Vladimir Putin all'Occidente: "Non volevi che fossimo amici?"
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Vladimir Putin, nel suo discorso televisivo di tarda notte dal Cremlino, poche ore dopo i colloqui di un vertice, è stato intriso di rabbia, rimostranze storiche e sfide all’Occidente.

Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato di riconoscere l’indipendenza di due regioni separatiste dell’Ucraina. L’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk e Repubblica popolare di Luhansk si trovano nell’est del paese e potrebbero permettergli di spostare truppe in Ucraina.

Una mossa condannata dalla Nato e dai paesi occidentali.

Putin appare arrabbiato, impaziente e direttamente minaccioso. Il presidente russo si è tolto non pochi sassi dalle scarpe accumulati in oltre 20 anni.

“Non volevi che fossimo amici” ha detto all’Occidente, “ma non dovevi renderci un nemico”.

Con questo discorso l’obiettivo di Putin è quello di ribadire le richieste di sicurezza: l’espansione della Nato deve essere annullata e l’adesione all’Ucraina è una linea rossa. Poi si è lamentato del fatto che le preoccupazioni della Russia sono state più volte ignorate e definite irrilevanti per anni. Putin ha accusato l’Occidente di cercare di “contenere” la Russia come forza globale in ripresa.

L’ossessione per l’Ucraina

L’attenzione di Putin sull’Ucraina sembra ossessiva. Rappresenta, forse, un tentativo di candidarsi alla presidenza. E, naturalmente, nel suo discorso c’è stata la riscrittura della storia ucraina. “L’Ucraina non è mai stato davvero uno Stato” ha detto il presidente russo. 

Riconoscere le due regioni separatiste dell’Ucraina potrebbe significare che le truppe russe entrino molto presto nei territori in veste di pacificatori. Oppure potrebbe esserci una pausa, mentre il leader russo aspetta di vedere la prossima mossa del suo avversario.

In tutto questo, l’Ucraina è il campo di battaglia. Ma è anche un gioco di mediazione tra Russia e Occidente, che si sta rapidamente trasformando in una resa dei conti.

La Russia costretta a intervenire

Nella precedente riunione del Consiglio di sicurezza russo ognuno aveva il proprio ruolo. I più alti funzionari russi sedevano in un semicerchio davanti a Vladimir Putin. Volta per volta ognuno veniva invitato ad avvicinarsi al microfono per esporre la propria posizione.

Ognuno ha contribuito a raccontare un pezzo di storia della Russia. Nello specifico la Russia è stata costretta a intervenire per proteggere il popolo del Donbass – molti dei quali ora cittadini russi – dalla minaccia mortale rappresentata da Kiev, conferendo un riconoscimento formale alle regioni separatiste.

La parola genocidio è stata pronunciata di nuovo e il governo ucraino è stato definito un burattino nelle mani dell’Occidente.

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Il discorso di Vladimir Putin sull’Ucraina ha tracciato un paese economicamente paralizzato, completamente corrotto, deciso a sviluppare armi nucleari e altre armi di distruzione di massa. Un Paese definito, inoltre, ingrato per tutta la generosa attenzione profusa dalla Russia dall’indipendenza.

La bordata del leader russo ha sottolineato, ancora una volta, che il Cremlino rimane profondamente risentito per il modo in cui la storia è andata a finire. Per Putin la Russia in questo modo ha perso.

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