I cento giudici che possono tutto
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Il vero potere d’Italia che non risponde a niente e nessuno è quello giudiziario. Lo abbiamo scritto più volte. Una Casta attorcigliata col mondo della politica e degli affari con clamorosi conflitti di interesse.

Il sistema della giustizia amministrativa, poche centinaia di magistrati che – dai Tar regionali fino al Consiglio di Stato – dettano legge fuori da ogni controllo. Un quadro desolante che – come riporta Luca Fazzo – ne traccia Sergio Rizzo in Potere assoluto, il saggio in uscita in questi giorni per Solferino. E che dal marcio nella giustizia penale, dal degrado nelle correnti e nelle Procure raccontato dal caso Palamara, sposta l’attenzione verso un mondo di cui invece si è sempre parlato poco.

“Da una parte i giudici amministrativi si muovono al di fuori di ogni controllo, rendendo conto solo a se stessi; dall’altra sono però legati da un cordone ombelicale al mondo della politica” spiega Rizzo al Giornale. A fare di questi magistrati poco noti dei personaggi decisivi c’è anche il fatto che sono spesso loro a costituire l’ossatura del potere esecutivo.

“Forse non tutti lo sanno – dice ancora Rizzo – ma in buona parte dei posti chiave dei ministeri e del governo ci sono giudici amministrativi: persino l’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, una delle figure chiave dell’esecutivo, è un giudice del Consiglio di Stato. Sono dentro gli uffici legislativi dei ministeri, scrivono le norme che loro stessi poi sono chiamati ad applicare. Le loro carriere incrociano quelle della politica e ovviamente ne vengono condizionate. La cosa incredibile è che mentre lavorano nei ministeri continuano a maturare anzianità come magistrati e ad avere avanzamenti di carriera”.

Tra i privilegi dei magistrati amministrativi c’è la possibilità di svolgere incarichi stragiudiziari: possono insegnare nelle scuole, possono fare arbitrati.

Grottesco anche il funzionamento della giustizia sportiva, anch’essa affidata in buona parte a giudici amministrativi. Incarichi quasi sempre non retribuiti. Ma nei tribunali del Coni e delle federazioni i giudici siedono insieme agli avvocati, si crea una contiguità, una colleganza tra figure che il giorno dopo, in una udienza davanti al Tar o al Consiglio di Stato, dovrebbero essere ben distanti. “Si tenga presente – chiosa Rizzo – che il mondo della giustizia amministrativa è un microcosmo dove tutti conoscono tutti e tenere i ruoli separati sarebbe decisivo. Quanti sanno che il presidente del comitato di sorveglianza di Alitalia è anche segretario del Consiglio di Stato?”.

Consigliere di Stato era il giudice Francesco Bellomo, diventato famoso per come gestiva le scuole per aspiranti magistrati. “Ma non è un caso isolato, a Bari mogli di giudici amministrativi hanno partecipazioni in case editrici che stampano i libri… Avere frequentato i corsi di un giudice importante è un titolo che i regoli non prevedono ma che pesa comunque”.

Il libro punta il dito contro il funzionamento del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, il Csm dei giudici amministrativi, che sembra condividere – nella sostanza se non nella forma – le storture del Csm ordinario. E ad accomunare le due categorie di giudici è anche il sistema delle “porte girevoli”, con giudici che vanno in politica, poi rimettono la toga e danno torto alla parte avversa. Rizzo racconta il caso di Goffredo Zaccardi, che dopo aver lavorato per i governi Prodi e D’Alema tornò in servizio e annullò le elezioni in Molise vinte dal centrodestra. Caso non dissimile, ricorda, da quello del giudice Giancarlo Sinisi che dopo tre legislature in Parlamento per la sinistra tornò in magistratura.

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