Da faccetta nera a mazzetta nera: il piano corruttivo del Mose e di Marghera tra Carminati e destra romana
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Fino a ieri era soprannominato Re di Roma. Ma oggi si scopre che è anche il principe nero di Venezia. In grado di terrorizzare i ricchi e potenti padroni del Mose. Lui ha un nome pesante: Massimo Carminati.

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Carminati è un professionista dei reati che dal 1980 in poi è al centro delle più torbide trame romane. Terrorista nero dei Nar, prima, complice e armiere della Banda della Magliana, poi. Nel curriculum vanta la più spettacolare operazione messa assegno nel 1999 al caveau del palazzo di giustizia della capitale. L’ex neofascista dal 2010 è diventato il capo di un’organizzazione criminale tutta sua. Si è messo in proprio. Un re della mala romana, insomma, ma senza quello speciale potere di intimidazione violenta che caratterizza le cosche mafiose, secondo quanto ha stabilito la Corte Suprema.

Il Mose costato più di cinque miliardi.

Soldi pubblici versati a un consorzio di aziende private, senza alcuna gara d’appalto. In cambio, le imprese privilegiate hanno distribuito tangenti per decine di milioni a politici e funzionari di ogni livello, arrestati e condannati a partire dal 2013. La procura di Venezia ha svelato il bis: la bonifica di Porto Marghera. Gestita con lo stesso sistema criminogeno: i risarcimenti versati nel 2001 dalla Montedison allo Stato, per disinquinare l’area avvelenata dal polo petrolchimico, sono stati assegnati, senza gara, alle stesse imprese del Mose. In cambio di altre mazzette milionarie. 

Il sistema Marghera fu ideato da Altero Matteoli, più volte ministro nei governi di Berlusconi. Il patto corruttivo, come ricostruisce L’Espresso, passa da un’azienda nera. In cambio dei soldi pubblici il ministro impone alle imprese venete di inserire nel maxi-affare un suo camerata imprenditore: Erasmo Cinque, titolare della Socostramo. Un costruttore che ha sempre fatto politica con Matteoli, dal Movimento sociale ad Alleanza nazionale. Con i soldi di Venezia, dal 2004 al 2012, l’imprenditore nero gestisce la fondazione del politico e diventa il suo tesoriere occulto. 

Tutti temono Cinque ma nessuno alza la voce. Dietro della Socostramo c’è un potere criminale.

Pio Savioli, dirigente delle cooperative rosse, racconta ai magistrati che “Marghera è la storia più opaca che abbiamo vissuto a Venezia. Nel consorzio eravamo tutti preoccupati per questo personaggio della Socostramo. Mazzacurati ci disse di non parlarne, altrimenti si finiva al cimitero”. Savioli mette a verbale di avere paura e non dice di più. Il manager Baita conferma l’allarme anche di altri imprenditori del Mose come Mazzi e Boscolo: “State attenti, perché Cinque è pericoloso, ha contatti con ambienti romani poco raccomandabili”. Baita è il primo che ha il coraggio di nominare chi protegge il costruttore romano: “Savioli mi disse che Mazzacurati gli aveva fatto il nome di Carminati”.

Il 23 febbraio 2017 Erasmo Cinque viene interrogato in tribunale dal pm Stefano Ancilotto: “Conosce Massimo Carminati?”. Il costruttore ha uno scatto d’ira: “Non capisco cosa interessa a lei”. Il pm insiste: “Lo chiedo perché alcune persone in questo processo hanno dichiarato di avere paura di lei”. Cinque sa che l’indagine di Roma ha già documentato i suoi rapporti con l’ex terrorista nero. E risponde così: “Carminati è una persona molto nota a Roma, non occorreva il processo capitale per dirlo. Io l’ho conosciuto nel 1994, quando ero presidente dei costruttori romani. Al ristorante, mi si avvicina questo signore con una benda sull’occhio, mi chiede se sono il presidente e mi dice: guardi, c’è una onlus che si occupa di bambini con problemi psicologici, avrei piacere se lei desse una voce agli altri imprenditori se danno un contributo”.

Il costruttore regala “250 milioni di lire” all’associazione raccomandata da Carminati, giurando di averne versati altrettanti “al capo della polizia per gli orfani delle vittime del terrorismo”. Il costruttore romano, alla fine, conferma di aver frequentato Carminati per anni, anche nella sede della Socostramo, dove nel 2013 ha ospitato un incontro con l’imprenditore Alfio Marchini, allora candidato a Roma, e “un consigliere del Pdl”, che Cinque evita di nominare: è Luca Gramazio, poi condannato per corruzione nella capitale.

L’affare d’oro di Marghera

Nel decennio della bonifica-scandalo la Socostramo incassa oltre 49 milioni di profitti netti, contribuendo ai costi del consorzio per soli 500 mila euro. Tra il 2011 e il 2012, con la caduta dell’ultimo governo Berlusconi, Cinque vende alla Mantovani le sue quote nel consorzio: le aveva comprate al valore nominale di 181 mila euro, ma incassa oltre 19 milioni.  

L’ex ministro e il suo costruttore, a Venezia, sono stati condannati a quattro anni per corruzione continuata: morto Matteoli, ora Cinque attende il verdetto finale della Cassazione. Da Venezia, le carte sono state trasmesse anche a Roma.

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