Site icon Zone d'Ombra Tv

Gladio, la seconda vita. Le ombre sui casi Alpi e Falcone

Gladio, la seconda vita. Le ombre sui casi Alpi e Falcone

Dai documenti desecretati dal governo Draghi spuntano informazioni utili sul mondo Gladio e su fatti accaduti negli ultimi anni.

Spread the love

Gladio è stata un’associazione che per oltre trent’anni ha agito all’ombra della democrazia italiana.

Gladio. Nel 1980 venne creata la settima divisione, con il compito di coordinare quella struttura riservata. Avevano una base di addestramento in Sardegna, a capo Marrargiu, e 139 depositi clandestini di armi ed esplosivi, i “Nasco”. L’obiettivo era di creare una rete di resistenza ai sovietici in caso di invasione, a supporto delle truppe alleate regolari. Tutti i protagonisti della vicenda tennero a ribadire in tutte le sedi che l’intera operazione era destinata ad attivarsi esclusivamente in caso di invasione del territorio italiano da parte del nemico. Ma la realtà però è del tutto diversa.

Le 190mila pagine degli archivi ufficiali di Gladio

TPI ha consultato buona parte delle 190mila pagine degli archivi ufficiali di Gladio, declassificate con una direttiva del presidente del Consiglio Mario Draghi il 2 agosto 2021. Era il quarantunesimo anniversario della strage di Bologna, nella quale morirono ottantacinque persone. Fu l’episodio più sanguinoso della storia dell’Italia repubblicana.

I Servizi segreti, militari e civili, ebbero un ruolo da depistatori e di complici degli eversori neofascisti che materialmente misero l’esplosivo nella sala d’aspetto della stazione di Bologna.

È il 13 luglio 1990.

Negli uffici di Forte Braschi a Roma un direttore di divisione, il cui nome è coperto da omissis, invia un appunto al direttore del Sismi. Oggetto: “Proposta per la costituzione di una nuova struttura nell’ambito della settima divisione”. Ovvero il settore del servizio di sicurezza militare a capo di Gladio.

Qualche giorno prima l’allora giudice istruttore di Venezia Felice Casson era entrato per la prima volta negli archivi del Sismi, su autorizzazione del presidente del Consiglio dei ministri Giulio Andreotti. Dal 1987 stava conducendo un’indagine sulla strage di Peteano, l’atto terroristico che il 31 maggio 1972 aveva provocato la morte di tre carabinieri in provincia di Gorizia, eseguito dai militanti di Ordine Nuovo Vincenzo Vinciguerra, Carlo Cicuttini e Ivano Boccaccio.

Scrive TPI:

Nell’appunto – che siamo in grado di mostrare per la prima volta – l’anonimo ufficiale ricorda alcune operazioni svolte insieme ai Servizi britannici nel periodo 1988-1989: ‘Suscitò notevole interesse – si legge – il fatto che gli operatori erano tutti agenti ESTERNI NON RICONOSCIUTI COME APPARTENENTI AL SERVIZIO E CONSIDERATI ALL’OCCORRENZA ‘A PERDERE’ (in maiuscolo nel testo originale, NdA)”. Ovvero contractor ‘pagati a cachet.

I DOCUMENTI

doc-con-watermark01

doc-con-watermark0202

L’alto funzionario del Sismi aggiunge:

“Si ritiene che una organizzazione similare consentirebbe al Servizio di avere un braccio operativo in grado di condurre TUTTE QUELLE OPERAZIONI CHE NON POSSONO ESSERE EFFETTUATE DA PERSONALE EFFETTIVO IN QUANTO COMPORTANTI, IN CASO DI SVILUPPI NEGATIVI, IL COINVOLGIMENTO DELLA NAZIONE (in maiuscolo nel testo originale, NdA)”.

Licenza di uccidere

L’alto funzionario del Sismi per essere ancora più chiaro cita un esempio di operazione che creò non pochi problemi ai Servizi francesi, quando si scoprì il loro coinvolgimento:

“Tipici esempi dei danni derivati dalla mancanza di siffatta struttura possono essere considerati: l’attacco alla nave di Greenpeace, portato da agenti regolari, che costrinse il direttore del servizio FRA (francese, NdA) a rassegnare le dimissioni”.

Il 10 luglio 1985 il Dgse, il servizio francese responsabile delle operazioni all’estero, piazzò due cariche esplosive sotto la Rainbow Warrior, la nave dell’organizzazione ecologista, ferma nel porto di Aukland, in Nuova Zelanda, affondandola. Nell’attentato morì annegato un fotografo portoghese, Fernando Pereira.

