Inchiesta Covid: il piano pandemico mai aggiornato e i seimila morti
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Nell’arco temporale che va da fine febbraio all’aprile 2020, nella Bergamasca si registrò l’eccesso di mortalità di 6.200 persone rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti.

Inchiesta Covid. Impressi nella mente restano le immagini drammatiche dei camion militari che di notte, partendo da Bergamo, portavano in altre città d’Italia le bare che nessun cimitero della zona poteva più contenere.

“È stato accertato gravi omissioni da parte delle autorità sanitarie, nella valutazione dei rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia”. 

A dirlo è il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani. Omissioni che adesso si traducono in una chiusura indagini che coinvolge i vertici del governo e della Regione Lombardia dell’epoca.

Le indagini “sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti” spiega Chiappani. “Nonché migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti”. Un’attività che ha consentito di ricostruire i fatti a partire dal 5 gennaio 2020, quando l’Oms aveva lanciato l’allarme globale a tutti i paesi e che si è avvalsa di una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e ora senatore del Pd.

Mancata zona rossa a Bergamo e morti nelle Rsa: i nodi dell’inchiesta

Il lavoro d’inchiesta ha riguardato tre livelli, uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale con le audizioni a Roma di Conte, Speranza i veri tecnici e anche l’ex ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Gli inquirenti e gli investigatori della Guardia di Finanza stanno accertando le colpe dei morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell’ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore. E soprattutto indagano sulla mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano oltre ai mancati aggiornamenti del piano pandemico, fermo al 2006. Se fosse stato applicato quello esistente, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid.

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Riguardo alle omissioni, come ha sottolineato Crisanti nella sua consulenza in base a un modello matematico, se fosse stata istituita la zona rossa in Val Seriana, al 27 febbraio  i morti sarebbero stati 4.148 in meno e al 3 marzo 2.659 in meno.

Diciassette indagati

Tutte le persone coinvolte che con l’Oms davano indicazioni discordanti e che si sono trovate a gestire la peggiore emergenza sanitaria da cent’anni a questa parte. Delle ragioni (tante) dei magistrati danno conto le cronache. E non c’è dubbio che 6000 e passa morti in eccesso registrati in quell’area nei primi mesi dell’emergenza meritano una risposta.

L’insipienza dell’Oms

Si potevano evitare le conseguenze? Innanzitutto, l’allarme arriva dalla Cina troppo tardi. L’Oms che ha osservatori in tutto il mondo dov’era?

Zone rosse

I magistrati si chiedono il perché del tira e molla sulle zone rosse e le chiusure. Magari gli scienziati avrebbero voluto chiuderci tutti in casa già dalla fine di febbraio del 2020. La politica era pronta a farlo? No, senza i morti che si accumularono poi nei giorni seguenti.

E, comunque: di chi è colpa se in Lombardia tutti sembravano più preoccupati del Salone del mobile che non di Sars Cov-2?

La regione

In Lombardia nessuno ha saputo cosa fare per mesi. E persino sulla campagna vaccinale, un anno dopo, nessuno sapeva cosa fare. Poi ci sono gli anziani e i fragili. Perché loro hanno pagato il tributo più alto nella bergamasca e ovunque. Perché senza una medicina territoriale, senza una rete per la presa in carico dei malati cronici nessuno può nulla di fronte a un virus respiratorio che si diffonde capillarmente di metro in metro nelle campagne, nelle valli, in montagna e nelle città.

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