La Morgese e Gabrielli promuovono poliziotti macchiati dai fatti di Genova. L'inizio di un piano repressivo?
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Nel mentre in Commissione Difesa il generale Enzo Vecciarelli in audizione riferisce su “Sviluppi attività Forze armate con riferimento ad esigenze operative indotte dall’emergenza“, si scoprono altri fatti inquietanti. È l’inizio di un piano repressivo?

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Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, e il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, trovano il tempo di promuovere a dirigenti della Polizia di Stato anche due condannati in via definitiva per i falsi e gli abusi del G8 di Genova del 2001. Non solo. Tra loro c’è il responsabile di una serie di fatti cruenti legati all’ordine pubblico. Episodi che risalgono al periodo 2012-2017.

La sensazione, da più parti rilevata, è che, in vista delle crescenti tensioni socio-economiche, si voglia infiltrare la pubblica sicurezza con una radice a carattere reazionario-repressivo.

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Negli ultimi anni sono stati posizionati ai vertici di questure e uffici cruciali del Dipartimento della pubblica sicurezza, dirigenti condannati o sotto processo per gravi reati. E non tranquillizza gli animi dei cittadini questo scenario.

Promossi Pietro Troiani e Salvatore Gava.

Due nomi legati ai fatti del G8 di Genova e condannati in via definitiva a 3 anni e 8 mesi, più 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Troiani ha portato materialmente le due bombe molotov nella scuola Diaz. Gava ha falsamente attestato il rinvenimento all’interno. Azione che giustificò perquisizioni abusive e arresti di massa dei manifestanti, in gran parte picchiati e torturati. Notte in cui, come ricorda la Corte di Cassazione, “le forze dell’ordine hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”.

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Eppure Gabrielli si è più volte scusato per quei fatti dichiarando che “ci fu tortura” e che nei panni dell’allora Capo della Polizia Gianni De Gennaro “mi sarei dimesso”. Evidentemente Gabrielli fece un’operazione di facciata perché, al suo insediamanento nel 2017, dimenticò di sanzionare quei poliziotti. Anzi, non solo li reintegrò nonostante fossero stati condannati in via definitiva ma li promosse a ruoli apicali.

La carriera dei due funzionari promossi da Gabrielli

Troiani divenne il Dirigente del Centro operativo autostrade di Roma e Lazio e Gava il Responsabile dell’Ufficio di Collegamento Interforze del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia (SCIP) in Albania. Altri due poliziotti, Gilberto Caldarozzi e Fabio Ciccimarra, condannati a 3 anni e 8 mesi più 5 anni di interdizione, furono reintegrati. Caldarozzi divenne Vice direttore operativo della DIA e Ciccimarra – condannato a 2 anni e 8 mesi per sequestro – è stato recentemente promosso, sempre da Gabrielli, come Resident espert in Montenegro.

Ma non finisce qui.

Francesco Zerilli, che a partire dal 2012 nel pieno centro di Livorno si confrontò con anarchici e no-TAV, per poi manganellare nel 2014 i movimenti per la casa e gli operai della ThyssenKrupp a rischio licenziamento. Lo stile di Zerrilli si è palesato ancora una volta con lo sgombero di un gruppo di etiopi ed eritrei richiedenti asilo accampati in piazza Indipendenza, cacciati con gli idranti e poi caricati e inseguiti dai reparti antisommossa guidati da un Zerilli urlante “levatevi dai cogl…i, carica, forza”.

E poi ci sono i protagonisti del sequestro Shalabayeva

Poliziotti che per 7 anni sono rimasti intoccabili. Il 14 ottobre scorso il giudice ha condannato Renato Cortese a cinque anni di reclusione per il sequestro commesso da pubblico ufficiale di Alma Shalabayeva, moglie di un dissidente kazako. Cortese all’epoca era capo della Squadra mobile di Roma e oggi questore di Palermo. Con lui è stato condannato l’ex dirigente dell’ufficio immigrazione Maurizio Improta, attuale capo della Polfer. Stessa condanna anche per i funzionari della squadra mobile Luca Armeni e Francesco Stampacchia. Per tutti e quattro gli imputati, è stata inoltre disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Il terzo collegio del tribunale di Perugia presieduto da Giuseppe Narducci, quel 14 ottobre ha condannato anche gli altri poliziotti coinvolti nella vicenda. Vincenzo Tramma e Stefano Leoni, rispettivamente a 4 anni e 3 anni e 6 mesi. Condannata anche il giudice di Pace, Stefania Lavore, che si occupò del caso Shalabayeva. Una pena di due anni e sei mesi, per vari episodi di falso ma non per sequestro di persona. A sei dei sette imputati è riconosciuto il reato di sequestro di persona. Diversi reati di falso sono stati riconosciuti a vario titolo anche a tutti gli altri imputati. Tramma e Leoni sono interdetti dai pubblici uffici per 5 anni, Stefania Lavore per 2 anni e 6 mesi.