Il magistrato Felice Casson, che per primo intuì l’esistenza della struttura riservata, leggendo il documento dce a TPI:

“È allucinante, praticamente si chiede di avere una specie di licenza di uccidere, in senso lato, sullo stile dei Servizi segreti americani e dei peggiori Servizi mondiali. Questo viene chiesto sostanzialmente, cioè di andare contro le norme, di avere delle persone da poter ‘bruciare’ nel caso in cui succedano fatti gravi che uno Stato non può rivendicare”.

La nuova struttura proposta all’interno del Sismi nel luglio 1990 prevedeva di utilizzare come agenti a perdere “il personale già aderente alla nota Organizzazione”, ovvero Gladio, e “ex appartenenti alle forze speciali”, come il nono battaglione Col Moschin e il Comsubin, il commando incursori della Marina militare. Due corpi che, come vedremo, erano stati utilizzati dall’organizzazione clandestina “Stay Behind” almeno dal 1980 in poi.

“C’è un punto, la penultima e ultima riga, di questo documento del 1990 – commenta Casson – che è estremamente interessante, perché in tutta questa vicenda ribadisce un aspetto fondamentale: il limite alla conoscenza, questa cosa si deve sapere soltanto all’interno di questa struttura e non deve uscire niente. Vuol dire: noi della democrazia, delle leggi, della costituzione ce ne freghiamo, noi siamo sopra”.

Una struttura, dunque, eversiva? “Direi proprio di sì – risponde l’ex magistrato e senatore – fuori dalla Costituzione e dal Codice penale”.

Dopo “Stay Behind”

Due episodi tragici mostrano le ombre della nota organizzazione. Due agguati, avvenuti dopo lo scioglimento di “Stay Behind”, che hanno visto la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre agenti della scorta, nel 1992, e della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, nel 1994. Alcune note fino ad oggi inedite sembrano collegare la loro tragica fine con operazioni militari clandestine. È un tema sensibile, che occorre ricostruire con la massima attenzione. 

Sul documento del 1990 dice la sua anche l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, oggi senatore per il Movimento Cinque Stelle e componente del Comitato di controllo sui servizi segreti, il Copasir.

“Gli ultimi documenti ritrovati confermano che componenti nevralgiche dei Servizi hanno operato continuativamente nel tempo, anche dopo la fine del pericolo di un’invasione sovietica, non come istituzioni dello Stato legalitario, soggette al controllo democratico e al principio di responsabilità, ma come apparati del cosiddetto ‘Deep State’, ponendo in essere attività fuori controllo che, non essendo riconducibili allo Stato legale, non potevano avere la copertura del segreto di Stato. Quel che sino ad oggi è venuto alla luce è, a mio parere, solo la punta dell’iceberg di un continente sommerso”.

https://www.zonedombratv.it/web/wp-content/uploads/2023/03/km_Modello-20230329_1440p_30f_20230329_152852.mp4

C’è un capitolo della storia di Gladio che rimane ancora oggi oscuro: quello sulle attività clandestine in Sicilia.

Falcone intuì che il conto alla rovescia per lui era iniziato il 21 giugno 1989. In quei giorni alternava l’attività nella Procura di Palermo, dove stava seguendo la delicatissima indagine sull’omicidio di Piersanti Mattarella, il politico siciliano fratello dell’attuale Presidente della Repubblica ucciso in un agguato il 6 gennaio 1980, con qualche ora di mare in una villa che aveva affittato sulla spiaggia dell’Addaura.

Nella capitale siciliana erano giunti i colleghi svizzeri Carla Dal Ponte e Claudio Lehmann, impegnati nelle indagini sul riciclaggio dei soldi di Cosa Nostra. La mattina presto gli agenti della scorta trovarono cinquantotto cartucce di esplosivo Brixia B5 sulla scogliera della casa dove dormiva Falcone, con una tuta subacquea e delle pinne abbandonate. Intervennero gli artificieri, sventando l’attentato (e, per inciso, distruggendo maldestramente il dispositivo di innesco, impedendo così di ricostruire dettagliatamente l’origine dell’ordigno). 

Falcone nei giorni successivi parlò di “menti raffinatissime”. Su questo punto Scarpinato aggiunge un ulteriore elemento: “A proposito dell’attentato all’Addaura del 21 giugno 1989, nel corso del processo per l’omicidio Rostagno è stato acquisito un documento segretissimo del 10 giugno 1989 destinato ad essere distrutto, ma di cui qualcuno aveva conservato significativamente una copia per sé, nel quale si davano istruzioni per una operazione riconducibile a Gladio con l’utilizzo di mezzi del Centro Scorpione che doveva svolgersi proprio nell’area ove era ubicato il villino abitato da Falcone”.

https://www.zonedombratv.it/web/wp-content/uploads/2023/04/km_Modello-20230331-1_1440p_30f_20230331_234929.mp4

Si tratta di una nota che faceva riferimento ad un’operazione “Stay Behind” chiamata “Domus Aurea”, la casa dell’imperatore, avvenuta nel tratto di mare a poche centinaia di metri dall’abitazione estiva di Falcone, emersa nel corso di un’inchiesta giornalistica realizzata nel 2012 da chi scrive insieme a Luciano Scalettari, inviato di Famiglia Cristiana. 

