Non vogliono andare alle elezioni per salvarsi le pensioni. Ecco perché amano Draghi
Spread the love

Se il presidentissimo Mario Draghi sarebbe ben visto al Colle da tutto l’arco costituzionale, certo è che dovrebbe lasciare la presidenza del Consiglio e, a quel punto, Mattarella dovrebbe rimandare alle urne gli italiani.

L’ipotesi elezioni fa paura – e non poco – alla quasi totalità degli onorevoli. Un po’ perché in tanti non prenderebbero la pensione, un po’ perché in molti, specie tra i 5stelle, tornerebbero a fare quello che facevano prima: ovvero nulla. Predicano tutti calma e gesso.

Enrico Letta, giusto per citare qualcuno nel Pd, non vuole sentire assolutamente parlare di elezioni. “Del Quirinale – dice – se ne parli il prossimo anno, a gennaio“. Matteo Salvini ha spostato il termine della discussione addirittura “a febbraio, per ora non dico nulla”. Mutissimi anche dalle parti di Forza Italia, visto che Silvio Berlusconi continua a coltivare per se stesso il sogno di un’elezione.

Se Draghi…

Se Draghi andasse al Quirinale, dicevamo, si aprirebbe la questione delle poltrone. E quindi, essendo impossibile trovare una nuova maggioranza il voto anticipato in primavera sarebbe una conseguenza naturale. Un’ipotesi che ha fatto svegliare persino il dormiente ex avvocato del popolo. Che – addirittura – ha aperto all’entrata di Draghi al Colle che non significherebbe un automatico ritorno alle urne. E ci mancherebbe, la paura fa novanta anche in casa Conte.

D’altra parte pure Letta ha dichiarato che mandare Draghi al Quirinale per poi andare al voto “non è l’interesse dell’Italia“. Sicuramente la sua e del Partito democratico. L’ipotesi potrebbe essere quella di mandare Daniele Franco dal ministero dell’Economia a Palazzo Chigi. Uno scenario che farebbe comodo anche alla Lega: il Carroccio potrebbe pure ipotizzare un ritorno all’opposizione, provando a recuperare il consenso perso.

“Se me lo chiedono…”

“Se mi chiedono se Draghi sarebbe un buon presidente della Repubblica, rispondo che lo voterei domattina – ha confidato Salvini nell’ultimo libro di Bruno Vespa – Draghi è certamente una risorsa per il Paese, ma non so se voglia andarci. Anche se ci andasse, non credo che ci sarebbero le elezioni anticipate“. Persino dentro Fratelli d’Italia, l’unico partito che beneficerebbe del voto anticipato, Ignazio La Russa riconosce che con Draghi al Colle sono “molto più probabili le elezioni anticipate, ma sarebbero appunto più probabili, non certe. Non puoi fare un patto davanti al notaio”.

La pensione dei parlamentari

La quasi totalità dei parlamentari in carica ha una data cerchiata in rosso in agenda: il 24 settembre del 2022. Quel giorno gran parte dei deputati e dei senatori otterranno il diritto alla pensione. A farlo notare è un’analisi dell’Osservatorio conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, diretto da Carlo Cottarelli. Dal 2012 il vitalizio dei parlamentari è stato sostituito con un trattamento pensionistico, erogato a partire dai 65 anni di età (ma può arrivare anche a 60).

Per accedere all’assegno, però, deputati e senatori devono aver passato in Parlamento almeno una legislatura completa di 5 anni. Per calcolare i contributi versati viene usato un sistema semestrale: quindi per ottenere la pensione è sufficiente che durante una legislatura si rimanga in carica per quattro anni, sei mesi e un giorno. Questo termine, per tutti i parlamentari che il 4 marzo del 2018 sono stati eletti per la prima volta, scatta appunto il 24 settembre.

Ad attendere quella data sono in tanti

Secondo i calcoli dell’Osservatorio di Cottarelli tra i neoletti si contano 446 deputati e 244 senatori: rispettivamente il 71 e il 76 per cento della rappresentanza di Montecitorio e Palazzo Madama. Di questi in tre sono subentrati alla Camera nei primi sei mesi della legislatura, e dunque potrebbero maturare la pensione se la legislatura finisse dopo il fatidico 24 settembre.

Ci sono poi 19 deputati entrati in carica dopo i primi sei mesi, che quindi perderanno il diritto all’assegno anche se le Camere dovessero concludere naturalmente il loro mandato nel 2023. Simile la situazione al Senato, dove in 11 sono subentrati dopo l’inizio della legislatura, ma solo uno nei primi sei mesi. Tradotto significa che 427 deputati e 234 senatori, per un totale di 661 parlamentari su 945 – quasi il 70% degli eletti – perderanno la pensione se si dovesse andare a votare prima dell’autunno prossimo. Un numero sufficiente ad eleggere un presidente della Repubblica. Anche perché, fa notare sempre l’Osservatorio di Cottarelli, perdere il diritto alla pensione vuol dire vedere andare in fumo i contributi versati.

I parlamentari che rischiano di più

Dal punto di vista politico il gruppo parlamentare che rischia maggiormente l’assegno è quello della Lega: nel partito di Salvini maturano il diritto alla pensione a partire dal 24 settembre dell’anno prossimo 116 deputati su 133 (pari all’87%) e 53 senatori su 64 (l’83%). Non ha di questi problemi Giorgia Meloni: il boom di Fratelli d’Italia nei sondaggi assicura un aumento dei seggi e quindi dovrebbe tranquillizzare l’80% degli eletti che rischiano la pensione in caso di voto anticipato.

Il Movimento 5 stelle sarà quello che ne pagherà le maggiori conseguenze, a causa anche di una perdita di consenso.

In più tra i 5 stelle i parlamentari che matureranno il diritto alla pensione a settembre sono la stragrande maggioranza: 111 deputati su 159 (il 70%) e 60 senatori su 74 (l’81%). Ecco perché Conte, quando ha aperto a Draghi, ha auspicato una prolungamento della legislatura fino alla sua naturale scadenza. “Dobbiamo spingere al 6% di Pil, dobbiamo continuare ad attuare il Pnrr e l’avvio iniziale è fondamentale: in tutto questo, pensare di eleggere un presidente e un attimo dopo andare a votare, chiunque sia, non è nell’ordine delle cose”, è l’agenda dettata dal presidente dei 5 stelle.

Uno scenario osservato attentamente da 47 deputati (il 61% del totale ) e 34 senatori (il 68) di Forza Italia che matureranno la pensione il 24 settembre. E che sono praticamente certi di non rientrare in Parlamento al prossimo giro: un po’ per il taglio dei parlamentari, ma soprattutto perché il partito di Berlusconi ha dimezzato i suoi voti. Valutano in religioso silenzio anche tantissimi altri peones alla prima e ultima legislatura.

Attendono settembre per maturare la pensione, infatti, 21 deputati su 24 di Coraggio Italia, 14 su 27 (il 52%) d’Italia viva, 4 su 12 di Leu. Problema minore per il Pd, dove sono alla prima legislatura solo 36 deputati su 95 (38%) e 25 senatori su 38 (il 66%). Poi c’è il gruppo Misto: tra Montecitorio e Palazzo Madama conta 77 parlamentari che attendono impazienti l’autunno prossimo. Ecco chi sono quelli che hanno paura del voto anticipato: una maggioranza trasversale, che blocca ogni ragionamento sul Colle.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Segnalaci la tua notizia