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Il quotidiano online costretto a “mollare”. La redazione è in sciopero.

«Abruzzo. Ammazzati dalla giustizia, condannati ancora per aver tenuto in archivio un articolo corretto». Questo è il titolo con cui alle 11.31 di questa mattina il giornale segna la fine (?) delle sue pubblicazioni. Il motivo di questo atto è da attribuire ad una sentenza del giudice unico del Tribunale di Ortona, Rita Di Donato, che:«con una sentenza fotocopia rispetto a quella firmata dalla collega dello stesso tribunale di Ortona, Rita Carosella a marzo del 2011, condanna PrimaDaNoi.it al pagamento di oltre 17mila euro (tra risarcimento danni e spese legali) riconoscendo il diritto all’oblio (non regolamentato da nessuna legge) e la prevalenza del della privacy sul diritto di cronaca». Secondo il giudice:«il persistere del trattamento dei dati personali dei titolari del ristorante e il nome dell’esercizio, ha determinato una lesione al diritto alla riservatezza e della reputazione in relazione alla peculiarità dell’operazione di trattamento, caratterizzata da sistematicità e capillarità della divulgazione dei dati e alla natura degli stessi dati trattati, particolarmente sensibili attenendo a vicenda». Secondo Primadanoi.it è stata accolta la domanda di risarcimento danni confermando «con una sentenza fotocopia l’incredibile principio della scadenza delle notizie. 
«Particolare non secondario – prosegue Primadanoi – è che tale scadenza non è stabilita da alcuna legge in vigore nello Stato italiano e non è dunque chiaro quale sia il tempo entro il quale eventualmente rimuovere articoli corretti. Viene inoltre riconfermato che la privacy prevale sul diritto di cronaca, che la gente non deve sapere, che i fatti si devono cancellare anche se questi sono distanti appena pochi anni e magari i procedimetni penali sono ancora aperti».

 

QUEL MARZO 2011

Il giudice Rita Carosella del Tribunale di Ortona condannò Primadanoi.it perché mantenne on line, insieme ad altri 70mila pezzi, un articolo inerente due persone arrestate la cui posizione fu poi archiviata. 

L’articolo racchiudeva l’intero iter della vicenda giudiziaria, più volte aggiornata nel corso degli anni, fino all’ultimo aggiornamento che vedeva gli interessati uscire di scena dopo l’archiviazione al ricorso in appello. La condanna per il quotidiano fu «Violazione della privacy» scrisse il giudice. 

Dopo numerose richieste di cancellazione dell’articolo da parte degli interessati e dei loro stessi avvocati, Primadanoi.it decide di non mollare «perchè corrispondente ai criteri stabiliti dalla legge per la cronaca e da numerose ricerche e consulti nessuno è mai stato in grado di trovare una norma che imponesse ad un giornale la cancellazione di un articolo corretto e non diffamatorio». In effetti lo stesso garante della privacy dichiarò che «l’articolo può restare on line» perchè «il trattamento dei dati personali è stato effettuato nel rispetto della disciplina di settore per finalità giornalistiche». La parola definitiva sembrò arrivare con questa dichiarazione ma il giudice non fu d’accordo dichiarando che «si possono condividere i presupposti dell’esercizio di diritto di cronaca del giornalista, la verità storica e la continenza formale della notizia, e l’ interesse pubblico ma la riservatezza, l’onore e l’immagine della persona cui i fatti si riferiscono sono ugualmente diritti costituzionalmente garantiti».


