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Marco morì a 15 anni investito da un camion: dopo 19 anni nessuna giustizia

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Esattamente 19 anni fa Marco perse la vita mentre andava in bici. Marco aveva 15 anni e fu investito da un camion a rimorchio.

All’epoca 15enne, Marco quel 5 agosto del 2000 ebbe la sfortuna di imboccare la provinciale Lungofino in contrada San Martino a Città Sant’Angelo. Il ragazzo, uscendo con la sua bicicletta e immettendosi dalla rampa di accesso alla strada, fu investito dall’automezzo. Si scoprì, dopo la sua morte, che al ucciderlo contribuirono anche quei 15 centimentri di dislivello tra la carreggiata e la banchina.

Da quel momento per la famiglia di Marco sono stati anni bui, non solo per il dolore della perdita del figlio ma anche per una guerra che continua a combattere contro le istituzioni per ottenere giustizia. Si sono svolti due processi di merito, uno di legittimità e una causa civile. La conclusione della vicenda processuale è ancora lontana.

“Oggi 5 agosto 2019, in virtù della sentenza esecutiva n. 1945/2018 pubblicata il 31/12/2018, sono state inviate per la seconda volta, al comune di Città Sant’Angelo e Provincia di Pescara, le notifiche di precetto, al culmine di una accanita, pretestuosa e persecutoria resistenza infarcita di tesi bizzarre e falsità che non hanno scalfito l’impressione di condanna dei giudici di merito, ma la resistenza temeraria ha ottenuto comunque il fine di dilatare ulteriormente i tempi” ci spiega il padre di Marco, Paolo D’Onofrio. “Mai come in questo caso la giustizia ritardata è diventata una giustizia negata: ‘ti faremo aspettare 20 anni’ tuonò un tale innominabile! E tanto è avvenuto, con buona pace di quella giustizia bendata e ostaggio della burocrazia di due enti pubblici (rappresentanti lo Stato) che affidano la lite ai fiduciari di Assitalia/Generali (società private con scopo di lucro) in virtù di polizze fantasma mai depositate nei fascicoli processuali nonostante l’ente Provincia abbia dichiarato di ignorarne l’esistenza”. 

L’autista del mezzo pesante fu assolto. Tre anni dopo, però, la Procura aprì un nuovo fascicolo dopo la denuncia ai carabinieri del padre del piccolo, che svolse le indagini da solo. Dieci anni di processi fino alla Cassazione penale per venire a sapere che i colpevoli erano due enti pubblici: Provincia e Comune di Città Sant’Angelo. Inammissibile fu dichiarato dai giudici il ricorso del Comune che, tra l’altro, rigettarono quello della Provincia condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e a rifondere le parti civili.

Perde il figlio 15enne e attende giustizia da vent’anni: due gli enti pubblici coinvolti

Nonostante la sentenza della Cassazione i familiari del ragazzo non furono risarciti. Secondo la perizia disposta dal gip dell’epoca la strada avrebbe presentato due insidie: l’assenza della corsia di accelerazione e il dislivello di 15 centimetri carreggiata-banchina.

A quel punto il padre del giovane intentò un nuovo procedimento, questa volta in sede civile, per richiedere il risarcimento danni ai due enti per un milione di euro. Per il Comune di Città Sant’Angelo, però, la responsabilità sarebbe stata del ragazzo perché avrebbe guidato con una sola mano mentre nell’altra avrebbe impugnato una lattina di Coca-Cola. In questa condizione avrebbe azionato solo la leva del freno anteriore perdendo il controllo del mezzo. Secondo il legale della Provincia addirittura non sarebbero dovute nemmeno le spese funerarie e il danno non sarebbe più risarcibile a causa del repentino decesso del ragazzo.

Le polizze

Il punto è che il contratto tra enti e assicurazioni in grado di risarcire il danno non sarebbe mai stato depositato agli atti: “io l’ho chiesto più volte con l’accesso agli atti senza mai riuscire ad averlo” ha spiegato D’Onofrio.

In risposta alla richiesta fatta dalla famiglia alla Provincia di Pescara, il 4 giugno del 2015 il dirigente di Settore scrisse: “da una ricerca effettuata presso l’archivio di Settore, non risulta, depositata, in atti alcuna polizza RCT relativa all’anno 2000”.  

Oggi, a 19 anni da quei fatti, la famiglia D’Onofrio attende ancora giustizia.

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