Coronavirus, quando nella Lombardia di Formigoni un documento rilevava le criticità del sistema
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Delle criticità del sistema sanitario e, più in generale, del sistema Italia di fronte a un rischio pandemico, si sapeva da tempo. Almeno nei palazzi del potere lombardo. Un piano che si era già dimostrato ampiamente inefficiente e che non è mai stato “sanato”. E oggi, con la pandemia da Coronavirus, se ne pagano le conseguenze.  

Un’arma che Regione Lombardia avrebbe dovuto utilizzare per la gestione della pandemia del Covid-19 e che, a quanto pare, non era all’altezza della drammaticità della situazione.

E, leggendo la Valutazione Piano Pandemico Regionale del 22 dicembre 2010″, si evincono gli errori e le disfunzioni evidenziati durante la pandemia di H1N1 del 2011.

Il documento, licenziato ancora sotto Roberto Formigoni, “si impone come una attenta riflessione ed analisi per procedere ad una eventuale ‘manutenzione’ del Piano Pandemico Regionale, affinché si faccia tesoro delle criticità insorte e delle soluzioni individuate nel corso d’opera e ritenute più adeguate all’evento rispetto a quelle programmate nel piano”.

Si tratta, in sostanza, di un audit che analizza i successi e gli insuccessi dell’allora Piano Pandemico Regionale esistente rispetto alla pandemia di H1N1, datato 2009. Il documento riporta e confronta “le azioni previste, quelle realmente attuate nel corso dell’influenza, le motivazioni dello scostamento”.

E di “scostamenti” se ne erano registrati parecchi.

Il piano (sulla carta) prevedeva di “definire modalità di rilevazione campionaria di: accessi al pronto soccorso e ricoveri; mortalità, assenteismo lavorativo e scolastico”, insomma il modo per dare alla cabina di regia regionale il quadro generale della situazione sanitaria. Purtroppo, però, nella colonna delle disfunzioni si legge: “Non fornite indicazioni specifiche. Non identificato il campione rappresentativo. Non avviata la sorveglianza su assenteismo lavorativo. Non avviato un sistema di rilevazione degli accessi di mortalità”. E ancora, alla voce “Censire e monitorare i posti letto U.O. (unità operative, ndr) malattie infettive e reparti di medicina”, si annota “I piani ASL/strutture sanitarie non erano aggiornati; in alcuni casi non presenti o poco operativi i piani ospedalieri”.

L’assistenza domiciliare integrata

Molto peggio va per la “definizione delle modalità di incremento dell’assistenza domiciliare integrata” che già allora registrava “un’assenza di azioni specifiche”. Assistenza che risulta fondamentale oggi in Lombardia e che la Regione non riesce ad assicurare ma che tutti indicano come fondamentale per contenere il contagio e non intasare gli ospedali. Un fallimento che ha riguardato anche la comunicazione capillare a ospedali e Asl delle indicazioni nazionali e internazionali dei Piani di Terapia.

Pesanti carenze anche nei rapporti con le Residenze sanitarie assistenziali, le case di riposo dove oggi si stanno registrando decine di decessi.

Nel 2011 il piano prevedeva di “Definire accordo-quadro gestori RSA per aumento assistenza medica ed infermieristica finalizzata al contenimento dei ricoveri”. Tuttavia si era registrata un’“assenza di azioni specifiche”.

Chi doveva provvedere alle mascherine?

Il documento fa luce anche sulla questione della sicurezza personale, ovvero identifica chi doveva provvedere a mascherine, camici, guanti ecc…, se la Regione o il Governo centrale.

Nella sezione “Misure Generali” si legge infatti che a “Regione Lombardia” spettava di:

“Definire in base ai differenti livelli di allarme ed in coerenza con le indicazioni nazionali l’adozione di misure generali come:

  • utilizzo mascherine in ambito sanitario;
  • Limitazione raduni o accesso a strutture sanitarie e socio-sanitarie da parte di visitatori;
  • Interruzione della frequenza scolastica.

 Le Asl, invece, avevano il compito di definire:

  • Il fabbisogno dei presidi di protezione,
  • Le modalità di approvvigionamento, stoccaggio, distribuzione,
  • Le dotazioni di un quantitativo adeguato di scorta per la distribuzione ai MMG (Medici di Medicina generale) e PLS (Pediatri di libera scelta)
  • Nb: per l’ambiente ospedaliero ciascuna struttura di ricovero dovrà provvedere in proprio.”

La Regione Lombardia doveva anche provvedere all’“individuazione dei siti di immagazzinamento e del piano di distribuzione per il conferimento entro 4 ore nei siti di richiesta” dei farmaci antivirali, mentre le Asl dovevano “definire un piano di stoccaggio e distribuzione“.

“Il Piano prevedeva che questi strumenti fossero già disponibili al verificarsi del passaggio 4 (cioè nelle prime fasi di emergenza, ndr): sono stati creati strada facendo con grande dispendio di energie/risorse”.  

Il Piano pandemico regionale del 2 ottobre 2006 è stato aggiornato il 16 settembre 2009 e rivisto nel 2011 e da allora mai più toccato.

Peccato che con la riforma della sanità voluta da Regione Lombardia nel 2015, le Asl sono sparite, divenendo Ats (Agenzie di tutela della salute), si sono cioè trasformate da braccio attivo della politica sanitaria ad agenzie di mero controllo burocratico e amministrativo (da qui il temine “agenzia”) sull’attività degli ospedali.

E oggi si sconta l’impreparazione dimostrata dalla regione più ricca d’Italia davanti al Coronavirus.

Di admin

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