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Sono già 21 i ricorsi presentati contro la Provincia di Chieti per chiedere l’annullamento di verbali fatti con lo Scout Speed. Il dispositivo è installato sulle auto della polizia provinciale e con cui l’ente (che non dovrebbe esistere più da tempo almeno sulla carta) aveva pensato di fare un bel bottino. Ma, a quanto pare, le cose stanno andando nella direzione sbagliata.

di Antonio Del Furbo


La Provincia, infatti, dovrà comparire davanti ai giudici e al prefetto per giustificare l’uso dell’autovelox invisibile. Lo Scout Speed è un dispositivo capace di sanzionare “in movimento” sia gli automobilisti circolano davanti all’auto dell’ente sia quelli che procedono accanto, dietro e persino chi viaggia nella direzione opposta. Il gruzzoletto intascato dalla Provincia in 60 giorni è quella riferita a ben 1.600.

Tutto è andato per il meglio per il presidente della Provincia e sindaco di Lanciano, Mario Pupillo, fino a quando tra i multati sono capitati due avvocati: Antonello D’Aloisio, assistito dal collega Cristiano Sicari, e Cristina Di Renzo. D’Aloisio è stato multato sulla transcollinare Chieti-Dragonara mentre Di Renzo sulla strada Val di Foro-Francavilla.

“Il verbale di contestazione è inficiato da  nullità assoluta ed insanabile” si legge nel ricorso “in ragione dell’evidente violazione, da parte della polizia provinciale, dell’articolo del codice della strada che dispone l’obbligo della contestazione immediata della sanzione, e comunque dell’assoluta mancata motivazione necessariamente imposta nel caso di contestazione differita”. Poi, prosegue l’avvocato Sicari “Ulteriore elemento di illegittimità attiene all’assoluta arbitrarietà della rilevazione: non sfuggirà, infatti, che l’unico soggetto che ha provveduto al rilevamento (e quindi alle impostazioni dell’apparecchio del limite vigente sul tratto stradale, che vengono effettuate prima del rilevamento), chi ha provveduto alla compilazione del verbale, chi è responsabile dell’immissione dati e del procedimento informatico, nonché responsabile del procedimento amministrativo e infine della sua notifica, è sempre e soltanto l’ispettore Angelo Pasquantonio, il quale in buona sostanza provvede in autonomia, e senza la supervisione di alcuno, a tutte le sopra indicate operazioni, che inevitabilmente possono comportare arbitri o eccessi o quanto meno errori che nessun altro soggetto potrebbe rilevare o evidenziare”.

Inoltre, dal metodo utilizzato dalla provinciale, emerge un altro aspetto inquietante:“È stato utilizzato un mezzo repressivo con modalità subdole a discapito del cittadino” precisa ancora l’avvocato nel ricorso. “Qual è la motivazione che ha spinto un ente ormai in dismissione a predisporsi di un’apparecchiatura così costosa, affittandola da un privato, per finalità meramente repressive dei cittadini?”.

Ancora. Altro motivo della contestazione riguarda “la legittimità dell’utilizzo delle apparecchiature di rilevazione della velocità sul tratto di strada in discorso.” Non si conosce, infatti, “la legittimità dell’uso di apparecchi rilevatori da parte della Polizia provinciale, trattandosi di tratto stradale ove insiste anche la competenza statale dell’Anas” e in cui “in ogni caso le apparecchiature devono essere pre-segnalate”. “Cio’ in quanto, trattandosi di asserito tratto di proprietà provinciale, l’accertamento non deve e non può risolversi in un mezzo repressivo ma deve essere portato a conoscenza della utenza, così come correttamente effettua la Polizia stradale”. Nel verbale, tra l’altro, “non vi è alcuna indicazione del punto di rilevamento della presunta violazione, non consentendo pertanto una corretta ed adeguata difesa sul punto.” Dunque, non si sa dove è avvenuta la contestazione.

La Polizia provinciale evidentemente ignora che su quel tratto, su disposizione del prefetto, le apparecchiature per l’accertamento devono essere ben visibili e con contestazione immediata. E, come se non bastasse, sul verbale non è indicata nemmeno la velocità.

Come mai la Polizia provinciale eleva multe visto che non ha mai avuto competenze?

Uno Scout speed da 45mila euro che paghiamo noi…

Quale  motivo ha spinto l’amministrazione provinciale a dotarsi di un’apparecchiatura simile spendendo 45mila euro di soldi pubblici? Come mai la Provincia spende soldi per controllare un tratto stradale già di competenza della Polizia stradale? In sostanza la Provincia di Chieti paga 45mila euro a una società privata che che ne avrebbe concesso l’utilizzo, previo pagamento di un canone, per far fare alla Polizia provinciale le stesse cose che fa la Polizia stradale.

L’avvocato Cristina Di Renzo ha invece presentato ricorso davanti al prefetto: “Il verbale indica espressamente che l’accertamento è stato eseguito ‘senza la necessità di segnalazione di rilevamento’, ammendo che gli agenti non hanno adottato alcun cartello o dispositivo di segnalazione luminosa. È di tutta evidenza che l’infrazione contestata è illegittima, perché non preceduta dalla segnalazione del controllo in atto”.

Ora il sindaco-presidente della Provincia, Mario Pupillo, dovrà sborsare, molto probabilmente, anche soldi (nostri) per far fronte alle centinaia di ricorsi che arriveranno.

Un ente, la Provincia che, lo ricordo, in pratica non dovrebbe esistere più ma che, a quanto pare, resta in piedi per distribuire posti e fare cassa sulle spalle dei cittadini.

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Di admin

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