Inchiesta Open, la Cassazione: i pm non avevano in mano nulla
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Sull’inchiesta Open, finalmente, arriva la verità. Dopo che lo scorso 15 settembre la Cassazione ha accolto i ricorsi del finanziere Davide Serra e dell’imprenditore Marco Carrai annullando il provvedimento di sequestro di pc ed email disposto dai pubblici ministeri.

Fondazione Open: le perquisizioni ordinate dai pm erano illegittime

Oggi sono state depositate le motivazioni per quell’inchiesta avviata dalla procura di Firenze sull’ex fondazione renziana Open, accusata di aver agito come “articolazione di partito”, violando la legge sul finanziamento ai partiti.

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L’annullamento disposto dai giudici critica le finalità dei sequestri, non effettuati per cercare conferme alle ipotesi accusatorie ma per ricercare a strascico notizie di reato. Per i pm la Fondazione Open aveva “agito, a prescindere dal suo scopo istituzionale, quale articolazione di partito“. Da qui erano partite le accuse di finanziamento illecito, ora messe in discussione dalla Cassazione.

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L’intero piano accusatorio a questo punto traballa. E non poco. A quella di oggi potrebbe seguire, nei prossimi giorni, altre motivazioni analoghe: un provvedimento simile è infatti atteso per tutti i sostenitori della Fondazione.

I giudici precisano che i finanziatori erano “terzi”. “In tale prospettiva il decreto di sequestro avrebbe dovuto indicare con precisione il nesso strumentale che legherebbe il pc aziendale e le mail estratte dalle caselle di posta elettronica volte ad accertare i fatti di reato“.

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Secondo i giudici della Suprema Corte, che hanno rilevato “assenza di indicazioni circa la rilevanza probatoria”, non era pertinente alla contestazione della procura prendersi i beni personali in questione. “Inidonee” anche le giustificazioni sull’utilizzo di stringenti parole chiave per estrapolare solo quello che era utile a fini investigativi: “Le chiavi di ricerca non erano comunque capaci di garantire il rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza“, ed esse “non trovavano la loro fonte nel decreto di sequestro, ferma restando la genericità di gran parte di esse” si legge nelle motivazioni.

La cosa interessante è che la Cassazione ha completamente ribaltato l’ipotesi accusatoria, quella che considera Open un’articolazione di partito, collegata quindi al finanziamento illecito effettuato da privati. Cade dunque l’accusa a Serra che avrebbe triangolato con gli investimenti in società lussemburghesi. “Nel caso di specie le scarne informazioni fornite – si legge ancora -, in aggiunta all’assunto di una concomitante attività di finanziamento della Fondazione, non consentono in alcun modo di prospettare il tipo di condotta cui sono correlate le attività investigative, non comprendendosi in che modo il reato sia attribuibile al Carrai o a terzi in relazione ad una mediazione illecita richiesta o all’incarico di remunerare pubblici ufficiali per un atto contrario ai doveri di ufficio“.

L’inchiesta Open

Al centro delle indagini dei pm l’ex “cassaforte” renziana, chiusa nel 2018. Open, fra l’altro, finanziava la Leopolda, la convention politica dell’ex premier Matteo Renzi.

Per quell’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza è già stato indagato l’allora presidente presidente Alberto Bianchi. Oltre al traffico di influenze illecite, sarebbero contestati anche i reati di riciclaggio, autoriciclaggio, appropriazione indebita, false comunicazioni sociali e finanziamento illecito ai partiti. Secondo l’accusa “la fondazione Open ha agito come articolazione di partito, ha rimborsato spese a parlamentari, messo a loro disposizione carte di credito e bancomat”.

Le perquisizioni

Sono venti le città coinvolte nelle perquisizioni, tra queste Firenze, Milano, Modena, Torino, Bari, Alessandria, Pistoia, Roma, Napoli e Palermo. In particolare, a essere attenzionate, alcune delle aziende che negli anni hanno finanziato la fondazione. Non tutti i soggetti perquisiti risultano indagati.

La Cassazione ribalta la vicenda

“Siamo molto soddisfatti”, spiega l’avvocato Massimo Di Noia che difende Carrai insieme a Filippo Cei. Stesso commento dell’avvocato di Serra, Alessandro Pistochini: “Siamo molto soddisfatti perché la Corte non solo ha annullato senza rinvio la decisione del tribunale di riesame di Firenze, ma ha anche dichiarato l’illegittimità del decreto di sequestro, ordinando la restituzione dei beni ai legittimi proprietari”.

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