Emergenza Covid: i verbali del Comitato Tecnico Scientifico e le decisioni -autonome- di Conte
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Prima i verbali secretati. Poi la finta desecretazione. Successivamente si scopre che mancano gli atti più importanti. Si scopre, quindi, che il Conte-bis ignorò a marzo scorso le indicazioni del Comitato tecnico-scientifico di istituire la zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro. Fatti gravi a cui l’esecutivo cerca -in queste ore- di mettere una toppa. Ma il buco, sulla gestione dell’emergenza covid, è troppo grande.

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È il 3 marzo. L’epidemia di coronovirus è già esplosa in Lombardia con tutta la sua violenza. Il Cts si riunisce e in un verbale e fornisce il quadro di quanto accade in quella riunione, con tanto di dettagli e contatti tra le istituzioni che compongono la catena di comando nella gestione dell’emergenza Covid.

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Si legge. “Nel tardo pomeriggio sono giunti all’Istituto Superiore di Sanità i dati relativi ai Comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Al proposito è stato sentito per via telefonica l’assessore Gallera e il direttore generale Cajazzo che confermano i dati relativi all’aumento. I due Comuni si trovano in stretta prossimità di Bergamo e hanno una popolazione rispettivamente di 13.639 e 11.522 abitanti. Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molte probabilità ascrivibili a un’unica catena di trasmissione. Ne risulta pertanto che l’R0 (cioè l’indice di contagio, ndr) è sicuramente superiore a 1, il che costituisce un indicatore di alto rischio di ulteriore diffusione del contagio. In merito il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei Comuni della zona rossa al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue. Questo criterio oggettivo potrà, in futuro, essere applicato in contesti analoghi”.

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Insomma, il Cts è chiaro e chiede al governo rigide misure, ad hoc, per una delle zone più martoriate d’Italia dal virus che colpisce i polmoni. La Valle Seriana bergamasca diventerà l’epicentro del Covid. Ma l’appello non viene raccolto dall’esecutivo nazionale, che poi, come rivendicato più volte dal premier Conte, opta per una soluzione diversa. Cinturare l’intera Lombardia. Con una zona arancione che poi diventerà, insieme al resto d’Italia, rossa.

Il 5 marzo in provincia di Bergamo arrivano 370 componenti delle forze dell’ordine tra poliziotti, carabinieri e finanzieri per l’eventuale chiusura, che sembrava ormai cosa fatta, di Nembro e Alzano. Chiusura che però non scatterà mai.  

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Verbale Comitato tecnico-scientifico Covid

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È il giorno e l’ora in cui Giuseppe Conte annuncia il lockdown. Tutta Italia diventa “zona protetta”. La zona arancione comprende la Lombardia e undici province di Emilia Romagna, Piemonte, Veneto e Marche e viene istituita la notte tra il 7 e l’8 marzo dopo la grande fuga sui treni verso il Sud. Il Comitato tecnico scientifico, appena due giorni prima, aveva suggerito “due livelli diversi di misure di contenimento: uno nei territori in cui si è osservata ad oggi maggiore diffusione del virus, l’altro sull’intero territorio nazionale”. Il premier scelse la strada della prudenza estrema firmando un Dpcm che — a differenza degli altri — non cita alcun verbale del Cts a supporto.

La ‘riservata’ inviata al ministro della Salute

La “riservata” porta la data del 7 marzo e viene inviata dal Cts al ministro della Salute Roberto Speranza. Si tratta di uno di quei documenti che la Protezione civile non aveva voluto rendere pubblici e che solo ora Palazzo Chigi ha deciso di consegnare agli avvocati della Fondazione Luigi Einaudi, che si erano visti riconoscere dal Tar del Lazio il diritto all’accesso agli atti a supporto dei Dpcm emanati dal premier. Si tratta di cinque verbali, 200 pagine, dal 28 febbraio al 9 aprile. Mancano quelli precedenti (i più importanti, che dovrebbero raccontare la verità sulla mancata istituzione della zona rossa ad Alzano e Nembro) ma anche i successivi. “Sempre trasparenti, abbiamo consegnato tutto quello che ci è stato chiesto”.

L’avvocato Rocco Todero, uno dei legali della Fondazione, spiega: “Abbiamo chiesto l’accesso agli atti di cui abbiamo appreso l’esistenza perché citati nei provvedimenti del governo. Non potevamo chiedere quelli ( come ad esempio Alzano e Nembro) di cui non eravamo a conoscenza né quelli successivi al nostro ricorso. Però adesso — visto che il Tar ci ha dato ragione e ha riconosciuto il diritto dei cittadini alla conoscenza — sarebbe bene che autonomamente il governo decidesse di rendere pubblici anche tutti gli altri atti senza bisogno che glieli si chieda. Atti, è doveroso dirlo, su cui non è mai stato apposto alcun segreto di Stato. Sarebbe un gesto di trasparenza”.

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Per il Comitato tecnico scientifico “misure di contenimento del virus più rigorose rispetto a quelle da applicarsi nell’intero territorio nazionale” andavano limitate alla Lombardia e alle province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia, Modena, Pesaro Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria e Asti. Ma la distinzione durò lo spazio di quel weekend di marzo.

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