No Tav, arresto Dana Lauriola: in carcere per un megafono
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L’arresto della portavoce No Tav, Dana Lauriola, ha generato non poche proteste specialmente da parte degli attivisti.

Dana Laurola viene prelevata da alcuni agenti della Digos in piena notte dalla sua casa di Bussoleno e portata in carcere alle Vallette di Torino. L’attivista, 38 anni, dovrà scontare una condanna di due anni per i fatti avvenuti nel 2012, quando per una protesta fu bloccato il casello stradale di Avigliana. Condanna che non prevede pene alternative proposte dalla difesa.

“La polizia è arrivata di fronte a casa di Dana, un intero quartiere di Bussoleno è militarizzato, ma si riesce ancora a raggiungere il presidio permanente attraverso le vie adiacenti” hanno raccontato i suoi compagni di lotta.

Siamo tutti NO TAV

“Innanzitutto è necessario ribadire sempre che la condanna in oggetto riguarda un fatto avvenuto 8 anni fa” spiegano i No Tav. “E la condanna è stata di 2 anni per avere parlato al megafono durante una manifestazione al casello autostradale di Avigliana il 3 marzo 2012. Lì sono state fatte passare le macchine senza pagare, con un danno quantificato in circa 800 euro.

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“Per queste motivazioni a lei ed altre 11 notav (tra cui Nicoletta Dosio) non vengono riconosciuti i benefici normalmente ammessi. E quindi si è trasformata in una condanna senza condizionale, cioè da scontare in carcere, nonostante vi fossero tutti i principi per avere una condanna (abnorme per i fatti contestati) con la ‘sospensione’. 18 anni di carcere complessivamente“.

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Spiegano ancora gli attivisti: “Questo avviene molte volte nei processi a carico dei notav, che è bene ricordare, si svolgono in un clima di tensione creato ad arte dai tempi in cui Giancarlo Caselli era il procuratore generale. Palazzo di giustizia blindato con agenti in antisommossa fuori e dentro. Fascicoli personali della digos farciti di segnalazioni e consegnato al pm e al giudice prima di ogni processo. Infine corsie preferenziali per i nostri processi: i risultati sono sempre quelli di ricevere condanne sempre spropositate rispetto ai fatti contestati.

Le motivazioni del giudice che ha arrestato Dana Lauriola

La dott.ssa Bonu h depositato le motivazioni e pare ci siano questioni poco chiare come hanno sollevato i No Tav.

Nella prima parte vengono ricostruiti i fatti, senza citare mai il contesto di quella manifestazione. Luca Abbà era caduto folgorato da un traliccio dell’alta tensione inseguito da un poliziotto ed erano giorni di mobilitazione massiccia. Nella seconda si prosegue con le moltissime segnalazioni che la Digos ha fornito minuziosamente sull’attività politica di Dana. “Tutte violazioni di norme relative agli innumerevoli divieti di circolazione ed accesso che esistono in Val di Susa.

Dopo una lunga lista di “possibili reati” il magistrato, nonostante le affermazioni della difesa che dimostra come siano tutte riconducibili ad azioni di speakeraggio come nel caso specifico, sostiene che siccome “nel corso del tempo non ha mai dato segno di resipiscenza” e addirittura era presente all’arresto di Nicoletta Dosio, ha dato “prova di dispregio per la sentenza emessa”.

Essendo che “lo svolgimento del lavoro non l’ha mai distolta dalla sua militanza politica” al magistrato non interessa che Dana lo possa perdere andando in carcere, come da lei stessa affermato nei colloqui, e quindi la manda serenamente in carcere.

“La sua condotta non ha mai mostrato segni di pentimento”. E “nonostante le svariate assoluzioni pronunciate in secondo grado in altri procedimenti penali in cui è stata coinvolta”.

Vengono chieste quindi un’abiura e un pentimento a Dana e ai Notav. Come si usa fare nei processi per terrorismo o mafia, per poter beneficiare delle pene alternative al carcere, siamo all’assurdo.

La residenza di Dana

“E poi a questo va aggiunta la residenza di Dana, a Bussoleno (che il magistrato scrive si trovi in Alta Valle di Susa, dimostrando di sapere poco persino dei ‘teatri di scontro e violenza’ che cita spesso), luogo indicato dal magistrato come non idoneo perché coincide ‘con il territorio scelto come teatro d’azione del movimento notav e frequentato da “pregiudicati”.

  • Quindi Dana vive in un territorio criminale, pieno di criminali, ed è pericolosa perché non si è mai pentita di essere notav.
  • Ha delle relazioni sociali, un buon lavoro, ma non è sufficiente a scontare la pena ai domiciliari, piuttosto che con altre forme di detenzione alternative al carcere, perché “potrebbe proseguire la propria attività di proselitismo”

“Quindi la dottoressa Bonu -spiegano ancora gli attivisti- si assume la responsabilità di rinchiudere per due anni Dana al carcere delle Vallette in piena emergenza sanitaria, con la possibilità di farle perdere il lavoro, senza avere mai commesso un atto di violenza in quella sua lunga carriera che non manca mai di citare e analizzare attraverso i fascicoli della Digos.

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