Rewilding Europe e la "guerra" ai coltivatori e allevatori
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La Rewilding Europe è un’iniziativa e un’organizzazione no-profit che si impegna a promuovere e attuare la ricolonizzazione di vaste aree selvagge in Europa. Una scelta – politica – che però incide negativamente sul lavoro di coltivatori e allevatori.

Fondata nel 2011, l’obiettivo principale di Rewilding Europe è quello di ripristinare e preservare gli ecosistemi naturali attraverso il ripopolamento di specie animali e vegetali native, la promozione del turismo sostenibile e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla conservazione della natura.

L’organizzazione si impegna a reintrodurre specie selvatiche che sono state estinte o sono in declino nelle loro aree di origine, lavorando per ristabilire un equilibrio ecologico sostenibile. Questo può includere la reintroduzione di grandi mammiferi come l’orso, il lupo, il bisonte e il cervo, così come la promozione della biodiversità attraverso la conservazione degli habitat naturali.

Rewilding Europe collabora con comunità locali, istituzioni, organizzazioni non governative e altri partner per raggiungere i propri obiettivi di conservazione e sviluppo sostenibile. L’organizzazione è attiva in varie regioni dell’Europa, lavorando per promuovere la coesistenza armoniosa tra la natura selvaggia e le attività umane.

I “danni” per allevatori e agricoltori

La recente approvazione della legge sul “Ripristino della natura” da parte del parlamento europeo ha suscitato un vivace dibattito riguardo alle sue implicazioni e alle sue possibili conseguenze. Il titolo stesso della legge suggerisce un’ispirazione messianica nel campo ecologico, enfatizzando il ritorno della natura nelle nostre vite. Tuttavia, dietro questa retorica idealistica si nascondono questioni più complesse.

Mentre alcuni sostengono che la legge porterà benefici all’ambiente, all’agricoltura e ai consumatori, altri sollevano dubbi sulle vere intenzioni dietro questa mossa. C’è chi mette in discussione l’approccio delle élite globaliste, che promuovono sia il ripristino ambientale che tecnologie come il cibo artificiale e il transumanesimo. Si sospetta che dietro l’apparente sostenibilità ambientale possano nascondersi interessi economici e politici più ampi. “Non c’è dubbio che per noi del settore sarà una vera e propria stangata” spiega Dino Rossi del Cospa Abruzzo, il primo a denunciare la volontà politica di Bruxelles.

Il termine “ripristino” stesso solleva interrogativi sulla sua natura effettiva. Si tratta di un concetto che richiama un ritorno alla natura selvaggia e incontaminata, ma al contempo solleva preoccupazioni sulle conseguenze per le comunità agricole e rurali. C’è chi vede nel “ripristino” un’anticamera per il rewilding aggressivo, che potrebbe portare a profondi cambiamenti nel paesaggio agricolo europeo.

Uno dei punti critici riguarda il finanziamento della legge sul ripristino.

Si teme che i fondi destinati all’agricoltura possano essere ridotti per sostenere misure di ripristino ambientale, mettendo a rischio il sostentamento degli agricoltori. Inoltre, si sollevano dubbi sulla capacità della legge di affrontare le vere cause del degrado ambientale, concentrandosi invece su misure superficiali che potrebbero non affrontare i problemi alla radice.

Inoltre, l’interazione tra la legge sul ripristino e le politiche commerciali dell’Unione Europea solleva domande sulla coerenza delle politiche ambientali europee. Le politiche commerciali dell’UE appaiono non in linea con gli obiettivi ambientali, specialmente considerando l’importazione di prodotti agricoli a basso costo che potrebbero mettere a rischio l’agricoltura locale.

Quando il PPE ha tentato di opporsi all’approvazione della legge e ha paventato i danni agli agricoltori e ai consumatori, queste tesi sono state ampiamente contestate da gruppi di sinistra, dalla Commissione europea, da diverse Ong, da migliaia di scienziati del clima, dal settore dell’industria delle energie rinnovabili e da grandi aziende come IKEA, H&M, Iberdrola, Unilever, Nestlé e Danone. Danone ha già investito due milioni di dollari nel latte sintetico (fonte).

In conclusione, mentre la legge sul “Ripristino della natura” potrebbe essere vista come un passo avanti verso la protezione dell’ambiente, solleva anche una serie di interrogativi e preoccupazioni riguardo alle sue vere intenzioni e alle sue conseguenze pratiche. È importante continuare il dibattito su questo tema e monitorare attentamente l’attuazione della legge per garantire che porti benefici effettivi senza compromettere altri settori cruciali come l’agricoltura e le comunità rurali.

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