Case di riposo: l'esempio lombardo e le zone d'ombra
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Le case di riposo in Italia sono strutture che offrono assistenza e cura a persone anziane o disabili che non sono più in grado di vivere autonomamente nelle loro case.

Le case di riposo. Di solito, queste strutture sono gestite da enti pubblici o privati, e possono essere suddivise in diverse categorie in base ai servizi e alle cure che offrono.

Le case di riposo possono essere suddivise in base al tipo di assistenza fornita:

  1. Residenze sanitarie assistenziali (RSA): sono strutture che offrono servizi di assistenza medica e infermieristica, come cure per la cura delle lesioni, somministrazione di farmaci, terapia fisica e riabilitazione.
  2. Case di riposo per anziani: sono strutture che offrono servizi di assistenza non medica, come pasti, pulizia, servizi di lavanderia e attività ricreative.
  3. Case di cura per disabili: sono strutture che offrono assistenza e cura a persone con disabilità fisiche o mentali.
  4. Comunità alloggio per anziani: sono strutture dove gli anziani vivono insieme in appartamenti privati, ma condividono alcune aree comuni come la cucina e il salotto. Questo tipo di struttura promuove l’indipendenza degli anziani, ma offre anche supporto e servizi di assistenza.

Le alternative alle case di riposo includono:

  1. Assistenza domiciliare: questo tipo di assistenza prevede che le persone anziane o disabili ricevano assistenza e cura direttamente a casa loro. Ci sono diverse organizzazioni e servizi pubblici o privati che offrono servizi di assistenza domiciliare.
  2. Centro diurno: sono strutture dove le persone anziane o disabili trascorrono il giorno, ma tornano a casa la sera. Questi centri offrono servizi di assistenza e attività ricreative durante il giorno.
  3. Residenza assistita: sono strutture che offrono assistenza e cura, ma dove gli anziani o i disabili hanno il loro appartamento privato. In questo tipo di struttura, le persone assistite possono vivere in modo più indipendente rispetto alle case di riposo.

In ogni caso, la scelta dipenderà dalle necessità specifiche della persona e dalle opzioni disponibili nella propria zona.

L’esempio Lombardia

Quasi 1,2 milioni di over 75, è la Regione con più anziani d’Italia. E grazie alla crescita dell’aspettativa di vita diventeranno 1,3 milioni già nel 2030. Antonio Sebastiano, alla guida dell’Osservatorio sulle Rsa della Liuc, ha spiegato a Dataroom come funzionano le cose.

Funzionamento

In Lombardia ci sono due tipi di case di riposo: quelle “a contratto”, in cui la Regione paga quasi metà della retta, e quelle solo accreditate, dove paga tutto l’ospite. I requisiti sono praticamente gli stessi: 901 minuti minimo di assistenza settimanale per ospite, presenza delle medesime figure professionali (infermieri, medici, fisioterapisti e personale educativo). Sono identiche le regole in materia di tenuta della documentazione sociosanitaria, tra cui la stesura del piano assistenziale individuale (Pai) e la sua rivalutazione periodica.

La differenza tra Rsa a contratto e accreditate viene introdotta a partire dal primo gennaio 2011 (Dgr 937 del dicembre 2010) per ampliare l’offerta di posti senza fare aumentare la spesa pubblica della Regione. Va detto che per quel che riguarda il numero di letti la Lombardia è messa meglio rispetto al resto d’Italia. La Regione dà la possibilità di andare a sue spese in determinate Rsa ma siccome il budget è limitato, e di conseguenza i posti che io posso mettere a contratto, mette a disposizione altri letti che però deve pagare completamente. Un sistema che scarica tutti i problemi sulle famiglie.

Posti e tariffe

I posti letto sono 58.355 nelle case di riposo dove la Regione si fa carico dei 50 euro al giorno della quota sanitaria. Le famiglie pagano in aggiunta la quota alberghiera che va dai 67 ai 77 euro in media al giorno a seconda della città (a Milano si superano i 97 euro), vale a dire almeno 2.100 euro mensili.

Il fabbisogno stimato è di 7 posti ogni 100 over 75, oggi ce ne sono 5,3. Dal 2015 il numero è cresciuto solo di 481 letti, mentre gli over 75 in più sono 110 mila. Nell’ultimo triennio pre-Covid (2017, 2018, 2019) l’attesa media è di oltre 4 mesi e mezzo e c’è la certezza che si tornerà a questi livelli. Chi riesce a entrare lo fa in condizioni sempre più gravi, tant’è che la degenza media è di 12 mesi. Chi può permetterselo si rivolge alle strutture dove la quota da pagare è completamente a carico dell’ospite: in media 90 euro al giorno, con una spesa mensile di almeno 3.000 euro.

Tre problemi

Primo problema: Regione Lombardia – secondo Dataroom non tiene monitorate le richieste di posti nelle case di riposo. Vuol dire che non sa quante persone davvero ci sono in lista di attesa e qual è dunque l’ipotetico fabbisogno di letti. Verosimilmente nel periodo pre-Covid in lista di attesa c’erano almeno 26 mila anziani. Invece a inizio 2023 in un documento ufficiale all’interno di una contesa giudiziaria la Regione conta 103.860 utenti nel 2019 in attesa di un posto.

In sostanza Regione Lombardia, in un documento ufficiale, ha riportato dei numeri palesemente sbagliati.

Secondo problema: quel che interessa a Regione Lombardia è non fare lievitare la spesa pubblica oggi a quota 960 milioni di euro all’anno. Del resto le risorse non sono infinite e non è possibile pagare tutto a tutti, e dunque un tetto al budget è comprensibile. Un sistema equo dovrebbe però filtrare le richieste per privilegiare a spese pubbliche chi è in condizioni più gravi. È quello che fa per esempio il Veneto: valuta le condizioni di salute di chi fa domanda per entrare in una casa di riposo e, in presenza di determinati requisiti, gli dà un voucher con il quale l’anziano paga la casa di riposo che si è scelto. Invece Regione Lombardia per pagarti meno di metà della retta ti costringe ad andare solo in determinate Rsa.

Terzo problema: in Regione Lombardia le case di riposo “a contratto” sono sempre le stesse da anni e si vedono assicurate un business certo da 2,5 miliardi l’anno senza nessun vantaggio per chi offre servizi di qualità o penalizzazione per chi non lo fa.

Il Ddl concorrenza dell’agosto 2022 dice:

“La selezione (delle strutture private, ndr) deve essere effettuata periodicamente tenuto conto della programmazione sanitaria regionale e sulla base di verifiche delle eventuali esigenze di razionalizzazione della rete in convenzionamento e, per i soggetti già titolari di accordi contrattuali, dell’attività svolta”.

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