Magistratura e politica: quando i due poteri si mescolano
Spread the love

Le intercettazioni della Procura della Repubblica di Perugia, riguardo il caso Palamara, ci hanno raccontato di una magistratura non indenne alle interferenze politiche. Stiamo parlando, tra l’altro, non di poca cosa: si tratta di un sostituto procuratore della Repubblica di Roma nonché ex membro del Csm ed ex presidente dell’Anm.

Una conferma del fatto che esiste un mondo parallelo anche nei palazzi della magistratura. Nomine, quelle delle Procure di Roma, Perugia, Torino, Reggio Calabria, Palermo, Brescia, Firenze, che passano tra intrecci di amicizie politiche e personali. Nella mischia c’è di tutto: parlamentari, imprenditori, giornalisti.

Insomma, un mondo potentissimo di cui si preferisce non parlare per timore di possibili ritorsioni.

Un mondo fatto di minacce, ritorsioni, dossier preparati per colpire il nemico. Intrallazzi notturni che hanno portato alla nomina del successore di Giuseppe Pignatone a procuratore della Repubblica di Roma. “… anche perché Roma e Perugia, a seconda di chi va, l’altro deve essere cioè uno di UNICOST e uno di MI…Se è Viola, su Perugia mettiamo chi diciamo noi. Se è Primicerio, su Perugia mettiamo quello di MI” si dicevano al telefono Palamara e l’ex membro del Csm Massimo Forciniti. Insomma, un Csm ridotto ad accordi segreti.

Si tratta di correnti, quelle della magistratura, che si sono impossessate dell’organo di autocontrollo della magistratura.

Esistono nomi fidati nominati da gruppi di potere. E precisamente nelle mani delle correnti collegate alla politica.

Mani pulite

Che la politica abbia da sempre flirtato con la magistratura non è cosa nuova. Riecheggiano, ad esempio, i “Resistere, resistere, resistere” di Francesco Saverio Borelli che, nel 2002, si oppose alla riforma della Giustizia del II governo Berlusconi. Poi c’è la presenza di Gerardo D’Ambrosio dal 2006 al 2013 al Senato in quota Ulivo. E, sempre del pool Mani pulite, ricordiamo Gherardo Colombo membro del cda Rai dal 2012 al 2015 in quota Pd. Come dimenticare, infine, colui che della politica ha fatto la storia per oltre un decennio? Antonio Di Pietro che, dopo aver rifiutato l’offerta di entrare come ministro nel primo governo Berlusconi, nel 1996 dice di sì a Romano Prodi per la guida del dicastero dei Lavori Pubblici. Incarico che lascia dopo appena sei mesi quando viene raggiunto da un avviso di garanzia. Nel 1997 si candida nel Mugello e viene eletto come indipendente di centrosinistra. Quindi fa nascere Italia dei Valori che, per un breve periodo, confluirà nei Democratici di Romano Prodi. Diventa ministro delle Infrastrutture nel II governo Prodi. Arriva, di lì a poco, la candidatura di un altro magistrato: Luigi De Magistris che risulta il più votato dopo Silvio Berlusconi.

Tutti gli altri…

Nasce Rivoluzione Civile, il progetto politico di Antonio Ingroia. Nel 2013 nel Pd entra anche l’ex Procuratore nazionale Antimafia, Pietro Grasso che diventa subito Presidente del Senato. Cinque anni dopo, Grasso si ripresenta come leader di Liberi e Uguali. Su proposta di Renzi nasce l’Anac con a capo il magistrato Raffaele Cantone. Poi Michele Emiliano, Franco Roberti e Anna Finocchiaro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Segnalaci la tua notizia