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Chissà cosa ne pensa il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini (Pd), abruzzese doc che ha visto (e vissuto) il tracollo del partito.

Interessante, appunto, sapere cosa Legnini pensa della carriera di Donatella Ferranti che da presidente della Commissione giustizia della Camera, in quota Pd, è arrivata a ricoprire il ruolo di giudice di Cassazione.

Ferranti ha già “stappato” la tessera del Partito democratico per indossare la toga prestigiosissima di Giudice supremo per scrivere sentenze in nome del popolo italiano. 

Il Csm, in fretta e furia, pare aver sbrogliato un caso che si annunciava delicato e scivoloso.

Per capire chi è la Ferranti basta tornare al 1998 quando lasciò la procura di Viterbo, dove era pm, e approdò proprio al Csm. Nel 2004 divenne segretario generale, incarico ricoperto fino al 2008 quando sbarcò in parlamento per ricoprire la carica in Commissione giustizia della Camera.

Dopo dieci anni a Montecitorio, rieccola in magistratura. E non per ricoprire un incarico precedente (tipo pm) ma, grazie ad una norma ad hoc, per conquistare la poltrona di segretario generale del Csm. Un triplo salto mortale che gli ha risparmiato l’iter di passare attraverso una commissione di cinque membri, quindi il concorso e la sfida agli altri candidati. 

Ovviamente la Ferranti non è la sola a godere di certi privilegi. Tra le toghe parcheggiate sugli alti scranni di Camera e Senato, ce ne sono tanti e senza tener conto di quelli governativi e degli altri dislocati nelle altrettanto Regioni.

A godere degli avanzamenti che si ripercuotono sulle buste paga e i futuri trattamenti pensionistici ci sono anche personaggi come Anna Finocchiaro, presidente Dem della commissione Affari costituzionali del Senato; Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia, per non parlare dell’altro senatore Felice Casson e del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano

Una casta, insomma, che non ha nulla da invidiare alla politica. Anzi, che si comporta peggio.

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