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Piazza gremita a Giulianova (Te) per assistere al concerto della banda della polizia di stato. Ma il pubblico ha assistito a un fuoriprogramma.

Alcuni giovani hanno esposto uno striscione per ricordare la vicenda di Stefano Cucchi, il caso tra i più gravi nella storia della cronaca nera italiana.

Nel 2009, allora trentenne, Cucchi morì durante la custodia cautelare. La verità da allora non ancora emerge nonostante la famiglia di Stefano stia cercando, da anni, la verità in tutte le sedi. Un muro di gomma avvolge la morte di Stefano, tant’è che da ormai 7 anni la giustizia ha detto tutto e il contrario di tutto.

Il ragazzo venne trovato in possesso di sostanze stupefacenti e, per questo, venne decisa la carcerazione e il processo per direttissima. Stefano pesava 43 kg ed e presentava solo uno stato di malnutrizione. Il giorno aveva difficoltà nel camminare e nel parlare mostrando, tra l’altro, evidenti ematomi agli occhi. Nonostante ciò, il giudice stabilì dovesse rimanere in carcere. Le sue condizioni peggiorarono ulteriormente. Venne portato presso l’ospedale Fatebenefratelli e a referto furono evidenziate lesioni ed ecchimosi alle gambe, al viso (inclusa una frattura della mascella), all’addome (inclusa un’emorragia alla vescica) e al torace (incluse due fratture alla colonna vertebrale). Viene quindi richiesto il suo ricovero che però non avviene.

Venne riportato in carcere e di lì a poco all’ospedale Sandro Pertini dove morì il 22 ottobre del 2009. Cucchi pesava solamente 37 chilogrammi

Nel corso delle indagini sulle cause della morte, un testimone dichiarò che Stefano Cucchi gli aveva detto d’essere stato picchiato. La detenuta Annamaria Costanzo affermò che il giovane le aveva detto di essere stato picchiato, mentre Silvana Cappuccio vide personalmente gli agenti di polizia penitenziaria picchiare Cucchi con violenza.

“La contestazione c’è stata dopo 10 minuti dall’inizio del concerto” ci racconta una testimone. “Alcuni ragazzi hanno urlato ‘assassini, assassiniiiii’ con uno striscione con su scritto  ‘assassini’. Dopodiché sono stati fermati dai carabinieri e portati in caserma per l’identificazione”.

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