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L’informazione che ‘non conta’ è impegnata a parlare dei processi di Berlusconi, dei falchi, dei gabbiani e delle colombe. L’informazione fatta da ‘Repubblica’ e da ‘il Giornale’ è tutta concentrata a difendere il loro rispettivo interesse per i loro rispettivi capi. Quello che invece sta accadendo in Italia e che segnerà le sorti del Paese per i prossimi cinquant’anni non interessa a nessuno. L’ordine è: addormentare le coscienze.

L’informazione che ‘non conta’ è impegnata a parlare dei processi di Berlusconi, dei falchi, dei gabbiani e delle colombe. L’informazione fatta da ‘Repubblica’ e da ‘il Giornale’ è tutta concentrata a difendere il loro rispettivo interesse per i loro rispettivi capi. Quello che invece sta accadendo in Italia e che segnerà le sorti del Paese per i prossimi cinquant’anni non interessa a nessuno. L’ordine è: addormentare le coscienze.

Tra le miriadi di comuni italiani a rischio fallimento ci sono dieci grandi città a un passo dal crac. In cima alla lista Napoli e Palermo, a seguire Reggio Calabria e, via via, centri più piccoli come Milazzo. La cosa che sconvolge è che Comuni fino a ieri virtuosi oggi sono costretti a chiedere il commissariamento, quindi, scioglimento del Consiglio con l’entrata in campo della Corte dei Conti e del commissario prefettizio. Indovinate un po’ di chi è la colpa? Ovviamente degli ‘straccioni’ romani che occupano abusivamente il parlamento e ‘non eletti da nessuno’. Questa gentaglia, che insieme al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del presidente del Consiglio Enrico Letta stanno portando l’Italia al fallimento, hanno inserito una norma nel decreto sulla spending review che impongono l’«armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio» e svalutano del 25% i residui attivi accumulati sino ad oggi. Ciò significa che, se il Comune deve incassare 100, con questa nuova norma, incasserà 75. Si tratta di entrate contabilizzate ma non ancora incassate, come ad esempio la tassa sui rifiuti. 

I dati del Viminale evidenziano un’esplosione del numero dei Comuni che hanno dichiarato il dissesto negli ultimi anni: da 1-2 casi l’anno si è passati a oltre 25. Nei numeri, alla faccia dei leghisti, sono comprese anche molte amministrazioni del Nord.

La politica sta lavorando al fallimento dei Comuni già dal 2009 in completo accordo con le banche, il vero potere marcio italiano, e con l’informazione impegnata a occuparsi di tutt’altro.

«Ho fatto cambiare il cartello affisso fuori dal mio ufficio: non più sindaco, ma curatore fallimentare». L’idea venne a Giorgio Dal Negro sindaco di Negrar, una cittadina da 17mila abitanti in provincia di Verona. Poi aggiungeva, sempre nel 2009:«Pensavo di poter amministrare bene, e invece sono nella situazione di veder fallire le mie aziende, senza poter far nulla». Il grido disperato dei sindaci italiani avrebbero dovuto preoccupare i governanti romani ma, invece, dalla Roma capitale non sono arrivate risposte. Ciò ha significato, soprattutto per i piccoli centri, niente soldi, niente asili nido, servizi alla persona, agli anziani, trasporti pubblici, raccolta dei rifiuti, sostegno alle famiglie. 

Ora si sveglia anche l’Europa e, dopo essersi prodigata per dar soldi senza controllo alle banche di tutto il continente, arriva a tuonare contro l’Italia: se i Comuni falliscono a pagare sarà lo Stato. In linea di principio possiamo essere anche d’accordo però un dubbio ci sovviene: se a pagare il fallimento di un Comune è il governo centrale, per caso, vorrà dire che lo Stato è corresponsabile della bancarotta dei Comuni? Se così stessero le cose, come mai i professoroni della Corte dei diritti umani di Strasburgo non sono intervenuti prima? Vuoi vedere che i soldi tolti ai Comuni sono andati dritti dritti nel caveau della Banca Centrale Europea che a sua volta li ha girati alle banche europee per farci i giochini speculativi?  

di redazione

 

 

 

 

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