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Ora il boss si trova presso l’ospedale San Paolo a Milano.

Il ricovero è avvenuto nel pomeriggio di oggi dal carcere di Opera all’ospedale San Paolo a Milano dopo che il boss, nei giorni scorsi, era stato prelevato e trasferito dal carcere di Parma.

I motivi di tali spostamenti, al momento, restano poco chiari. Non si capisce se Provenzano sia stato portato nel nosocomio per l’aggravarsi del suo stato di salute o per l’avvicendamento e la rotazione dei detenuti del 41 bis. Alcuni giorni fa anche Totò Riina ha subito uno spostamento.


IL TENTATO SUICIDIO

Il 9 maggio 2012, presso il carcere di Parma dove era detenuto, il boss tenta di suicidarsi infilando la testa in una busta di plastica. Il 23 maggio 2013 Servizio Pubblico, il programma di Michele Santoro, manda in onda un video che ritrae Bernardo Provenzano nel carcere di Parma durante un incontro con la moglie e il figlio. Era il 15 dicembre 2012. Il viso del boss è irriconoscibile, appare affaticato e mentalmente confuso. La cornetta del citofono per parlare con l’esterno gli sfugge di mano più volte. Al figlio Provenzano non riesce neanche a spiegare con chiarezza l’origine dell’evidente ferita alla testa: prima dichiara di essere stato vittima di percosse, e successivamente di essere caduto accidentalmente. Il 26 luglio 2013 la procura di Palermo dà l’ok alla revoca del 41 Bis a Bernardo Provenzano per le condizioni mediche.
 

SONIA ALFANO:”LA MIA IDEA CE L’HO”
 
“Mi auguro che la classe politica dirigente sappia essere all’altezza perché qui vanno poste una serie di domande: l’interrogativo più grande che resta è che cosa è successo a Bernando Provenzano”. Così l’europarlamentare Sonia Alfano, Presidente della Commissione Antimafia del Parlamento Europeo e parte civile nel processo sulla trattativa Stato-Mafia, il 27 maggio 2013 commentò il video registrato dalle telecamere di sorveglianza.
“Io la mia idea ce l’ho e la sto urlando ai quattro venti visto che già dalla seconda visita dell’anno scorso ho avuto la sensazione che qualcuno stesse facendo di tutto per farlo desistere da una sua ipotetica volontà di collaborare” aggiunse Alfano. “Andrebbero chiariti una serie di punti anche partendo dal ‘protocollo farfalla’ (un accordo tra il Dap e il Sisde per la gestione dei principali detenuti in regime di massima sicurezza, senza che rimanga alcuna traccia nei registri carcerari) per accertare che Bernardo Provenzano è stato picchiato e drogato – ha proseguito la Alfano – e se riuscissimo a stabilire da chi è arrivato quest’ordine forse avremmo anche tante risposte in merito a chi dovevano rispondere Mori e Ubino”.
La Alfano si è sempre dichiarata a favore del 41 bis:”lo stiamo ‘esportando’ in Europa – e ha specificato – se qualche detenuto manifestasse pero’ l’intenzione di collaborare dev’essere messo nella condizione di farlo e non massacrato di botte come come si pensa possa essere accaduto”.


CHI STA AMMAZZANDO PROVENZANO?

Se lo è chiesto anche Beppe Grillo sul suo blog prima del trasferimento del boss all’Opera. “Bernardo Provenzano sta morendo piano piano, lentamente, nel reparto detenuti dell’ospedale di Parma, a causa delle sue precarie condizioni fisiche o qualcuno ha accelerato questo decorso con qualche spinta o qualche ‘dispetto’ al boss?”. 

Se lo è chiesto anche Benny Calasanzio Borsellino, un giornalista freelance che scrive di mafia. Racconta di aver “intervistato Sonia Alfano e Beppe Lumia, parlamentare italiano, forse i primi politici che sono andati da Bernardo Provenzano, a maggio e a luglio del 2012, per tentare di spingerlo a una collaborazione con lo Stato”. Calasanzio aggiunge:”Hanno raccontato di una disponibilità del boss, quasi di un desiderio dello stesso di parlare, a patto che non fossero mandati al macello i suoi figli. Poi ho intervistato l’altra campana, l’avvocato di Provenzano, Rosalba Di Gregorio, una donna schietta, che ha risposto a tutte le mie domande, anche a quelle più scomode. Di Gregorio mi ha raccontato di un vecchio che non dovrebbe stare nel regime di carcere duro, ma in una struttura diversa, che mai nessuno ha deliberatamente picchiato o reso inoffensivo, ma che piuttosto è stato vittima di un trattamento non sempre “ortodosso”. In ultimo, ho sentito Antonio Ingroia, l’ultimo pm a sentire Bernardo Provenzano il 31 maggio. Ingroia mi ha raccontato le sue impressioni, quello che ha percepito, il perché abbia rischiato di fare un interrogatorio a Provenzano in assenza dell’avvocato, giocando la carta di poterlo sentire come persona informata sui fatti relativamente al suo fantomatico tentativo di suicidio. 


MASSIMO CIANCIMINO IL TESTIMONE CHIAVE

Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, è il testimone chiave nel processo sulla trattativa stato-mafia durante le stragi del 1992-1993. La negoziazione sarebbe avvenuta tra alcuni esponenti politici e l’organizzazione Cosa Nostra e, inizialmente, tra il Ros dei carabinieri e l’organizzazione criminale per far concludere la stagione stragista in cambio di alcune richieste specificate in un ‘papello’ ovvero un foglio contenente le richieste di Cosa nostra allo Stato, che avrebbero dovuto essere soddisfatte per evitare la prosecuzione delle stragi di mafia.

Secondo Massimo Ciancimino sul papello c’era un post-it giallo sul quale suo padre Vito aveva annotato di averlo consegnato personalmente al generale Mario Mori, oggi imputato di favoreggiamento e indagato per concorso in associazione mafiosa. Mori ha sempre negato di averlo mai visto. 

ZdO

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