Armi in Colombia, la trattativa da 5 mld. D'Alema rassicurava: "Siamo pronti"
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Massimo D’Alema al centro di una compravendita tra aziende italiane e il governo colombiano per mezzi da guerra. Nello specifico due sommergibili prodotti da Fincantieri e alcuni aerei di Leonardo.

Una contrattazione portata avanti, nel ruolo di mediatore, dall’ex presidente del consiglio, Massimo D’Alema, per conto di uno studio legale di Miami. Affare saltato soltanto all’ultimo momento. Sul piatto, per l’intermediazione, 80 milioni di euro. Diceva D’Alema:

“Noi stiamo lavorando perché siamo stupidi? No. Perché siamo convinti che riceveremo 80 milioni. Questo è l’obiettivo”

Della chiacchierata c’è un audio, che riportiamo, di quando D’Alema incontra gli emissari del governo colombiano.

La trattativa era cominciata circa sei mesi fa e ha avuto un’accelerazione tra gennaio e febbraio. D’Alema aveva questo ruolo di mediatore. Ma non era il solo. A rappresentarlo c’era un avvocato, Umberto Bonavita, di uno studio di Miami. E Giancarlo Mazzotta, ex sindaco di un piccolo comune della provincia di Lecce, Carmiano, dal passato chiacchierato (è indagato in una serie di inchieste) e padre di un consigliere regionale di Forza Italia.

D’Alema — stando al racconto che fanno gli emissari del governo colombiano — si presentava come “interlocutore privilegiato”, anche se sia Fincantieri sia Leonardo hanno fatto sapere di non aver dato alcun incarico di brokeraggio. A quanto risulta a Repubblica, però, nelle scorse settimane si era andati molto vicini a una firma in questo senso, ma non con D’Alema direttamente ma con lo studio legale per il quale l’ex premier lavora come consulente. “Bisogna concludere l’affare entro un paio di mesi” avrebbe detto D’Alema ai suoi interlocutori, anche perché il cambio dei vertici delle due aziende di Stato avrebbe potuto rallentare l’iter. Per questo chiedeva agli interlocutori, in una riunione agli inizi di febbraio, registrata, di non perdersi in piccole richieste.

“Noi stiamo lavorando perché siamo stupidi?” chiede D’Alema nel corso della riunione “No — aggiunge — Perché siamo convinti che riceveremo tutti noi 80 milioni di euro. Questa è la posta in gioco. Non appena avremo questi contratti divideremo tutto. Creare difficoltà prima di raggiungere il contratto tra le società italiane e il governo colombiano mi sembra stupido. Diciamo. Quello è il premio importante. Non il rimborso spese”.

Il contratto non è stato mai siglato.

E probabilmente non lo sarà mai più, a maggior ragione dopo la pubblicazione dell’audio. “Io — dice D’Alema a Repubblica — ho cercato di dare una mano a imprese italiane per prendere una commessa importante. Ero stato contattato da personalità colombiane che si erano dette disposte a sostenere questa ipotesi. Evidentemente a qualcuno dava fastidio ed è intervenuto per impedirlo”. D’Alema non ha compiti politici o istituzionali dal 2013. E lavora da tempo come consulente, con società internazionali. “Sia il governo sia l’ambasciata colombiana erano stati chiaramente avvertiti di tutto. Trovo incredibile — conclude — come sia facile reclutare in Italia qualcuno disponibile a danneggiare il nostro paese”.

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