po’ di serenità alle famiglie delle vittime. E poi, non possono essere assolti perché, in molto meno tempo, hanno condannato Alessio Feniello a quattro mesi di reclusione per aver portato fiori al figlio Stefano in un’area ancora sotto sequestro.

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Dopo la fine dell’inchiesta “madre” in cui sono finite indagate 25 persone i magistrati Massimiliano Serpi e Andrea Papalia si sono dedicati a un secondo filone d’inchiesta su un presunto tentativo di depistaggio da parte di Provolo e di sei funzionari della prefettura. L’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, infatti, è indagato per aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio 2017 alla Squadra Mobile di Pescara, al fine di nascondere la chiamata di soccorso fatta alle 11.38 dal cameriere Gabriele D’Angelo al centro coordinamento soccorsi. Con lui sono indagati anche il presidente della provincia Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, l’amministratore del resort Bruno Di Tommaso e accusati a vario titolo di disastro colposo, omicidio colposo plurimo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d’atti d’ufficio. E poi c’è lei, Daniela Acquaviva, la funzionaria che non credette all’allarme disperato lanciato da Quintino Marcella.

La vicenda (reale) già fa ridere così (purtroppo.

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Ora, però, si aggiunge, con un “colpo di teatro” (è proprio il caso di dirlo) la volontà di “trascinare” la vicenda di Rigopiano in uno spettacolo di “risate” con un retrogusto amarognolo. “Per un pugno di risate è dedicato a chi da due anni e mezzo non ha mai smesso di piangere. Ma il mistero della vita tiene insieme tutto. E non c’è bisogno di spiegarlo a Pino Insegno e Federico Perrotta, gli attori che martedì 9 luglio alle 21 nel teatro D’Annunzio di Pescara saliranno sul palco per una missione del cuore, una serata dedicata al comitato vittime di Rigopiano.”

Questo l’annuncio che presenta lo spettacolo ideato dai due comici, volti amici delle famiglie. Un progetto che però, dicono gli organizzatori, porta dentro un dono: il giardino della memoria -spazio di ricordo e preghiera poco distante dal totem dell’hotel cancellato dalla valanga -, e un cane da ricerca per il Soccorso alpino” che verranno acquistati con il ricavato dello spettacolo.

A muovere qualche dubbio sull’opportunità dello spettacolo anche Alessio Feniello, il padre di Stefano morto sotto la valanga di Rigopiano, che ha commentato:

“Ci voleva un pugno sì, ma di coscienza! C’è ben poco da ridere.”
“La famiglia Feniello non fa parte del comitato vittime di Rigopiano e si dissocia da queste pagliacciate.”

E la stessa famiglia Feniello, in un lungo post su Facebook, precisa di “aver appreso solo attraverso la pubblicità sui canali social, che il prossimo 9 luglio a Pescara si terrà una manifestazione intitolata ‘per un pugno di risate'” dedicata alle vittime di Rigopiano. “Come molti di voi sapranno -prosegue la famiglia- non facciamo parte di questo comitato, e di conseguenza non abbiamo nulla a che fare con questa iniziativa. Siamo amareggiati per non essere stati avvisati di questo spettacolo e, soprattutto, non siamo d’accordo che la memoria del nostro Stefano venga celebrata con uno spettacolo comico. Ci dispiace vedere in quella locandina il volto sorridente del nostro Stefano, insieme ai volti delle altre povere vittime e alle immagini di due attori comici. La consideriamo una cosa totalmente fuori luogo, una grave mancanza di rispetto. Stiamo per affrontare il lungo processo che ci dovrà dire se il nostro Stefano ci è stato strappato via a causa dell’incompetenza umana e del malaffare, e proprio non abbiamo voglia di ridere, ma solo di combattere, come stiamo facendo dal giorno della valanga. Così intendiamo onorare la sua memoria, senza risate, ma con la rabbia e la sofferenza nel cuore che ci portiamo dentro da quel giorno. In tutta onestà, organizzare uno spettacolo comico, a pochi giorni dall’inizio del processo, appare un’iniziativa incomprensibile. Ci diranno che il fine è quello di fare beneficienza, di raccogliere fondi per realizzare il Giardino della memoria e donare un cane da ricerca al Soccorso alpino. Benissimo, ma si poteva fare in un altro modo, non con i comici, non con le risate.”

Seppur voluto dal Comitato delle vittime, dunque, lo spettacolo è opportuno?

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