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I professori del master di giornalismo attendono da quasi due anni il pagamento delle loro docenze e le risposte dell’ateneo sono sempre le stesse: «non è colpa nostra, attendiamo il decentramento».

Brutta storia la vicenda dell’Università di Teramo che sta “affamando” da quasi due anni un bel po’ di docenti che, nell’anno accademico 2010-2011, hanno svolto le loro attività per il master di giornalismo. Il master è stato finanziato in parte dall’Odg Abruzzo e in gran parte dagli studenti che si sono iscritti. Dal sito leggiamo:«è istituito per il biennio 2009-2010 il Master universitario di primo livello in giornalismo presso l’Università degli studi di Teramo con la finalità di formare un massimo di 30 professionisti dell’informazione che possano trovare impiego nei diversi settori dell’attività giornalistica (carta stampata, agenzie, radio, tv, uffici stampa, internet). Gli allievi ammessi a seguire i corsi sono iscritti, nel rispetto dei requisiti di legge, nel Registro dei praticanti dal Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti dell’Abruzzo. Superato il periodo di tre mesi dall’inizio dei corsi, il direttore responsabile delle testate rilascia la dichiarazione comprovante l’effettivo inizio della pratica, prevista dall’art. 33 della legge 3.2.1963 n. 69, per l’iscrizione nel Registro dei praticanti. Il mancato rilascio della dichiarazione di effettivo inizio della pratica, di cui al comma precedente, deve essere motivato e comporta l’esclusione dell’allievo dai corsi di formazione. Al compimento del corso di formazione, il direttore responsabile rilascia all’allievo la dichiarazione sull’attività giornalistica svolta, secondo quanto previsto dall’art. 34 della legge 3.2.1963 n. 69». Sempre dai file pubblicati sul sito dell’Università apprendiamo che per ogni anno accademico è stato sborsato da ogni studente la somma di 5mila euro all’anno che diventano 10mila per l’intero biennio. Il numero di partecipanti al master erano sedici e, facendo due conti, possiamo affermare che per il biennio l’università di Teramo ha incassato, solo per il master, 160mila euro. A questi vanno aggiunti, come detto, il contributo dell’Odg Abruzzo. Contattato dalla nostra redazione, il presidente dell’ordine dei giornalisti d’Abruzzo, ci ha confermato la partecipazione economica dell’Ordine al master quantificando in 5mila euro la propria parte. Successivamente abbiamo contattato l’università senza avere risposta. Dopo aver cercato altre fonti veniamo a sapere che la «Fondazione Università degli Studi di Teramo, con lo scopo prioritario di sostenere, attraverso il reperimento di risorse, l’Ateneo teramano nella sua missione culturale, ma anche di contribuire a collegarlo ed avvicinarlo agli operatori del mondo del lavoro», abbia avuto il compito di erogare il contributo. Raggiungiamo al telefono la segreteria del dottor Venanzi il quale da sei mesi ci dice che la Fondazione non ha potere in questa “faccenda” e che per questioni di “decentramento” non ancora possono essere elargiti i compensi. Ebbene, a questo punto una cosa è chiara: lo scarica barile è un’arte molto diffusa anche in questi ambienti. Intanto vorremmo capire i 160mila euro dove sono finiti sperando che qualcuno ce lo spieghi. Dopodiché vorremmo capire come mai la Fondazione non è in grado di fornire risposte a questa grave situazione. Se si “prodiga” nel reperimento dei fondi per l’università non dovrebbe avere un canale preferenziale con la struttura pubblica? Mistero. A tutto ciò si aggiunge la dichiarazione di alcuni studenti:«le borse di studio da tre che dovevano essere sono scese a due e poi una sola. Inoltre noi non abbiamo neanche un certificato che attesta la nostra frequenza, chi ci è riuscito ad averlo si è recato di persona dalla Gatti (Nadia Gatti, manager scolastico ndr) per ritirarlo dopo insistenti tentativi al telefono». In totale l’università deve ai docenti, per la sola annualità 2010-2011, 35mila euro. Singolare che la stessa università imponga termini di pagamento agli studenti e poi non paga i docenti. Chi sa dove sono finiti questi fondi e se arriveranno nelle tasche di chi ha lavorato?

 

di Antonio del Furbo

 

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