Marco Mancini e la rete calabrese. Il filo politico che unisce M5S, destra e sovranisti
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Nell’affare Marco Mancini si saldano le zone d’ombra di tutte le formazioni politiche che va dai 5 Stelle a Fratelli d’Italia, dall’ala salviniana della Lega a Giuseppe Conte. Tutti dentro.

In questa storia c’è anche l’ex direttore del Dis Gennaro Vecchione con un filo che porta in Calabria. Terra di mafia e antimafia. Lì c’è un altro nome, che fa tremare la criminalità, quello di Nicola Gratteri, oggi procuratore di Catanzaro, e facilitatore nel tempo di Marco Mancini in alcune sue “interlocuzioni istituzionali”. E in Calabria muovono i loro passi Mancini e il Sismi del suo direttore Nicolò Pollari, nei primi anni del duemila. In quel tempo si ritrovano arsenali, attentati farlocchi, politici al soldo delle ‘ndrine.

Anno 2003

Mancini diventa capo della prima divisione del Sismi incaricata di contrasto al terrorismo nazionale e internazionale. Come riferisce Repubblica, Mancini conta su due uomini: il capocentro di Reggio Corrado D’Antoni, ex finanziere che rimarrà in AISE fino al 2016 per essere poi trasferito ad AISI con un incarico di seconda fila, e Giovanni Zumbo. Commercialista e amministratore di beni confiscati a Reggio e nella struttura particolare dell’allora sottosegretario regionale Alberto Sarra (oggi imputato come uomo di fiducia della ‘ndrangheta). In realtà, da sempre nelle mani del clan De Stefano. Un “riservato” — come scopriranno vent’anni dopo i magistrati di Reggio — Un non affiliato ma a completa disposizione.

Nel 2010 Zumbo viene arrestato perché riferiva a don Peppe Pelle dettagli su imminenti arresti e indagini in corso. E aiutava il boss Giovanni Ficara ad organizzare il ritrovamento di un falso arsenale nel giorno della visita dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (una messinscena). immaginata dal boss per mettere nei guai il cugino rivale), decide di cantarsi i suoi rapporti con il Sismi. “Ho collaborato con i Servizi ma non intendo rivelare nulla in merito”, dice a verbale il 16 giugno del 2011 all’allora Procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone. In un’altra intercettazione Zumbo si confida con Pelle: “Ho fatto parte e faccio parte tutt’ora di un sistema che è molto, molto più vasto di quello che… ma vi dico una cosa in tutta onestà. Sunnu i peggiu porcarusi du mundu!”. In un colloquio in carcere con la moglie, su un biglietto, aggiunge: “Lavoravo per lo Stato, e non posso toccare determinati argomenti, sennò smuovo pure…” . Ai magistrati Zumbo dice: “Ho lavorato per il Sismi dal 2001 in avanti e, oltre a D’Antoni, ho incontrato Mancini che all’epoca scese a Reggio Calabria”.

Marco Mancini e il Sismi dal 2001 in poi sono impegnati in anni complicati.

La prima stagione dei grandi processi antimafia si avvia al termine e i principali imputati se la cavano con una modesta condanna per concorso esterno. La “primavera di Reggio” si è spenta con la morte del sindaco Italo Falcomatà. Nel 2002, la destra conquista il Comune con l’ex presidente del Fronte della Gioventù, Giuseppe Scopelliti. “Uno che tutta l’Archi (feudo storico dei clan) l’ha preso e gli ha detto ‘fai il sindaco'”, dice il pentito Consolato Villani.

“La politica reggina — ricostruisce il Procuratore aggiunto Lombardo — è gestita in quel momento dalla direzione strategica della ‘ndrangheta attraverso Paolo Romeo e Giorgio De Stefano. Sono stati creati a tavolino uomini politici collocati in ruoli apicali al comune di Reggio, in Provincia, alla Regione, in Senato e all’europarlamento. L’obiettivo è trasformare lo Stato in una gigantesca macchina di riciclaggio”.

Nella sede del Comune di Reggio, Palazzo san Giorgio, dietro un water nei bagni dello stabile, a ottobre del 2004 viene ritrovata una strana bomba. Alcuni panetti di tritolo privi di innesco. Che non possono né esplodere, né uccidere. “A cosa serve questa pagliacciata? A trasformare Scopelliti, che è nelle mani dei clan, in sindaco antimafia e a dirgli: ‘Tu finisci il lavoro quando diciamo noi’. E infatti Scopelliti torna a fare “il cane da mandria'” dice Lombardo.

Chi c’è diero?

“Il Sismi di Pollari”, dice il pentito Seby Vecchio nell’aula del processo “Gotha”. “L’interesse era di blindare Peppe Scopelliti affinché prendesse tutto. Bisognava portarlo avanti dal nulla nell’interesse delle consorterie ‘ndranghetistiche di Paolo Romeo e dei De Stefano”. L’allora procuratore della Dna, Alberto Cisterna, racconta in aula: “L’attentato fu anticipato parecchi giorni prima all’allora Procuratore Nazionale antimafia Vigna. Che, preoccupato, convocò me e il collega Macrì”. E aggiunge: “Ad avvisare dell’attentato era stato Marco Mancini del Sismi. Con tre informative” .

Le altre “pagliacciate”

Sempre in quel 2004 viene sequestrato un quintale di tritolo. A novembre, altri 70 chili. In dicembre, viene scoperto un deposito di bazooka e kalashnikov. E dietro ogni ritrovamento è sempre il Sismi. Il 24 giugno del 2005, si replica. Nella piana di Gioia Tauro, saltano fuori un chilo di plastico con detonatore, lanciarazzi, kalashnikov, bombe a mano. Il Sismi indica che l’arsenale è destinato a eliminare Nicola Gratteri, allora pm a Reggio.

Ripensando ad allora, il Procuratore Nicola Gratteri si mostra più sconfortato che irritato. “Con Mancini ho avuto solo rapporti istituzionali e nell’ambito dei rispettivi ruoli” chiarisce Gratteri.

Zumbo, interrogato, dice: “Dal 2001 in poi, feci ritrovare a D’Antoni delle armi. Successivamente, ho fornito altre notizie per il ritrovamento di armi ed esplosivo”. In cambio di cosa lo spiega D’Antoni. Che, chiamato a testimoniare riferisce che Zumbo era un’antenna del Servizio, ma solo dal 2004 alla primavera 2006, ed è stato reclutato “casualmente in un bar” perché “aveva molti contatti”. E poi: “Mancini? Lo ha incontrato solo una volta”. Versione smentita dal maresciallo della Finanza Alessio Adorno, che di Zumbo era amico di famiglia. Gli incontri dell’uomo dei clan con Mancini — dice — sono stati “più di uno a Reggio e più di uno a Roma”.

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