I numeri delle statistiche, compresa quella di quest’anno, danno ragione a chi, da anni ormai, vuole mettere mano alla responsabilità civile dei magistrati. Ci hanno provato tutti gli schieramenti ma sempre senza successo.
La Lega e i Radicali con i referendum, che però la Consulta ha respinto. Adesso ci riprovano con la riforma del Csm, anche mettendone a rischio l’approvazione. Perché le condanne per responsabilità civile praticamente non esistono. Non arrivano a dieci. Si fermano a otto. Tante sono le condanne per responsabilità civile indiretta dal 2010 a oggi, in cui alla fine paga lo Stato, e non il magistrato coinvolto, che però dovrà restituire la metà dell’importo. Su 644 cause avviate contro lo Stato, in media 57 all’anno, in 12 anni, ci sono state appunto soltanto otto condanne.
Il vice segretario, nonché responsabile Giustizia di Azione, il deputato Enrico Costa, tiene minuziosamente il conto di come funziona la macchina della responsabilità civile. “Una presa in giro” esordisce lui. Che dopo aver letto gli ultimi dati disponibili – quelli che racconta a Repubblica – conferma la sua intenzione di chiedere alla ministra della Giustizia Marta Cartabia di cambiare le regole in vigore approfittando subito della riforma del Csm. È quello che vorrebbero fare anche Lega e Forza Italia. Volendo fare una previsione c’è da scommettere che la Guardasigilli dirà di no. E altrettanto faranno il Pd e il M5s. Disponibili Forza Italia e Lega. Ma stavolta Costa potrebbe anche andare oltre.
La Consulta, il 16 febbraio, ha bocciato il quesito sulla responsabilità civile proposto dai Radicali e dalla Lega.
Era uno dei sei referendum sulla giustizia. Ma per la Corte la domanda agli elettori era “manipolativa e creativa”. Perché attraverso l’abrogazione parziale delle norme in vigore sarebbe stata introdotta una disciplina giuridica del tutto nuova. Quindi non voluta dal legislatore, e perciò frutto appunto di una “manipolazione” non consentita. Per i proponenti è stato uno smacco, perché proprio il quesito sulla responsabilità civile aveva più chance degli altri di passare. Nel 1987, sempre proposto dai Radicali, il quesito di allora ottenne l’80,27% dei sì, ma poi un anno dopo arrivò la doccia fredda della legge Vassalli, con la responsabilità indiretta.
I dati
Dati alla mano, Costa li legge così: “Dal 2010 a oggi ci sono state 154 pronunzie definitive (a maggio 2021 erano 129). Un solo numero resta invariato, fisso, quello delle condanne. Dal 2010 a oggi lo Stato ha subito solo 8 condanne. Nell’ultimo anno sono diventate definitive 25 nuove sentenze: nessuna condanna, e quindi zero per lo Stato”. E ancora: “I numeri ci dicono che dal 2010 fino a oggi solo l’1,2% delle cause iscritte contro i magistrati si è conclusa con una condanna definitiva. Alcune certamente si sono infrante contro il filtro di ammissibilità, soppresso poi dalla riforma del 2015, altre sono state rigettate, altre sono ancora in corso. Ma la tendenza è chiara. In Tribunale, su 82 sentenze si registrano solo 3 condanne, in Appello 18 sentenze e zero condanne, in Cassazione 31 sentenze e 5 condanne”.
Scorrendo l’elenco dei dati città per città si scopre che gli uffici giudiziari con il maggior numero di ricorsi per responsabilità civile sono quelli di Roma con 186 casi, seguiti da quelli di Perugia con 143 e di Caltanissetta con 45. Si scende poi ai 35 di Genova, ai 30 di Potenza, ai 26 di Brescia, ai 18 di Napoli, ai 17 di Catanzaro.
La legge va cambiata, e la responsabilità deve diventare “diretta”, senza alcun filtro. Toga che perde, paga il conto.