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Morte Marcello Lonzi: dopo 11 anni ancora nessuna verità

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Il ragazzo morì l’11 luglio 2003 nel carcere Le Sughere di Livorno. La giustizia, attraverso due inchieste, sentenziò che il decesso avvenne per infarto. Oggi la madre torna a chiedere un processo per far luce su quanto accaduto al figlio.

“Queste foto parlano da sole, mio figlio è stato ritrovato morto in una pozza di sangue, con otto costole rotte, denti rotti e due buchi in testa, ma il caso fu archiviato tre volte come morte naturale” ha detto la donna in un presidio organizzato davanti Montecitorio.

Lonzi era finito dietro le sbarre per un tentato furto scontando, fino ad allora, quattro dei nove mesi di carcere a cui era stato condannato. “Nessuno mi avvertì – racconta la donna – non venni avvertita né dai Carabinieri né dalla Polizia, ma soltanto da una zia il giorno 12 alle 13:20, quando mi vennero ad avvertire a casa, dicendo che mio figlio era morto”. La donna raggiunse il carcere ma i medici le riferiscono che già stavano eseguendo l’autopsia sul corpo. Il Pubblico Ministero riferì la causa del decesso: infarto. “Però quando l’ho visto il giorno 13 nella bara quelli che mi sono apparsi subito all’occhio sono stati i tre segni che lui aveva sul volto e i tre segni erano molto profondi. Poi degli amici gli hanno voluto mettere una bandana, una fascia alla fronte e lì ci siamo accorti che lui aveva un buco, perché il dito è penetrato dentro” precisa la donna al sito di Beppe Grillo. Nel 2004 il caso è archiviato: “morte per cause naturali”.

La perizia in possesso della madre di Marcello racconta un’altra storia: il ragazzo ha due costole rotte, una mandibola fratturata (sinistra), lo sterno fratturato, un’escoriazione a V. La donna a quel punto decide di denunciare il magistrato Roberto Pennisi alla Procura di Genova che, successivamente, archivia la denuncia ma fa riaprire il caso alla Procura di Livorno per far svolgere:”ulteriori indagini, perché c’è qualcosa che non torna”.

“Nel 2006 viene riesumata la salma di mio figlio e si scopre che le costole non sono più due, ma bensì otto e che non c’è solo un buco in testa, ma ce ne sono due, di cui uno profondo fino all’osso e addirittura ci trovano attaccata la vernice blu scura della cella. Si trova anche il polso sinistro fratturato, di cui il primo medico legale Alessandro Bassi Luciani non aveva parlato”. Nonostante tutto il caso viene nuovamente riarchiviato.

Ho fatto lo sciopero della fame per avere giustizia, per chiedere, per sapere perché mio figlio è morto e penso che io non abbia chiesto poi granché, perché in fondo credo che ogni mamma abbia diritto di sapere come è morto il proprio figlio. Ora sono arrivata a un punto che sinceramente non ce la faccio più e sono in Cassazione. Perché è dal 3 giugno che è stata depositata in Cassazione a Roma e ancora la sentenza non è stata emessa”. La donna è pronta a ricorrere alla Corte di Strasburgo:”era la prima volta che veniva arrestato e andava in carcere, poi te lo ridanno chiuso in una bara tutto spaccato e ti devono prendere in giro, perché io penso che la Giustizia mi abbia preso in giro dicendo che è morto d’infarto”. 

Della morte del giovane se n’è occupato anche l’Onu. Juan Méndez, relatore speciale sulla tortura dell’Onu, inviò all’Alto commissariato per i diritti umani il “rapporto sulla tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti” in cui includeva il caso Lonzi con “volto gravemente contuso” e “corpo coperto di sangue”.

Già nel 2010, l’ong Franciscans International, consulente ufficiale dell’Onu in tema di diritti, parlò del caso Lonzi come:”un’immagine disturbante della violazione dei diritti umani da parte di pubblici ufficiali che non sono soggetti a indagini rigorose” con una “non volontà di investigare accuratamente e di consegnare alla giustizia i responsabili. Questo equivale a una violazione del diritto alla vita e del diritto a un rimedio efficace”.

La ‘madre coraggio’ parla di omertà e di verbali contraffatti:”Ogni anno l’11 luglio porto un mazzo di fiori al carcere, lo metto fuori dal cancello, mi guardano con il sorriso, sto un pochino lì e poi me ne vado, perché mio figlio.. poi dopo vado anche al cimitero, però mio figlio è morto lì e io ogni anno vado lì.

Antonio Del Furbo

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