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L’informazione, ormai, è peggio di una guerra. Una notizia ha effetti devastanti, simili a un’atomica. E se, come sta accadendo in questi ultimi anni, una notizia è falsa, c’è il serio rischio che la democrazia venga sostituita da un modello illiberale.

di Antonio Del Furbo

Un tempo c’era la tv, quella pubblica, in cui i telegiornali, orientati dalle segreterie di partito, davano la loro versione sui fatti. Notizie che potevano essere di sinistra o di centro. Oggi, invece, le cose sono cambiate e siamo andati a sbattere in un sistema che abbatte schemi e modelli piombando direttamente sul vero o falso della notizia. Esiste un sistema sofisticato, sottile, che rimane oscuro in grado di costruire un mondo verosimile o, addirittura, fasullo. Una informazione può essere data o non data, già questa è una visione soggettiva del mondo che ci circonda.



“Buona informazione e stampa libera sono fondamentali per la democrazia” dice il direttore della Rai Marcello Foa parlando dei rischi dell’informazione. Il punto è, però, che il confine fra buona informazione e informazione pilotata è molto labile. Specie in un periodo storico in cui le tecniche per creare notizie a uso e consumo di alcuni target specifici di pubblico è molto alta. L’altro aspetto che la notizia falsa porta dentro è che una volta inserita a martello su internet a fermare la “cornice valoriale”, come spiega Foa, non basta la smentita in quanto non si conferma mai potente come quella “fake” replicata in anni e anni. Una fake che, amplificata e ripetuta, produce l’effetto “propaganda”, anche se non proveniente da regimi dittatoriali o che privano della libertà d’informazione.

Uno degli esempi più significativi è quello del Russiagate. Un’inchiesta giudiziaria nata a seguito di sospette ingerenze da parte della Russia nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America del 2016. Le indagini hanno ipotizzato la possibilità di riscontrare elementi delle fattispecie incriminatrici dello spionaggio a favore di potenze estere, o addirittura del tradimento. L’inchiesta ha portato all’incriminazione di dodici cittadini russi funzionari del GRU, l’intelligence militare russa. Non solo. Paul Manafort, che era stato il capo della campagna elettorale di Donald Trump, è finito in carcere.

In sostanza, è stato creato un gigantesco sistema investigativo, giudiziario e mediatico in cui il presidente degli Stati Uniti era sostanzialmente indicato come manovrato da Mosca o, nella migliore delle ipotesi, come un fiero alleato del Cremlino. Poi si è scoperta un’altra verità: è stato appurato è che si sia trattato di un’indagine del tutto inconcludente. La smentita è stata potente quanto la notizia principale? No. Perché è del tutto evidente che quella voce sull’unità di intenti fra il presidente Usa e quello russo è stata molto più profonda e sistemica rispetto alla smentita. Il risultato è che questo modo di operare crea un sistema di inaffidabilità e di sfiducia da parte dei lettori. E instilla il dubbio che l’informazione non sia non tanto imparziale. La falsa informazione, comunque, raggiunge sempre il suo obiettivo anche se contraddetta successivamente.

Una non informazione in grado di cambiare governi e produrre conflitti. E come si può arginare il problema? Intanto conoscendo il nemico.

La giornalista Savchuk ha raccontato, da infiltrata, come opera e lavora un’agenzia di Fake news. Si trattava dell’agenzia Internet Research Agency. “Volevo entrare lì per vedere come funzionasse” dice Savchuk. “Ma la cosa più importante era vedere se c’era un modo per fermarli.”

La donna ha risposto ad un annuncio di lavoro ed è stata assunta come blogger. “C’era un gruppo dedicato alla produzione di meme visivi noti come ‘demotivators'” continua la giornalista. sempre all’interno una centinaia di russi che lavoravano come troll a pagamento in turni a rotazione. L’IRA è composta di tanti “reparti” diversi: tra i tanti la “divisione notizie“ e i “seminatori di social media”.

Nonostante la divisione del lavoro, il contenuto era notevolmente uniforme. Gli Stati Uniti, l’UE, il governo filo-europeo dell’Ucraina e l’opposizione della Russia erano obiettivi regolari di disprezzo. E poi c’era il presidente russo Vladimir Putin. “Ogni lavoratore ha una quota da raggiungere ogni giorno e ogni notte”, dice Savchuk. “Perché la fabbrica lavora 24 ore su 24. Non si ferma mai. Neanche per un secondo.”

Questo tipo di trolling ‘soft’, dice Savchuk, sembra dimostrare che l‘IRA era intenzionata a raggiungere anche la parte più marginale e apolitica del pubblico russo online in espansione. In totale, Savchuk ha trascorso solo due mesi e mezzo all’IRA. L’operazione era gestita da un ristoratore locale che è stato posto sotto le sanzioni degli Stati Uniti per aver tentato di interferire con le elezioni americane. Secondo la giornalista l’agenzia dei troll era un progetto del Cremlino, gestito da un ambiguo ristoratore locale di nome Evgeny Prigozhin molto legato con il presidente russo.

Dopo aver denunciato questi fatti e portato avanti a un tribunale russo l’IRA, Savchuk ha trovato il suo account Facebook inspiegabilmente bloccato.

Una recente inchiesta su Prigozhin ha evidenziato che il suo impero mediatico e i contratti con il governo sono cresciuti in modo esponenziale da quando l’IRA è stata tirata fuori dall’ombra.

Di admin

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