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Vi ricordate le associazioni e i politici in ‘catene’ che un giorno sì e l’altro pure si davano legnate sulla faccia per denunciare l’odiata tassa? Poi è arrivato Renzi con la minaccia di voler chiudere le sedi regionali ma le lobby gli hanno detto di darsi una calmata. Ora ci riprovano i Liberali che appaiono determinati ad andare avanti.

Nel bel Paese (che fu) appena qualcuno si mette in testa di dare una riorganizzata ai veri gangli del potere rischia di rimanerci secco. La Rai? Non si tocca. Le Province? Manco a dirlo. La magistratura? Solo a pensarlo si rischia un avviso di garanzia. Eppure, nonostante tutto, una speranza per riformare questo Stato con la coscienza addormentata forse c’è.

Il sottosegretariato alle Comunicazioni del Ministero dello Sviluppo, ad esempio, ha anche tagliato i compensi dei collaboratori Rai in una percentuale che si aggira tra il 5 e il 10 per cento. Non è molto ma se si considera che sono migliaia i conduttori, autori, programmisti con Partita Iva, la somma risulta abbastanza consistente. E la sforbiciata si è abbattuta anche sui Vip del calibro di Massimo Giletti, Antonella Clerici e Tiberio Timperi. Una vera e propria rivoluzione comunista (altro che Renzi amico della destra). 

Antonello Giacomelli, sottosegretario del ministro per lo sviluppo economico, conferma di avere a cuore la questione Rai:”Ci stiamo lavorando, sappiamo che il canone è la tassa che gli italiani odiano di più. Ci stiamo ispirando ai modelli in uso negli altri paesi europei”. La Rai come la Bbc? Sarebbe troppo per l’italiano medio che si nutre di ‘Defilippiche’ e di ‘Palombelli’.

C’è però chi come Roberto Fico, presidente della Commissione di vigilanza Rai, sta facendo il diavolo a quattro per non far passare la riforma del canone proposta dall’Agcom, perché agevolerebbe Mediaset, penalizzando le entrate dello Stato. E a farne le spese sarebbero solo le piccole emittenti.

Certo è che qualcosa va fatta e forse Fico dovrebbe dare qualche indizio in più altrimenti si rischia che a pagare siano sempre i cittadini. E come la mettiamo con un’azienda che, nel migliore dei casi, ha sempre assunto parenti e amici come documentato nel nostro articolo?

“Il canone Rai va abolito” sottolineano le Forze liberali per giungere “ad un sistema televisivo aperto alla concorrenza e agli investimenti privati. Dunque “solo con la rimozione di qualunque controllo politico diretto e indiretto dalla tv di Stato, all’interno di un’economia di mercato che sia veramente libera e concorrenziale, i cittadini italiani avranno finalmente la possibilità di godere del pieno diritto di ‘cambiare canale'” ribadiscono Radicali e Liberali d’Italia. 

E giovedì scorso si sono organizzati in un presidio silenzioso sotto la pioggia, davanti alle sedi regionali della Rai di Milano, Roma e Pescara. Uniniziativa di grande impatto che “vuole ricondurre il grande carrozzone della Rai nell’alveo di una sana concorrenza, senza far gravare i propri spropositati e ingiustificati costi sulle tasche dei già tartassati cittadini italiani”. Una contestazione, dicono sempre i Liberali, che “muove dalle anomalie di cui gode la Rai, società per azioni controllata al 99,56% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e allo 0,44% dalla Siae. La Rai è un soggetto giuridico privato, ma economicamente pubblico, che si avvale di una concessione in esclusiva dello Stato per il servizio pubblico radiotelevisivo in Italia e allo stesso tempo beneficia del privilegio di una riscossione annuale del canone dai cittadini.

La tassa è dovuta da chiunque disponga di apparecchi in grado di ricevere trasmissioni televisive, indipendentemente dall’interesse o meno a vedere i canali di Stato e indipendentemente dall’essere d’accordo o meno con i profumati onorari pagati a conduttori e ospiti di eventi non sempre ritenuti soddisfacenti. La norma che impone questo pagamento è addirittura il Regio Decreto n. 246 del lontano 1938, redatto in un’epoca in cui l’Italia era tutto tranne che liberale e quando non si aveva la fortuna di poter “cambiare canale”. A questo quadro si aggiunge la storica lottizzazione di cui la Rai è sempre stata accusata. Il controllo politico, in particolare di alcuni partiti, è sempre stato preponderante ed evidente, minando l’indipendenza e il pluralismo alla base di qualunque servizio pubblico.”

 

Antonio Del Furbo 

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