In tilt il sito dell'Inps per richiedere il Bonus 600 euro. E i cittadini, intanto, pagano 206mila euro di stipendi ai presidenti
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La percentuale di quelli che ce l’hanno fatta a fare domanda all’Inps per i 600 euro è bassa. Molto bassa. Appena un professionista con partita Iva è riuscito a entrare nel sito dell’Istituto e fare domanda per il bonus 600 euro. E, nonostante questo, per presidente e vice presidente dell’Inps è tutto sotto controllo.

Eppure ascoltando la vicepresidente Maria Luisa Gnecchi “la falla è durata cinque minuti. Insomma, nulla di preoccupante. Eppure, il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, da molte ore sotto pressione per gli attacchi contro la propria gestione, ha più volte cambiato versione dei fatti. “Il sistema sarà in grado di reggere” aveva detto ieri Tridico, salvo poi cambiare versione in mattinata dopo il blocco del portale: “Il sistema è andato in crash perché stiamo ricevendo 100 domande al secondo”. A ora di pranzo Tridico ha rilasciato una nuova dichiarazione: “Abbiamo ricevuto nei giorni scorsi, e anche stamattina, violenti attacchi hacker. Questa mattina si sono sommati ai molti accessi, che hanno raggiunto le 300 domande al secondo, e il sito non ha retto. Per questo abbiamo ora sospeso il sito”. 

È evidente l’imbarazzo che circola nei piani alti dell’Istituto nazionale di previdenza sociale.  

Al netto delle dichiarazioni campate in aria di Tridico e Gnecchi, la realtà è un’altra. Appena uno su otto è riuscito ad accedere al sito e a richiedere il Bonus delle 600 euro: per tutti gli altri non c’è stato nulla da fare. Probabilmente con l’annuncio del “click day”, Tridico aveva sentito puzza di bruciato tentando un’operazione mediatica per scrollarsi di dosso le responsabilità che però, oggi, lo hanno inchiodato.

Sito bloccato già dalla mezzanotte

Appena dopo la mezzanotte di oggi liberi professionisti e commercianti hanno iniziato ad avere le prime delusioni. “Sito non raggiungibile”, “request cannot be served” scriveva l’Inps sul sito. Quando tutto pareva risolto il sistema, ha cominciato a chiedere “l’accesso con il Pin intero” nonostante lo stesso Tridico avesse rassicurato che sarebbe bastato solo la prima parte del pin. Intorno alle otto il portale dà qualche segno di vita, almeno l’home page sembra caricarsi. Alle dieci, di nuovo tutto precipita. “Ora ho aggiornato la pagina e risulto essere dentro il sistema come Sandra”, racconta quello che in realtà si chiama Marco e ha visto chiudere il suo ristorante per il Covid-19. “Io sono Alessandro M.”, ribatte Francesco. Dopo dodici ore di tentativi qualcuno è riuscito a presentare la pratica.

Perché l’Inps non si è organizzato in venti giorni?

L’Inps sapeva da tempo cosa sarebbe successo il primo aprile eppure è rimasto con le mani in mano. Ben 20 giorni di tempo avuti per smaltire il numero di richieste. Non solo. Al momento della prova il portale non solo non ha retto ma, per il breve periodo rimasto online, ha mostrato falle paradossali e preoccupanti. L’esempio lampante dalla pagina Twitter dell’istituto di previdenza: molte persone lamentano di avere problemi con le credenziali di accesso, altre dicono di esser state riconosciute dal sistema, ma con nomi di altri richiedenti.

La politica scatenata su Governo e Inps

L’incapacità di gestire tale situazione non poteva non scatenare attacchi trasversali in politica. A poco sono servite le scuse della vice presidente dell’istituto, che ha parlato del disguido come “una cosa gravissima che non deve succedere” e “sarà oggetto di verifica”“Preoccupante la situazione in termini di sicurezza dei dati e di privacy degli utenti” ha scritto su Facebook Giorgia Meloni, secondo cui “oltre al danno di ricevere poco più di un’elemosina, ora migliaia di lavoratori rimasti senza reddito sono costretti a subire un vero e proprio calvario digitale per avere dallo Stato i pochi euro che il governo ha stanziato. Purtroppo – ha aggiunto la leader di Fdi – non è un pesce d’aprile, ma una drammatica verità“.

L’intervento del Garante

A esprimersi sulla vicenda con parole non equivocabili è stato anche il Garante della privacy Antonello Soro: “Siamo molto preoccupati per questo gravissimo data breach. Abbiamo immediatamente preso contatto con l’Inps e avvieremo i primi accertamenti per verificare se possa essersi trattato di un problema legato alla progettazione del sistema o – ha aggiunto – se si tratti invece di una problematica di portata più ampia. Intanto è di assoluta urgenza che l’Inps chiuda la falla e metta in sicurezza i dati”. Per Soro, “quella della mancanza di sicurezza delle banche dati e dei siti delle amministrazioni pubbliche è una questione che si ripropone costantemente, segno di una ancora insufficiente cultura della protezione dati nel nostro Paese”.

Tridico e Gnecchi: quelli che volevano 206mila euro 

La nomina – politica – è stata delicata, con la poltrona rimasta vacante per un mese. Il provvedimento, alla fine, è stato firmato dal ministro del Lavoro di concerto con l’Economia e Tridico si è insediato. Ma qual è stato il problema? I soldi. Il M5S, all’epoca, voleva chiudere la partita con la massima velocità possibile, anche in vista della partenza del Reddito di cittadinanza. La nomina, però, si è arenata sulla scrivania del ministro Tria per “problemi sui compensi”.

Il provvedimento del Governo prevedeva al commissario Inps Tridico e al subcommissario Francesco Verbaro lo stesso stipendio del presidente uscente Tito Boeri: 103 mila euro lordi all’anno. Come chiarisce il decretone reddito-pensioni che contiene anche la norma con il ritorno del cda a 5 membri per Inps e Inail, doveva essere divisa due. E invece era stata attribuita a ciascuno, portando il totale a 206 mila euro. E lo stesso stipendio è destinato anche alla vice presidente dell’Inps, Gnecchi. 

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