Dalla strage di Capaci a mafia appalti: parla un fedelissimo di Bernardo Provenzano
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Bernardo Provenzano è stato boss di Cosa Nostra. A lungo considerato uno dei capi più potenti e influenti dell’organizzazione criminale.

Il fedelissimo di Bernardo Provenzano intervistato da Zone d’Ombra tv in una località protetta

Dalla strage di Capaci a mafia appalti: parla un fedelissimo di Bernardo Provenzano. Nato a Corleone, in Sicilia, nel 1933, Provenzano è entrato nel mondo della criminalità fin da giovane, divenendo un membro attivo di Cosa Nostra. È stato coinvolto in una vasta gamma di attività criminali, inclusi omicidi, estorsioni, traffico di droga e infiltrazioni nel settore degli appalti pubblici. La sua astuzia e la sua abilità nel mantenere un profilo basso gli hanno permesso di evitare l’arresto per molti anni, guadagnandosi il soprannome di “Il Ragioniere” per il suo approccio calcolatore e metodico alla gestione della criminalità.

La sua leadership all’interno di Cosa Nostra è diventata particolarmente evidente dopo l’arresto di Totò Riina nel 1993. Provenzano è stato considerato il successore di Riina e ha assunto il ruolo di “capo dei capi” della mafia siciliana.

Dopo oltre 40 anni di latitanza, Bernardo Provenzano è stato catturato nel 2006, in una fattoria vicino a Corleone, dove si nascondeva sotto falsa identità. È stato condannato per numerosi crimini, inclusi omicidi, e ha trascorso il resto della sua vita in carcere. Provenzano è morto in carcere nel luglio 2016, all’età di 83 anni. La sua cattura è stata considerata un importante successo nella lotta contro la mafia in Italia.

Strage di Capaci

La strage di Capaci è uno degli eventi più tristi e significativi nella storia recente italiana. Si è verificata il 23 maggio 1992, quando una bomba piazzata sulla strada statale 113, vicino a Capaci, ha ucciso il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta. Falcone era un magistrato antimafia di alto profilo che aveva condotto numerose indagini contro la mafia siciliana, in particolare la cosiddetta “Cosa Nostra”.

La sua morte ha scosso profondamente l’Italia e ha evidenziato la ferocia e la determinazione della mafia nel silenziare coloro che cercavano di combatterla. La strage di Capaci è stata seguita da una serie di attentati terroristici, compreso quello di Via D’Amelio a Palermo, che ha ucciso il collega di Falcone, Paolo Borsellino, e alcuni dei suoi uomini di scorta il 19 luglio dello stesso anno. Questi eventi hanno suscitato un’indignazione nazionale e hanno portato a un rafforzamento delle misure contro la mafia in Italia.

Il fedelissimo di Bernardo Provenzano intervistato da Zone d’Ombra tv in una località protetta

Nell’intervista in esclusiva per Zone d’Ombra Tv, il fedelissimo di Bernardo Provenzano ci racconta quegli anni attraverso il suo sguardo dall’interno dell’organizzazione criminale. Tra le questioni si evidenzia il rapporto Stato-mafia e la vicenda Mafia-appalti. Poi si passa a quel 23 maggio del 1993 quando Giovanni Falcone con la moglie e la scorta viene ucciso.

“A casa erano riuniti Bernardo Provenzano, Pietro Aglieri, Carlo Greco”

Mafia-appalti

Il termine “mafia appalti” si riferisce alla pratica criminale della mafia di infiltrarsi e controllare il settore degli appalti pubblici. Fenomeno particolarmente diffuso in Italia, dove la mafia ha utilizzato la sua influenza per ottenere contratti pubblici, costruzioni e appalti per progetti di vario genere.

In sostanza, la mafia cerca di guadagnare potere e denaro attraverso la manipolazione di appalti pubblici, spesso utilizzando minacce, estorsioni e corruzione per ottenere contratti a proprio vantaggio o per favorire imprese compiacenti o colluse.

Questo fenomeno ha avuto un impatto significativo sull’economia italiana, causando danni finanziari considerevoli, oltre a favorire un clima di illegalità e corruzione. Le autorità italiane hanno condotto varie operazioni per contrastare questa pratica, aumentando i controlli e punendo coloro che sono coinvolti in attività illegali legate agli appalti pubblici.

Trattativa Stato-mafia

La “trattativa Stato-Mafia” è un termine che si riferisce a una serie di presunti accordi segreti tra membri dello Stato italiano e esponenti di Cosa Nostra, la principale organizzazione criminale siciliana. Si ritiene che questi accordi siano avvenuti negli anni ’90, durante un periodo di intensa lotta contro la mafia da parte dello Stato italiano.

Le indagini hanno suggerito che alcuni funzionari governativi avrebbero cercato di negoziare con la mafia per raggiungere una sorta di “pax mafiosa”, in cui la mafia avrebbe interrotto gli attentati contro funzionari pubblici e politici in cambio di una minore repressione da parte dello Stato.

Uno degli eventi più significativi associati a questa trattativa è l’omicidio del giudice Giovanni Falcone nel 1992, che ha portato alla luce il coinvolgimento di politici, funzionari e membri della mafia in presunti accordi segreti.

Le indagini sulla trattativa Stato-Mafia hanno generato molta attenzione e dibattito in Italia, portando alla luce il grado di infiltrazione della mafia nelle istituzioni e sollevando domande sulla capacità dello Stato di combattere efficacemente il crimine organizzato. Le inchieste ufficiali e i processi giudiziari hanno sempre portato a conclusioni definitive assolvendo gli imputati.

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