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Tante chiacchiere sono state fatte sulla ‘temibilissima’ struttura segreta dell’azienda. Oggi le cose appaiono quanto mai chiare anche se qualcuno solleva forti dubbi nel rapporto tra la Casaleggio e la democrazia.

I meccanismi di guadagno dell’azienda sono molto semplici: tutte le comunicazioni degli eletti del Movimento 5 stelle devono essere divulgate attraverso il blog di Grillo. 

Sarà pure una “Rai fascista” come spesso racconta Grillo ma, intanto, la Casaleggio sui video della Rai, La7 e Mediaset, ci guadagna. E molto. I vari Di Battista, Di Maio e Fico, con centinaia di migliaia di iscritti sui social, in qualsiasi programma televisivo intervengono devono essere postati sul sito di Casaleggio. Non su youtube, quindi, ma su un altro servizio di cloud storage svincoato da accordi di copyright. Quindi la Casaleggio paga una quota e riceve in cambio introiti pubblicitari da spot che partono prima del video, e dai banner. Secondo La Stampa per ogni video caricato e visto “la Casaleggio incassa in percentuale una quota stimabile fino ai mille euro e oltre per ogni video visualizzato almeno centomila volte (dati variabili)”.

Per questo meccanismo, moltissimi parlamentari M5S si infuriarono ma senza portare nulla a casa.

I nomi che hanno organizzato questa macchina sono: Pietro Dettori, che gestisce anche gli account twitter di Grillo ed è figlio di un imprenditore sardo legato in precedenza a Casaleggio. Poi c’è Biagio Simonetta, giornalista ed esperto di new media. Marcello Accanto, un social media manager. E, infine, Cristina Belotti, che si occupa della tv La Cosa, che ha studiato da Paolo Del Debbio e arrivata alla Casaleggio per mezzo dei fratelli Pittarello.

Il lavoro è quello di incrociare dati e numeri con i video pubblicati. Un’operazione da qualcuno definito berlusconismo 2.0.

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