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Io, immigrata costretta ad abortire nel silenzio della solitudine

Io, immigrata costretta ad abortire nel silenzio della solitudine

La storia di una donna immigrata lasciata sola nel momento più difficile per una donna. Un'azione che nessuno vorrebbe fare, specie da soli.

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La vicenda che Monica racconta a Zone d’ombra (nome di fantasia) è una di quelle storie che, purtroppo, accadono molto spesso in Italia. Storie di razzismo, abusi psicologici e discriminazione.

Una quotidianità che continua a insediarsi nel tessuto sociale e che rappresenta – nel 2022 – ancora un dramma irrisolto. La testimonianza

La partenza

“Sono passati quasi 8 anni da quando sono arrivata in Italia” ci racconta Monica. “Sono andata via del mio paese per motivi familiari, lasciandomi alle spalle famiglia, amici, lavoro. Ho dovuto abituarmi al clima, alla cultura, al cibo, ma soprattutto alle persone”. Tradisce un po’ di emozione Monica quando parla, appunto, delle persone.

“Gli stranieri come me sono vittime di violenza, discriminazione e razzismo.

Monica è arrivata da Cuba in Italia con il sogno del principe azzurro. “Anzi – dice – il principe dell’atletica d’Abruzzo. Il 27 ottobre del 2021 un uomo la saluta su su Instagram e da lì inizia per la donna un incubo. “Abbiamo iniziato a frequentarci, a conoscerci. Gli sto vicino perché lui mi raccontava di aver avuto un tumore. Ci vediamo due volte a settimana perché eravamo entrambi impegnati con i rispettivi lavori. Lui, tra l’altro, aveva da poco iniziato a lavorare nel tribunale di Chieti.

Il rapporto tra i due diventa più stretto. L’uomo conosce il figlio di Monica avuto da una precedente relazione.

Tutto procede per il meglio. Almeno agli occhi della donna. Ma il 18 dicembre del 2021 Monica scopre di essere incinta. “All’inizio non dissi nulla per evitare che lui potesse pensare che lo avessi voluto incastrare. Alla fine, però, decisi di raccontare la verità. Ma lui mi riferì di non essere pronto – a 43 anni – di avere un figlio. In quel momento mi cadde il mondo addosso”.

La donna era sotto trattamento per via dell’endometriosi, una malattia femminile, determinata dall’accumulo anomalo di cellule endometriali fuori dall’utero. Solitamente le cellule endometriali dovrebbero trovarsi all’interno di esso. Questa anomalia determina nel corpo infiammazione cronica dannosa per l’apparato femminile, che si manifesta tramite forti dolori e sofferenze intestinali.

L’aborto


Psicologicamente affranta per le risposte dell’uomo e per la situazione, Monica riceve un altro colpo dall’uomo: “mi propone di abortire”. Ma, prosegue la donna, “non lo volevo assolutamente. Gli chiesi di aiutarmi a portare avanti la gravidanza con la promessa che nulla avrei preteso da lui”.

La donna non la spunta. Così, visto l’insistenza dell’uomo, propone “l’aborto farmacologico a casa, perché avevo paura dei pregiudizi delle persone”.

Dal 18 dicembre al 26 dicembre l’uomo rimane a casa di Monica. “Stavo male, vomitavo, non riuscivo a mangiare. “Lui rimase tutti quei giorni per raggiungere il suo obiettivo: farmi abortire in qualunque modo. Il giorno 22 dicembre 2021 ho preso la prima pillola e dopo quasi 36 ore ho preso le altre 2, cioè venerdì 24 dicembre 2021. Psicologicamente e fisicamente ero distrutta. Le sue lacrime mi facevano sentire in colpa, e nella mia mente pensavo d’aver fatto la cosa giusta, anche per il bene della sua mamma malata. Sabato 25 dicembre lui va a pranzo a casa sua, io rimango a casa da sola. Iniziano le contrazioni, scappo in bagno. Poi mi arriva la sua in videochiamata. Mi aspettavo mi raggiungesse ma non venne”.

La visita dal ginecologo


Il 27 dicembre la donna va dal ginecologo su insistenza del compagno. “Entro a fare la visita da sola, lui aspetta in sala di attesa, faccio ogni singola cosa che avevamo parlato a casa, nascondo la verità al dottore, mi trova un’infezione alle vie urinarie, cosa che è normale che succeda, soprattutto dopo un parto o un aborto, mi prescrive antibiotico. Una volta finita la visita lui incrocia al ginecologo e chiede, se stava tutto bene e se ne esce chiedendole al dottore se c’era qualche gravidanza. Il dottore risponde di no. E lui subito inizia accusarmi di essere una bugiarda. Arriviamo al parcheggio dello stadio di Chieti Scalo e mi dice che non mi vuole sentire. Tra di noi c’è un battibecco, lui scappa e io lo rincorro ma va via in auto. In quell’istante passa una pattuglia della polizia. Gli agenti mi chiedono se è tutto a posto e io riferisco che era tutto ok”.

La corsa in ospedale


“La mattina del 28 dicembre non riuscivo a muovermi. Una mia vicina mi porta in ospedale. Ero debole ma dopo un po’ mi dimettono. Decido di presentarmi il giorno dopo in tribunale di Chieti dove lui lavora”.
Ma Monica non viene ricevuta. La donna voleva un consiglio e sapere come muoversi. Alla fine il ginecologo gli prescrive la cura.

“Sono stata completamente abbandonata. Un dramma che ho dovuto affrontare da sola. Mi è stato intimato di non farmi più sentire. E io sono qui sola”.

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