Giuseppe De Benedictis, il giudice che sentenziava dopo gli accordi con gli imputati
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Le sentenze preparate in anticipo e dopo aver trovato un accordo con gli imputati. Così il giudice Giuseppe De Benedictis non disdegnava di intrattenere rapporti di affari anche con soggetti che aveva fatto arrestare.

Oltre a questioni di opportunità ci potrebbero essere anche risvolti penali nelle migliaia di pagine depositate dalla Procura di Lecce. Atti dell’inchiesta che il 24 aprile ha fatto finire in carcere Giuseppe De Benedictis e l’avvocato barese Giancarlo Chiariello, accusati di corruzione in atti giudiziari.

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De Benedictis, il 13 maggio, è stato destinatario di una seconda ordinanza cautelare, che ha riguardato anche il caporal maggiore dell’Esercito Antonio Serafini, per la detenzione di un arsenale da guerra in una masseria di Andria.

Le due inchieste procedono parallelamente: una è condotta dai carabinieri, l’altra dalla polizia. Sarà valutata quale delle tante questioni apparentemente illecite emerse meritino approfondimento investigativo e anche su quali persone debbano concentrarsi ulteriori indagini.

Sulle scarcerazioni di pregiudicati ordinate da De Benedictis pare ce ne siano più di quattro. Come dimostrano, per esempio, le intercettazioni relative a un incontro avvenuto a inizio gennaio tra il giudice, l’amico carabiniere in pensione e alcuni imprenditori.

Intercettazioni

In quella circostanza, l’allora gip si lamentava del fatto di avere preparato una sentenza nei confronti del rappresentante legale di una nota società barese, imputato per omesso versamento dei tributi, e di non averla potuta utilizzare perché l’avvocato dell’uomo non aveva chiesto l’abbreviato.

De Benedictis: “Poi glielo dissi all’avvocato perché non hai fatto…?”

Amico: “Perché non ero sicuro…”

De Benedictis: “E che non eri sicuro? Uhè trimone e ti dovevo dire io in aula fai l’abbreviato?”. “Ma tu mi hai fatto studiare le carte, mi hai fatto scrivere… La cosa brutta è che mi hai fatto perdere otto ore di lavoro e io la dovevo depositare quel giorno stesso”.

L’accordo, a quanto pare, prevedeva che l’imputato chiedesse l’abbreviato e in relazione a questo De Benedictis si sarebbe portato avanti con il lavoro, scrivendo la sentenza ancora prima dell’udienza e quindi senza ascoltare il pubblico ministero né le parti in causa. Ma poi l’uomo aveva chiesto il rito ordinario e quindi l’udienza era stata rinviata. La soluzione per accontentare l’amico, però, sarebbe stata trovata ugualmente: “L’ho mandata alla lunga, in modo che si prescrive…”.

Un altro caso simile ha riguardato un dispositivo preparato molto prima che l’udienza fosse discussa. Sarebbe quello relativo a un conoscente del carabiniere Nicola Soriano, in servizio alla sezione di polizia giudiziaria della Procura e indagato per corruzione in atti giudiziari e rivelazione di atti coperti da segreto. In questo caso la conversazione rivelatrice viene intercettata il 6 luglio 2020 e riguarda un processo che si sarebbe dovuto tenere il 29 dello stesso mese.

“Hai già preparato già la sentenza?”, chiedeva il militare, cercando di capire anche come l’avrebbe motivata: “Per non aver commesso…? Cosa devi scrivere? No, senza prescrizione…”. “No, che prescrizione — rispondeva il magistrato — a ciascuno il mestiere suo”.

Soriano chiedeva poi se poteva avvisare l’amico dell’imminente assoluzione ma, sul punto, De Benedictis era cauto:

“Per ora non gli dici niente, ancora dice qualche parola di troppo…”.

Meno attento, invece, il giudice era stato quando a inizio febbraio aveva incontrato Manlio Cassandro, agronomo di Barletta che, proprio De Benedictis, aveva fatto arrestare a settembre nell’ambito dell’operazione ‘Grande Carro’, relativa alle infiltrazioni di clan foggiani nelle imprese agricole che per anni hanno ottenuti fondi comunitari.

A organizzare l’incontro era stato il solito carabiniere in pensione, che aveva avuto cura di utilizzare delle scuse per prendere gli appuntamenti al telefono.

“Pinu’ io domenica devo fare di nuovo un po’ di ricotta, invece di sabato vieni domenica”, diceva l’ex militare al magistrato, dopo aver preso appuntamento con l’imprenditore per lo stesso giorno.

Da queste frasi è scattata la necessità di monitorare le conversazioni di Cassandro, sia quelle effettuate nelle sue due auto che quelle telefoniche.

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