Il M5S espelle 21 deputati e 15 senatori per non aver votato il governo con Berlusconi, Salvini, Renzi e Zingaretti
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In totale sono 36 i senatori e i deputati cacciati dal reggente per caso del Movimento 5 stelle, Vito Crimi. L’utile idiota ha accompagnato alla porta coloro che non hanno votato la fiducia al governo Draghi preferendo l’alleanza di governo con Lega, Forza Italia, Italia Viva, Leu e Pd. Il M5S espelle.

Ieri a Montecitorio i 21 deputati hanno fatto mancare il proprio voto a sostegno del nuovo governo.

Tra questi anche quelli che si sono astenuti e che non hanno risposto alla chiama. Tra gli espulsi anche la deputata Rosa Menga: “Mi viene contestata la dichiarazione in dissenso, ovvero quei 60 secondi che ho utilizzato per spiegare la mia uscita dall’Aula“, dice la parlamentare pugliese.

“Io mi sento in debito di riconoscenza verso i nostri attivisti ma ho sottolineato che il quesito votato su Rousseau era un’offesa alla loro intelligenza. Sono stati traditi nelle aspettative, non realizzate. Crimi è un reggente non eletto dall’assemblea, non prorogato né prorogabile: non avrebbe potuto indire quella votazione“.

Menga poi aggiunge: “Nei mesi scorsi alcuni colleghi hanno votato contro alcuni provvedimenti, come il decreto sicurezza, e non sono stati neanche oggetto di sanzioni disciplinari. È evidente che in questo momento il desiderio è quello di consegnarci subito in pasto alla gogna mediatica ed eliminare ogni forma di dissenso interno per riprendere il controllo di una macchina lanciata a 200 all’ora senza un pilota al comando“.

Alla Camera i parlamentari che sono andati contro le indicazioni degli iscritti su Rousseau è stato più consistente delle attese.

Secondo Crimi “chi in questi due giorni non ha votato la fiducia ha contribuito – involontariamente o volontariamente, non importa – al tentativo di frantumare il gruppo, quella forza collettiva che ci ha portati fin qui. Ha deciso di mettere davanti a tutto le proprie posizioni, imponendo la propria coscienza individuale su quella collettiva“. Oggi il capo politico ribadisce che “quella espressa dal MoVimento non è una fiducia incondizionata, come non lo era quella che abbiamo accordato ai governi precedenti. Faremo la nostra parte, come sempre, lavorando con spirito critico e propositivo ogni giorno, come abbiamo già fatto”. Per farlo, però, “abbiamo bisogno di un gruppo che sia solido, coeso, consapevole della propria forza e del fatto che solo camminando ancora fianco a fianco i suoi portavoce potranno continuare ad ottenere risultati per la collettività“.

L’ipotesi di una scissione organizzata

Per ciò che riguarda gli espulsi del Senato sono 15. E pesano. Dentro ci sono quelli dell’ex ministra del Sud Barbara Lezzi, del presidente della commissione Antimafia Nicola Morra, oltre che di Rosa Silvana Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio Di Micco, Silvana Giannuzzi, Bianca Laura Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Matteo Mantero, Cataldo Mininno, Vilma Moronese, Fabrizio Ortis. 

Troppi per non far pensare a un’area organizzata che si sta già muovendo. Ieri, si coordinava insieme a un gruppo di deputati che oggi alla Camera è pronto a fare lo stesso.

Il voto che su Rousseau annullava la figura del capo politico e istituiva quella dell’organo collegiale da formare era stato interpretato dai ribelli e dal manager come la cancellazione di tutti gli attuali organismi dirigenti. Quindi, del potere del reggente Vito Crimi, di quello del comitato di garanzia, perfino dei probiviri. In questa vacatio, i senatori speravano che nessuno potesse espellerli e che la scissione potesse continuare a vivere e crescere dentro il Movimento.

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