I PARERI DELL’ODG E DELL’UNCI

«La sentenza del giudice di Ortona, che condanna il giornale on line Primadanoi.it per violazione della privacy, solo perchè è stato conservato nell’archivio elettronico del sito una notizia riguardante la vicenda penale di due coniugi, pone seri problemi ai giornalisti nell’esercizio del diritto di cronaca», questo fu il parere dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo all’indomani della prima sentenza. «L’articolo in questione, peraltro, secondo anche il parere del Garante per il trattamento dei dati personali – osserva l’Ordine – era stato redatto rispettando i criteri fondamentali del codice deontologico dei giornalisti (verità sostanziale dei fatti, interesse pubblico e continenza nel linguaggio). Se i giornali cartacei possono conservare nei loro archivi copie dei giornali pubblicati non si capisce perchè i giornali on line non debbano avere la stessa possibilità. Del resto, anche volendo cancellare i dati digitali di una notizia essa rimane indelebilmente presente nelle memorie cache dei motori di ricerca ( feed Rss). Il problema, allora – commenta inine l’Ordine dei Giornalisti – non è di semplice risoluzione giudiziaria ma occorrerebbe, invece, per il reale esercizio del diritto all’oblio, che il legislatore stabilisca criteri certi e condivisi e non solo a livello nazionale data la complessità della materia e la sua natura globale». 

L’Unci Abruzzo, Unione cronisti italiani, «esprime solidarietà ai colleghi della redazione del quotidiano on-line “Primadanoi.it” per la sentenza del giudice di Ortona, che condanna la testata al pagamento di 5.000 euro per avere mantenuto nell’archivio digitale una notizia della quale la redazione aveva curato costanti aggiornamenti nel corso del tempo, riportando fedelmente tutta l’evoluzione. Anche il Garante della privacy aveva respinto il ricorso presentato da una parte in causa, ritenendo corretto il comportamento dei cronisti.

La sentenza del giudice, secondo il quale “era trascorso sufficiente tempo perché le notizie potessero soddisfare interessi pubblici”, stabilisce la preminenza della privacy sul diritto dei cittadini ad essere informati, anche in vicende già note e la cui divulgazione è stata ritenuta corretta dal Garante.

La sentenza», continua l’Unci Abruzzo, «pone una grave limitazione all’esercizio del diritto di cronaca e interrogativi sulla mancanza di una normativa completa sul giornalismo on-line, determinando un pericoloso precedente».

LETTERA DEL DIRETTORE DI PRIMADANOI.IT: «CHI È ONESTO DEVE SOCCOMBERE PRIMA O POI».

«Oggi abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione che in questo Paese non c’è spazio per poter compiere il nostro mestiere con onestà e integrità. Il nostro avvilimento è dato dal fatto che chi è onesto deve soccombere prima o poi, che non c’è spazio per alcuna giustizia e che non è nemmeno possibile svolgere tranquillamente il proprio mestiere senza diventare martiri o eroi.
Questa sentenza ci condanna per aver voluto difendere il diritto di ogni cittadino di conoscere e di sapere. Ci condanna perché siamo convinti che se un fatto è accaduto debba essere anche ricordato a beneficio di tutti. Ci spiace per i giudici ma la storia, i fatti, la memoria non si cancellano a colpi di sentenze.
E questa condanna -che reputiamo eclatante sotto molteplici punti di vista- ci costringe da domani ad assecondare ogni richiesta di rimozione di articolo non solo dai motori di ricerca (dai quali l’articolo in questione era stato rimosso già dal 2011) ma anche dal nostro archivio.

Oggi siamo stati condannati per aver violato l’onore di persone finite in procedimenti penali, per aver scritto notizie vere e senza errori. Siamo stati condannati perché ci hanno detto che quello che scriviamo ha una data di scadenza ma nessuno sa dirci qual è questa data. Il Ddl sul diritto all’oblio, pure messo a punto dalla politica di casa nostra ma mai divenuto legge, viene già applicato: chi vuole ripulire la propria immagine da notizie scomode può stare tranquillo.
Negli ultimi anni l’accanimento abnorme verso questo giornale con decine di cause di persone che si sono sentite a vario titolo diffamate ha creato in noi un clima di sfiducia e ha reso oltremodo gravoso il nostro lavoro. Non crediamo che in un Paese normale, civile, pulito, avanzato, democratico possano accadere simili cose. Non chiediamo nulla se non quello di poter svolgere tranquillamente il nostro lavoro.

