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La vicenda riguarda un allevatore di Ofena (Aq) che, dopo le difficoltà sopraggiunte con il terremoto dell’Aquila del 2009, non è riuscito a onorare i pagamenti delle tasse.

Dino Rossi ha un’azienda agricola ad Ofena, un piccolo borgo in provincia dell’Aquila. “Dopo il terremoto del 2009 – spiega a Zone d’Ombra Tvho avuto molte difficoltà a continuare il lavoro. Nonostante tutto, comunque, ce l’ho fatta e sono ripartito”. 

Difficoltà che, come raccontammo, piano piano furono superate. Ma, purtroppo, le tasse non furono pagate interamente. “Consideri – aggiunge l’allevatore – che mentre io e altri allevatori dell’aquilano eravamo fermi perché non sapevamo a chi vendere i nostri prodotti, nei tendoni arrivavano prodotti di altre ditte da fuori”.

Quindi in casa Rossi arrivarono le prime cartelle di Equitalia per l’ammontare di circa 46mila euro che ben presto arrivarono a toccare gli oltre 100mila euro. Ma l’ente risponde che tutta la procedura è legale e Rossi deve pagare magari con un piano di rateizzazione.

Leggi anche: “Equitalia, caso Dino Rossi: giudice sospende procedimento nei confronti dell’allevatore”

Oggi a Rossi viene recapitata l’ennesima cartella di oltre 63mila euro. La particolarità, però, salta subito agli occhi: la prima rata da pagare è di ben 21.185,24 euro. “Come faccio a pagare una somma del genere su un debito di oltre 60mila euro?” chiede l’allevatore.

rottamazione_cartella

Il sospetto

Rossi però è convinto che l’idea del governo non sia quella di aiutare le aziende in difficoltà ma bensì quello di certificare il debito.  “Quasi tutti i dirigenti dell’Agenzia delle entrate non avevano il potere di certificare il debito dei contribuenti”. In sostanza, i dirigenti non sarebbero stati qualificati nell’accertamento delle cartelle. “Per consolidare il debito – aggiunge Rossi – si sono inventati la rottamazione”.

I nomi dei dirigenti

A marzo 2015 pubblicammo i nomi dei 767 dirigenti dell’Agenzia delle Entrate illegittimi, cioè tutti quelli che hanno ricoperto ruoli senza averne diritto. Tutti gli atti fiscali e delle cartelle esattoriali firmati da tali dirigenti furono, di conseguenza, nulli. Il Tar del Lazio, nel 2012, aveva bloccato le nomine a dirigenti presso diversi uffici delle Agenzie delle Entrate, nei confronti di numerosi funzionari che, però, non avevano svolto il concorso previsto per legge e, quindi, erano privi dei relativi titoli a dirigenti. Lo Stato, però, per rimediare al disastro cercò immediatamente di riparare il danno con una sanatoria. Come dire: truffa su truffa. Con la sentenza della Corte Costituzionale si riaffermò ciò che aveva detto il Tar. Non solo: per gli stessi Giudici la sanatoria fu incostituzionale. Il Consiglio di Stato, per evitare leggi e leggine truffaldine come solo i nostri politici sanno fare, si appellò alla Corte Costituzionale con l’invito a valutare se cancellare per sempre dall’ordinamento tale norma. C’è da aggiungere che la questione riguardò solo le cartelle determinate da atti firmati dall’Agenzia delle Entrate e che non comprendevano tasse locali, multe o richieste di pagamento dell’Inps.

Di admin

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