Giuseppe Conte non era l'uomo nuovo. Gli intrecci con Acqua Marcia Spa e la consulenza da 400mila euro
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Giuseppe Conte, dopo l’ingresso trionfale nei 5 stelle, è finito nel mirino di Piero Amara. L’avvocato siciliano è al centro di un sistema di relazioni tra consiglieri di Stato e aziende, vicende Eni fino alle sentenze pilotate al Consiglio di Stato. Amara è coinvolto in diversi procedimenti penali e deve scontare in carcere quasi 4 anni.

Amara è diventato il grande accusatore: ai pm ha raccontato le vicende che coinvolgono politici di partiti diversi, giudici e, appunto, quelle che riguardano l’ex premier Giuseppe Conte. Il leader del Movimento 5 stelle ha confermato gli incarichi svolti prima di diventare presidente del Consiglio.

Amara avrebbe detto ai Pm di aver “raccomandato” Giuseppe Conte per fargli ottenere nel 2012 e 2013 consulenze dal Gruppo Acqua Marcia Spa (la più antica società immobiliare italiana) pagate circa 400mila euro. Cifra legittima, secondo il testimone, ma sospetta. E non solo. Sarebbe stato Michele Vietti, ex Udc, vicepresidente del Csm nel 2010, a fare il nome di Conte. Vietti, a quanto pare, sapeva che Francesco Bellavista Caltagirone, che controllava Acqua Marcia, doveva far omologare dal tribunale di Roma il concordato preventivo della sua società. Secondo Amara la nomina di Conte come avvocato di Acqua Marcia (insieme a Guido Alpa ed Enrico Caratozzolo) era condizione fondamentale “per riuscire a ottenere l’omologazione del concordato stesso”.

Ma Conte annuncia querela per calunnia

“Mai visto Amara in vita mia, non ho avuto rapporti professionali nemmeno con Vietti. Quanto percepito è congruo” dice Conte. Pure Vietti smentisce: “Amara mente”. Anche i pm sanno che le sue dichiarazioni vanno prese con le pinze però da altre verifiche emerge che Fabrizio Centofanti (l’imprenditore accusato di aver corrotto Palamara e che nel 2012 era a capo delle relazioni istituzionali di Acqua Marcia) ha davvero ricevuto da Amara la richiesta di incaricare Conte.

Il documento del 2012

Nell’ipotesi che Amara menta c’è, però, una lettera del 2012 nella quale Centofanti scrive a Conte per chiedergli formalmente il “conferimento di un incarico professionale per la società dell’Acqua Pia Antica Marcia Spa”. Due anni dopo Conte agevolerà anche l’acquisizione dell’hotel Molino Stucky di Venezia, controllato da Acqua Marcia, da parte dello sconosciuto imprenditore pugliese Leonardo Marseglia. Sicuramente non c’era un conflitto di interessi per Conte ma i suoi comportamenti non sono molto vicini all’idea di “trasparenza” del Movimento 5 stelle.

L’ex premier, da parte sua, respinge tutte le illazioni: “Attività pienamente lecita”. Secondo l’ex premier si tratta di una vendetta di De Benedetti: “Gli affari li concludono gli imprenditori”, come l’editore di Domani De Benedetti: “Da presidente del Consiglio non mi sono mai concesso il piacere di incontrarlo privatamente, pur sollecitato varie volte a farlo. Ma come lei sa mi sono dovuto dedicare a tempo pieno ai bisogni del popolo, di qui la rinuncia di cui l’ingegnere mi sta ripagando amabilmente”.

Di Matteo e la lettera anonima

Al plenum del Csm il consigliere indipendente Di Matteo informa i colleghi di quello che definisce un “fatto personale: nei mesi scorsi ha ricevuto un plico anonimo, tramite spedizione postale, contenente la copia informatica e priva di sottoscrizione dell’interrogatorio di un indagato risalente al dicembre 2019 dinanzi a un’autorità giudiziaria”. Nella lettera che accompagnava il faldone, ha spiegato l’ex pm di Palermo, “quel verbale veniva ripetutamente indicato come segreto“. Con quale contenuto? “Nel contesto dell’interrogatorio l’indagato menzionava in forma evidentemente diffamatoria, se non calunniosa, circostanze relative a un consigliere di questo organo“. Di Matteo ha quindi spiegato di aver subito contattato la procura competente, cioè quella di Perugia, per riferire i fatti. Il suo timore, infatti, è che “tali dichiarazioni e il dossieraggio anonimo” possano “collegarsi a un tentativo di condizionamento” dell’attività di Palazzo dei Marescialli.

I dossier con le parole di Amara

In quei verbali inviati al Csm ci sono quelli resi alla procura di Milano da Amara. I giudici stanno indagando sulle presunte attività di depistaggio per condizionare le indagini sul caso Eni-Nigeria. Amara è stato arrestato l’ultima volta nel febbraio del 2020 perché doveva scontare un cumulo pena di 3 anni e 8 mesi per le condanne inflittegli nei procedimenti relativi alle sentenze pilotate al Consiglio di Stato e al Sistema Siracusa. L’indagine aveva svelato una sorta di accordo tra pm e avvocati per pilotare indagini e fascicoli. Amara è considerato il “regista” di una serie di episodi di corruzione per aggiustare sentenze anche davanti ai giudici amministrativi. Da qualche tempo sta riempiendo verbali su verbali davanti a numerose procure: Milano, Roma e Perugia. Molte delle accuse che ha messo a verbale sono state già considerate non credibili.

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Le accuse a Conte

Tra le accuse messe a verbale da Amara anche quella ai danni di Sebastiano Ardita. Secondo Amara il magistrato, consigliere di Palazzo del Marescialli e tra i leader della corrente Autonomia e Indipendenza, è iscritto a una loggia massonica. Accuse che lo stesso Ardita, ex procuratore aggiunto a Catania e Messina, ha completamente smontato date alla mano davanti ai pm di Perugia. Ardita ha dimostrato per tabulas che le accuse di Amara sono fasulle. Nei verbali di Amara, però, c’è anche altro. Ci sono le accuse, raccontate dal quotidiano Domani, all’ex premier Giuseppe Conte. Quella, appunto, di aver “raccomandato” il futuro presidente del consiglio – all’epoca un avvocato civilista noto per la sua collaborazione con lo studio Alpa – per fargli ottenere una consulenza dalla società Acqua Marcia.

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