Oggi c’è stata l’ennesima conferma che la privacy vale più del diritto di cronaca, che in questo Paese si può scrivere ma si deve dimenticare in fretta. La cifra da sborsare per questo giornale -già ampiamente vessato dal mercato corrotto- che non vive di contributi pubblici, ci strozza e dichiara la nostra morte.
La Redazione da questo momento proclama uno sciopero a tempo indeterminato e nelle prossime ore si deciderà se riprendere gli aggiornamenti o concludere per sempre questa esperienza editoriale nella convinzione che il prezzo da pagare (non quello economico) e le umiliazioni subite per chi lavora con onestà e rispetto delle leggi sia realmente troppo elevato».


LA SOLIDARIETA’ DI ZONEDOMBRATV.IT

Ho avuto modo di conoscere Alessandro Biancardi qualche mese fa quando, in un messaggio privato su facebook, m’invitava a camminare uniti senza disperderci nell’oceano internettiano. Rimasi colpito da questo messaggio, non per il contenuto o la richiesta, ma bensì per il gesto. Da quel giorno iniziammo una “sperimentazione” come la definimmo: una testata on line con una forte caratterizzazione giornalistica e di penetrazione del tessuto regionale e una web tv di denuncia. Non sapevamo (almeno io) dove l’iniziativa ci avrebbe condotto ma era interessante riuscire a fare qualcosa di nuovo in una regione fortemente controllata da poteri occulti sia econimici che politici. Da quel giorno la collaborazione non si è mai fermata e, spesso, Biancardi mi dava delle dritte su scoop che potevano funzionare dal punto di vista “cinematografico”. Dio solo sa quanto questa cosa possa essere dolorosa per un giornalista. Ebbene, oggi mi ritrovo a scrivere una lettera di solidarietà ad un giornalista, una cosa che la mia mente non sarebbe mai riuscita a concepire. Io che i giornalisti sono stato abituato a chiamarli “giornalai” e con cui ho sempre nutrito il massimo disprezzo, mi ritrovo a sostenere un uomo prima che una causa. La sentenza a mio giudizio è vergognosa ma, aggiungo, in uno Stato di diritto nono si sarebbe dovuto arrivare ad una decisione simile. La politica avrebbe dovuto anticipare tale sentenza colmando quel vuoto legislativo chiesto da anni dall’Ordine dei giornalisti nazionale. I mendicanti di voto sono però da tutt’altra parte e mai da quella dei cittadini e, soprattutto, di chi lavora e lo fa onestamente. Per ciò che ci riguarda siamo all’inizio di un percorso e sappiamo quanto sia difficile guadagnarsi rispetto in questo campo e, soprattutto, convincere gli investitori onesti a credere in un progetto come il nostro. Me lo ha riconfermato ancora una volta Biancardi, stamattina al telefono, quando l’ho pregato di rimanere al suo posto per quei tanti suoi lettori che giornalmente gli danno fiducia. Sono vicino con il cuore e con la mente a persone che c’hanno messo la faccia e hanno realizzato un prodotto editoriale di altissimo livello. Sono vicino a persone che in queste ore stanno decidendo se buttare a mare un progetto, un sogno e ricominciare tutto daccapo. Da queste parti si respira l’aria della libertà quindi è difficile comprendere come sia possibile che un giudice “uccidi” i sogni di uomini liberi. Caro Alessandro e cara redazione, prendere atto di questa sentenza e chiudere il giornale non è una sconfitta perché, come hai detto tu stesso al telefono, «abbiamo fatto qualcosa che nessun altro ha fatto mai in Abruzzo». Sono d’accordo anche perché in genere si aprono giornali per sistemare gli sponsorizzati politici e far sparire, ad esempio, somme di 600mila euro. Nella vostra decisione dovete tener conto che esistono persone pronte a continuare una battaglia con voi e con altri come voi. Se ci disperdiamo l’oceano non ci farà ritrovare più.

Un abbraccio da tutta la nostra redazione.


Antonio Del Furbo

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