Rigopiano, tutti assolti (quasi). Il colpo di spugna dei giudici
Spread the love

Due anni e otto mesi al sindaco di Farindola (Pescara) Ilario Lacchetta.

GUARDA IL VIDEO:

Questa la sentenza di condanna pronunciata dal gup del Tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea per la tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola. La struttura fu travolta e distrutta, il 18 gennaio 2017, da una valanga e in cui morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti.
L’accusa aveva chiesto per Lacchetta, sindaco attuale e all’epoca del disastro, 11 anni e 4 mesi. Assolti l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e, l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco.

Sei anni dal disastro

Dopo sei anni dal disastro e a tre anni e mezzo dall’inizio del processo arriva il verdetto per la strage di Rigopiano: due anni e otto mesi al sindaco di Farindola (Pescara) Ilario Lacchetta. La sentenza di condanna è stata pronunciata dal gup del Tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea per la tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola. L’hotel è stato travolto e distrutto, il 18 gennaio 2017, da una valanga. Evento in cui morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti. I condannati sono 5 e 25 le assoluzioni.

Assolti ex prefetto e ex presidente provincia

Assolti l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco. Le accuse a carico dell’allora prefetto Provolo, per il quale era stata chiesta una condanna a 12 anni, erano frode in processo penale e depistaggio, omissione di atti d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, omicidio colposo, lesioni personali colpose. Omicidio colposo e lesioni personali colpose erano i reati contestati all’allora presidente della Provincia di Pescara Di Marco e al sindaco di Farindola Lacchetta, quest’ultimo accusato anche di disastro colposo.

I parenti delle vittime: “Fate schifo”

Alla pronuncia della sentenza in aula alcuni dei familiari hanno applaudito sarcasticamente il giudice Gianluca Sarandrea, per poi gridargli contro “ti devi vergognare, è uno schifo, questa non è giustizia. Lacrime e urla in aula, tanto da richiedere l’intervento di poliziotti e carabinieri, costretti a bloccare la tentata aggressione al giudice, blindato in aula.

“Giudice, non finisce qui”

“Giudice non finisce qui”. È la minaccia rivolta al giudice Sarandrea da un superstite della tragedia di Rigopiano, Giampaolo Matrone, 39 anni, di Monterotondo – che sotto la valanga perse la moglie Valentina Cicioni, infermiera al Gemelli – subito dopo la lettura della sentenza in cui la maggioranza degli imputati è stata assolta. Matrone è stato poi allontanato dall’aula dalle forze dell’ordine.

La sentenza

Lacchetta è stato ritenuto responsabile limitatamente alla omissione dell’ordinanza di inagibilità e di sgombero dell’Hotel Rigopiano. D’Incecco e Di Blasio, rispettivamente dirigente e responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, sono stati invece ritenuti responsabili relativamente al monitoraggio della percorribilità delle strade rientranti nel comparto della S.P. 8. E alla pulizia notturna dalla neve ovvero al mancato reperimento di un mezzo sostitutivo della turbina Unimog tg CK 236 NB fuori uso, nonché alla mancata chiusura al traffico veicolare del tratto stradale della provinciale 8 dal bivio Mirri e Rigopiano. Concesse a entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche. Sei mesi di reclusione per falso, infine, al gestore dell’albergo e amministratore della società Gran Sasso resort&spa Di Tommaso e Gatto, redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della stessa società di intervenire su tettoie e verande dell’hotel.

La requisitoria 

Il pomeriggio del 18 gennaio del 2017 migliaia di metri cubi di neve spazzarono via tutto, la struttura, ma soprattutto 29 vite umane. Tra i 30 imputati esponenti politici, funzionari, dirigenti prefettizi e i gestori dell’Hotel, per ipotesi di reato che vanno dal disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose, falso ed anche depistaggio e abuso edilizio. Il procuratore Giuseppe Bellelli nella sua requisitoria ha auspicato “una sentenza che in nome della Costituzione e del Popolo Italiano affermi il modello di amministratore pubblico che aveva il dovere di prevedere il peggio ed evitare la tragedia”. Per l’accusa quanto accaduto è stato “un fallimento di un intero sistema”: “ovvero l’omessa pianificazione territoriale di una Legge del 1992. La Carta valanghe era un compito che spettava ai dirigenti della Regione Abruzzo, e quell’idea tempestiva e lungimirante è rimasta una buona intenzione senza risultati. Si è trattato di un ritardo inaccettabile”.

Le richieste di condanna

Circa 150 anni di condanna richiesti, in totale, per gli imputati. Dai 12 anni all’ex Prefetto Francesco Provolo, agli 11 anni e 4 mesi per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta ed il suo tecnico comunale Enrico Colangeli, ai 10 anni per i dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio.

L’accusa aveva invocato 9 anni per i dirigenti della Prefettura Ida De Cesaris e 8 anni per Leonardo Bianco. Mentre per l’ex presidente Antonio Di Marco la richiesta è stata di 6 anni. Cinque anni per i dirigenti regionali Carlo Giovani, Pierluigi Caputi, Emidio Primavera, Sabatino Belmaggio, Carlo Visca, pena più alta – 7 anni – per Vincenzo Antenucci. Per gli ex sindaci del comune di Farindola Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico 6 anni, per Bruno Di Tommaso gestore dell’hotel 7 anni e 8 mesi. Pene di 4 anni per il geologo Luciano Sbaraglia, 4 anni anche per i dirigenti provinciali Giulio Honorati, 3 per Tino Chiappino, 2 per Andrea Marrone, poi un anno per il tecnico Giuseppe Gatto.

Il presunto depistaggio 

Per il presunto depistaggio in Prefettura 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo, due anni per Giancarlo Verzella. Chiesto il proscioglimento a causa della prescrizione per Antonio Sorgi e i funzionari della Prefettura Salvatore Angieri e Sergio Mazzia. Si ritiene prescritto, quindi sentenza di non luogo a procedere, l’imprenditore Paolo Del Rosso. Quasi tutti gli avvocati difensori, invece, hanno puntano sull’assoluta imprevedibilità dell’evento. Giovedì mattina un grande striscione era stato posizionato all’ingresso del Tribunale di Pescara nel ricordo delle 29 vittime.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Segnalaci la tua notizia