De Cecco, storie di pasta, ingressi in Borsa e dossier
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De Cecco è il terzo produttore mondiale di pasta dopo Barilla ed Ebro Foods. In questo periodo, come abbiamo raccontato, l’azienda è sotto il fuoco incrociato di Procura e Antitrust.

Non solo l’inchiesta che ha investito i vertici del colosso alimentare di Fara San Martino ma anche l’apertura di un fascicolo per frode in commercio.

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L’Antitrust del dicembre scorso aveva invitato il colosso della pasta a una più incisiva trasparenza nei confronti dei consumatori sulla provenienza della materia prima.

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L’azienda, con 859 dipendenti, è posseduta dai tre rami della famiglia del fondatore Giovanni, con le azioni distribuite tra 22 parenti. Nel 2019 il gruppo ha prodotto 200mila tonnellate di pasta che ha esportato in 120 Paesi. Il sogno dei De Cecco è di approdare in Borsa ma, per due volte in 12 anni, la quotazione è stata rinviata. Come riferisce Il Fatto, il fondo di private equity Advent aveva condotto una due diligence mirata all’acquisto di una quota di minoranza.

L’obbligazione del 2018

Siamo a novembre del 2018. Il Gruppo De Cecco perfeziona l’emissione di due prestiti obbligazionari per un ammontare complessivo di 25 milioni di euro. Proventi che “contribuiranno al piano di crescita del Gruppo De Cecco nei prossimi anni” dicono dall’azienda. Fondi che serviranno a finanziare investimenti in ricerca, sviluppo, innovazione, tutela dell’ambiente ed efficientamento energetico. Operazione promossa da Banca Popolare di Bari in qualità di advisor, arranger e collocatore unico.

In particolare, la capogruppo F.lli De Cecco di Filippo emette un prestito obbligazionario senior unsecured di 21 milioni di euro sottoscritto da 15 investitori ed ammesso alla quotazione nel segmento ExtraMot Pro di Borsa Italiana. Cassa depositi e prestiti SpA, anchor investor dell’operazione, ha sottoscritto il bond per un controvalore di 12,5 milioni di euro; altri sottoscrittori sono stati Ersel Sim SpA, Consultinvest Asset Management SGR SpA, Confidi Systema! SC, Volksbank e Banca Popolare di Bari ScpA.

“L’emissione di due nuovi prestiti obbligazionari – dichiarò il Cavalier Filippo Antonio De Cecco, presidente del Gruppo De Cecco – dimostra ancora una volta il forte interesse che gli investitori istituzionali, e più in generale il mercato, manifestano nei confronti della nostra realtà e nelle strategie di sviluppo che il management sta implementando, con particolare riferimento all’ulteriore processo di internazionalizzazione nel solco di uno stretto connubio tra tradizione ed innovazione. Ringrazio la Banca Popolare di Bari che ha promosso l’operazione e ne ha seguito l’evoluzione, aiutandoci a raggiungere un importante obiettivo in termini di diversificazione finanziaria, e i sottoscrittori, in particolar modo Cassa depositi e prestiti, per il suo ruolo di anchor investor”.

Il primo mancato sbarco in Borsa

La famiglia, però, non ha mai mollato la presa. Il primo progetto di quotazione del dicembre 2007 fu fermato a febbraio 2009. Nel 2008 la fusione delle controllate Molino, Delfin e Prodotti Mediterranei nell’allora controllante La Fara creò plusvalenze da consolidamento per 160 milioni contabilizzati come riserve. Nel 2008 la Guardia di finanza contesta la “presunta elusività dell’operazione di fusione inversa per incorporazione dell’ex controllante” per la quale nel 2012 la De Cecco ha pagato 14,1 milioni all’Agenzia delle Entrate. Il 25 febbraio 2009 l’Antitrust ha multato l’azienda per 1,4 milioni, insieme ad altri pastifici e all’Unione industriali pastai.

Dal 2008 al 2019 i ricavi consolidati sono cresciuti da 319 a 458 milioni e l’utile da 8,5 a 13,7, mentre i crediti verso clienti sono scesi da 67 a 33.

Il secondo mancato sbarco in Borsa

Il monarca dell’azienda, Filippo Antonio De Cecco, il 28 giugno 2016 invia una mail a tutti i dirigenti nella quale stabiliva che “qualsiasi informazione richiesta a ciascuno di voi per relative aree di competenza” dal presidente dell’organo di vigilanza 231 “dovrà essere prodromicamente autorizzata per iscritto dal sottoscritto”. A maggio 2018, alla vigilia dell’entrata in Borsa, la De Cecco assume come amministratore delegato, Francesco Fattori, manager di lungo corso in multinazionali alimentari.

Fattori si scontrò con forti resistenze interne tanto che alcuni soci chiesero la convocazione del consiglio di amministrazione per togliere le deleghe al presidente. Il 9 aprile Filippo Antonio, il fratello Giuseppe Adolfo e Giuseppe Alfredo De Cecco denunciarono per rivelazione di segreto aziendale Fattori. Il giorno dopo la Procura di Pescara fa scattare a suo carico perquisizioni personali, locali e informatiche. Fattori fu licenziato. Dal 2018 dalla De Cecco sono usciti per dimissioni o licenziamento 15 dirigenti, quasi tutta la prima e buona parte della seconda linea, oltre a una ventina di altri funzionari.

L’arrivo di Gianni Letta nel cda

La famiglia societaria è spaccata in due. Il 22 gennaio scorso, i due ad Saturnino e Giuseppe Aristide De Cecco, unici membri del Cda insieme al presidente, si sono dimessi da consiglieri. “I cambiamenti nell’organizzazione aziendale” e “l’assenza di un flusso informativo adeguato dal presidente non ci consentono di proseguire nel mandato. Le numerose attività del presidente, in assenza di condivisione e informazione del cda anche sull’organizzazione aziendale, hanno contribuito all’alterazione, allo stato attuale irreversibile, degli equilibri di gestione” scrivono.

All’assemblea del marzo scorso, Filippo Antonio si presenta come socio di maggioranza relativa con il 23,59%. Insieme a lui, Giuseppe Adolfo e Giuseppe Alfredo nel nuovo cda sono entrati Annunziata De Cecco, Eugenio Ronco Municchi e il dirigente Adriano Consalvi. Poi tre esterni: l’abruzzese Gianni Letta, Mario Boselli, presidente onorario della Camera nazionale della moda, e Bruno Pavesi, ex consigliere delegato dell’Università Bocconi.

I dossier

Nel maggio del 2006 l’agenzia investigativa Tony Ponzi riceve dal “committente presidente Filippo Antonio De Cecco” l’incarico a svolgere indagini private, costate 120mila euro e condotte tra giugno e luglio. Una riguardava la vita privata del vicepresidente Giuseppe Aristide De Cecco. Un’altra, non connessa alla prima, la vita privata di una dipendente del ristorante Le Paillotes, di proprietà del presidente, e di suo marito. Il 4 marzo scorso si scopre una microspia nell’ufficio di Filippo Antonio De Cecco.

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