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Come distruggere una società

“Il lavoratore non è una merce. Non lo si può trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio”. A pronunciare queste “gravissime” parole non è il leader della Fiom Landini ma bensì monsignor Giancarlo Maria Bregantini, presidente della Commissione Cei per il lavoro. Ovviamente la riflessione del monsignore parte da un’accurata analisi fatta sulla riforma del mercato del lavoro, fortemente voluta dalla Fornero e relativa alle modifiche dell’articolo 18 specificatamente alla parte riguardante il licenziamento economico. Tutto ciò “potrebbe rivelarsi infausta” creando nel paese “una fase di paura generalizzata”. La cosa più interessante che Brigantini ribadisce è che lasciare fuori dalle trattative la Cgil e, quindi, il maggior sindacato dei lavoratori italiani è stato un gravissimo errore. Bregantini riassume le critiche al governo Monti offrendo tre spunti di riflessione: lasciare la Cgil fuori dalle trattative significa non farsi carico delle aspettative della maggioranza dei lavoratori; ci sarebbe stato bisogno di più tempo per la riforma e in ultimo il Monsignore si chiede se davanti alla questione dei licenziamenti il lavoratore è persona o merce. 

I maligni potrebbero dire che queste riflessioni sono state sottratte alla sinistra ma forse è bene ricordare cha anche la chiesa, nel suo piccolo, ha contribuito a portare una ventata di sani e utili spunti riflessivi. Ad esempio non solo l’istituzione religiosa dovrebbe combattere questa idea che si va affermando giorno per giorno nel nostro paese e, soprattutto in Europa, ma ad esempio anche il PD e il PDL che però se ne guardano bene dal farlo. Chissà perchè. Quando parliamo di mercificazione della “materia umana” non facciamo distinzioni di razze, colore e status sociale: se ne parla e basta. Chi sta riducendo le persone in schiavitù sappiamo benissimo chi è: la banca. Questo sano ed inutile tecnicismo bancario applicato persino alle nostre gesta quotidiane accumula reddito nel sottobosco dei comitati d’affari ma sicuramente svuota le casse di centinaia di migliaia di aziende costrette a chiudere giorno per giorno. A chi nuoce tutto questo? Ai lavoratori e agli imprenditori. In effetti E.F. di 44 anni imprenditore di Cepagatti si è tolto la vita perchè non è riuscito a rientrare dai debiti accumulati. “Brava persona, lavoratore e con grandi prospettive” dice chi lo conosceva. Sì ma poi? Serve essere una persona onesta e lavoratrice per poi finire nella spirale delle ditte che non pagano, delle banche che non danno prestiti e dei dipendenti da pagare? Che valore ha una persona che oggi è onesta, sensibile e che fa il suo dovere? Nessun valore. Per chi muove le fila di questa economia tremendamente mortale non c’è nessuna pietà per chi non porta risultati e numeri soddisfacenti. Per questa gentaglia in doppiopetto è l’ora che suoni la campana. A morte però. 

 

di Antonio Del Furbo

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