Dagli archivi declassificati di Gladio spunta oggi un’ulteriore informazione che sembrerebbe confermare la genuinità del messaggio sull’operazione Gladio davanti alla casa dell’Addaura di Giovanni Falcone: esattamente quel punto, Torre del Rotolo, era considerata una “zona clandestina di sbarco” da utilizzare per operazioni riservate. 

“Rientro immediato”

È il 14 marzo 1994. Bosaso, nord della Somalia. La giornalista Ilaria Alpi e il video-operatore Miran Hrovatin arrivano nella città portuale che si affaccia sul golfo di Aden con indicazioni precise annotate sui block notes dell’inviata della Rai. Manca una settimana all’agguato del 20 marzo, dove moriranno entrambi.

C’è una nave di una compagnia italo-somala, la Shifco, sotto sequestro. Parte del personale di bordo – a cominciare dal capitano – è italiano. A 1.300 chilometri di distanza, a Balad, a nord di Mogadiscio, c’è il cuore del contingente italiano impegnato nella missione Onu Unosom. Sta per smobilitare, lasciando la Somalia al suo destino. Il reparto di punta è il nono battaglione Col Moschin, gli incursori della Folgore.

Ma a Balad c’era anche un nucleo della settima divisione Sismi, il reparto a capo di Gladio. Un cablogramma con la stessa data dell’arrivo di Alpi e Hrovatin a Bosaso e indirizzato a un ufficiale del Col Moschin a Balad – documento fornito da una fonte confidenziale e depositato nel 2013 dalla Dda di Palermo nel processo di primo grado per l’omicidio di Mauro Rostagno, insieme al messaggio sull’operazione “Domus Aurea” davanti all’Addaura – rivela un’operazione militare in corso in quelle ore: “Causa presenze anomale in zona Bos/Lasko (Bosaso Las Korey, NdA) ordinasi Jupiter rientro immediato base I Mog”, si legge. “Presenze anomale”, ovvero i due giornalisti. Prosegue il documento: “Ordinasi spostamento tattico Condor zona operativa Bravo possibile intervento”. 

Chi era Jupiter?

Come emerso nel processo Rostagno, era l’alias di Giuseppe Cammisa, il braccio destro di Francesco Cardella, fondatore della comunità di recupero per tossicodipendenti Saman. Un civile, dunque, che operava insieme a unità militari.

Nel corso dell’istruttoria a Trapani, prosegue TPI, a conferma dell’importanza del documento, è emerso che il maggiore del Col Moschin destinatario di quel messaggio aveva firmato nel 1984 un impegno di segretezza della struttura “Stay Behind”. Ma non era il solo.

Nella documentazione declassificata nella lunga lista di ufficiali e sottufficiali del reparto degli incursori della Folgore che hanno aderito c’è anche l’ex generale Marco Bertolini, che ha operato nel Paese del Corno d’Africa fino al 1993. Anche lui inquadrato Gladio, secondo la documentazione declassificata.

Bertolini oggi ha un ruolo attivo in Fratelli d’Italia, tanto da essere stato candidato per il partito di Giorgia Meloni alle ultime elezioni europee. 

In Somalia un uomo di punta della settima divisione e dell’organizzazione Gladio era Vincenzo Li Causi. Era in servizio anche lui a Balad come agente del Sismi. Muore in circostanze misteriose il 12 novembre 1993.

Insieme a lui operava un altro membro della settima divisione e, ancora una volta, di Gladio: Giulivo Conti. Conti e Li Causi facevano parte del gruppo Ossi, agenti utilizzati per le operazioni speciali. Una struttura che assomiglia incredibilmente a quella descritta nel documento del 13 luglio 1990: un team per operazioni non sempre pulite, che l’ambasciatore Paolo Fulci nel 1993 ha indicato come collegato con la Falange Armata, sigla utilizzata dal 1990 in poi da una misteriosa organizzazione di disinformazione, di ricatto ed eversiva che iniziò ad apparire proprio quando l’indagine di Casson si avvicinava a Gladio e mentre un alto funzionario, come abbiamo raccontato, chiedeva di creare una nuova struttura con agenti a perdere. 

Su questo fronte nessuna inchiesta giudiziaria o parlamentare è riuscita a fare chiarezza.

Exit mobile version