Gabrielli, passata la bufera giudiziaria, li destinerà a nuovi incarichi?

Come ricorda Tpi, “c’è il caso ancor più emblematico di Massimo Improta (fratello minore di Maurizio) che nel 2012 era in forza alla Questura di Roma come responsabile dei servizi di ordine pubblico presso lo Stadio Olimpico e venne promosso nonostante fosse stato appena indagato per la falsificazione del verbale di arresto nell’ambito del cosiddetto pestaggio Gugliotta, preso a calci e pugni sino alla vistosa perdita di un dente incisivo“.

Un curriculum niente male quello di Improta che già nel 2003 venne denunciato per abuso d’ufficio da un manifestante, da lui tratto in arresto poi però non convalidato dall’autorità giudiziaria. Denunciato-querelato per lesioni, minacce e violenza sessuale da una propria dipendente quando era Dirigente del Commissariato di PS – Castro Pretorio, a seguito di un “incontro realmente accaduto tra i due la sera del 28.2.2008”, per cui comunque “il Questore di Roma non ha ritenuto di dover procedere disciplinarmente”, così contribuendo ad un’“escalation” che si sarebbe potuta prevenire.

L’uomo di punta del Viminale

Maurizio e Massimo sono i figli del famoso Prefetto Umberto Improta, per decenni uomo di punta del Viminale. Lo stesso uomo coinvolto nelle torture dei brigatisti prima e dopo la liberazione del generale USA Dozier.

Il 27 ottobre 2020: la riunione Consiglio supremo della Difesa

Ora, se torniamo indietro di qualche giorno, precisamente al 27 ottobre scorso, si capisce che il Governo qualche precauzione rispetto all’ordine pubblico la sta prendendo. È il giorno in cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, convoca il Consiglio supremo della Difesa.

Il Consiglio “presieduto dal capo dello Stato, è composto dal presidente del Consiglio dei ministri, dai ministri per gli Affari esteri, dell’Interno, dell’Economia e delle Finanze, della Difesa e dello Sviluppo Economico e dal capo di Stato maggiore della Difesa”.

Il presidente della Repubblica vuole sincerarsi delle attività riguardanti la sicurezza e la Difesa dello Stato. Ovviamente l’attenzione è sulla seconda ondata pandemica. La discussione, oltre conseguenze dell’emergenza sanitaria a livello della sicurezza globale, ha affrontato la possibilità di impiegare le Forze armate, e nella fattispecie l’Esercito, per garantire il rispetto del “coprifuoco” che presto calerà sulle notti italiane. Il punto è sull’attività delle Forze armate effettuata durante l’emergenza pandemica: voli sanitari dell’Aeronautica Militare, costruzione di ospedali da campo, attività addestrativa dei nuclei Nbcr.

Proprio oggi le audizioni si sono concluse.

Ne è emerso un quadro quantomeno preoccupante sull’esigenza di procedere in fretta con la modernizzazione dello strumento militare. Dal Documento programmatico pluriennale presentato dal ministro Lorenzo Guerini sono emersi segnali incoraggianti sull’aumento degli investimenti. Ma ora serve di più, a fronte di un mondo sempre più complesso e denso di minacce.

Oltre alla minaccia terroristica, la Difesa è preoccupata dell’escalation delle proteste legate alla pandemia. “Più di settemila uomini e donne sono impiegati accanto alle forze di polizia e dei carabinieri nelle strade per la sicurezza. Molti altri hanno provveduto all’allestimento in tempo record degli ospedali da campo”.

Dunque, mancano soldi, spiega Vecciarelli, e personale. Si è parlato “almeno” di dilazione di dieci anni. Di 10mila unità per Forze armate per cui, ha sottolineato il generale, servirà “un miliardo in più l’anno”.

di Antonio Del Furbo

329.3526266

antomnio.delfurbo@zonedombratv.it

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