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Per dieci giorni ha sputato sangue dalla bocca. Si lamentava per i forti dolori allo stomaco ma nessuno gli ha dato retta. Nessun secondino del carcere di Poggioreale si è occupato di Federico Perna. Nessun medico è intervenuto. E lo Stato, ancora una volta, si carica sulle spalle la morte di un altro detenuto.

In una lettera alla madre scrisse:”mamma, mi stanno ammazzando. Mi menano le guardie”. Per dieci giorni ha sputato sangue dalla bocca. Si lamentava per i forti dolori allo stomaco ma nessuno gli ha dato retta. Nessun secondino del carcere di Poggioreale si è occupato di Federico Perna. Nessun medico è intervenuto. E lo Stato si carica sulle spalle la morte di un altro detenuto. Federico Perna, la vittima 139 di questa guerra infame, è morto in carcere venerdì 8 novembre per arresto cardio-circolatorio. “Mio figlio è morto venerdì scorso, alle 17 di sera” ha dichiarato Nobila Scafuro, la madre del giovane. E ha aggiunto:”L’ho sentito al telefono l’ultima volta il martedì precedente, mi disse che perdeva sangue dalla bocca quando tossiva. Si trovava nel Padiglione Avellino, nella cella 6, assieme ad altre 11 persone”. Mario Barone, presidente di Antigone Campania e membro dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione, racconta che “Federico Perna era un detenuto con una grave patologia epatica, con una storia di dipendenza e di disagio psichico. Ci si chiede se Poggioreale – istituto che non ha bisogno di essere descritto, né di essere commentato – fosse il posto giusto a cui destinare Federico”. Tra l’altro Perna, era seguito dal Centro di igiene Mentale essendo stato ricoverato in Opg nel 2004. 
I Dirigenti Sanitari delle carceri di Viterbo e Napoli Secondigliano in ben due diversi rapporti clinici avevano dichiarato che Federico doveva essere ricoverato in ospedale per un trapianto di fegato urgente. Chi ha deciso, invece, di trasferire l’uomo nel carcere di Poggioreale dove, tra l’altro, le condizioni si sono aggravate? Sono stati eseguiti altri ordini? Eppure, in base alle dichairazioni di Giuseppe Berretta, sottosegretario alla Giustizia, “dall’esame del diario clinico e della cartella di osservazione del detenuto risulta che nel corso della detenzione il Perna è stato seguito con costanza e regolarità sia dal personale sanitario e del Servizio Tossicodipendenze che dal personale penitenziario. In particolare, appare evidente che le autorità penitenziarie ne hanno costantemente monitorato le condizioni di salute e hanno più volte cercato di convincerlo ad accettare gli opportuni ricoveri in ospedale in ragione delle sue condizioni di salute, senza purtroppo riuscirvi”. Quindi, secondo Berretta, Perna, che stava per morire e che chiedeva aiuto da dieci giorni, doveva essere convinto dagli agenti ad essere ricoverato. Se pure tale ipotesi fosse vera, perché non lo hanno portato di forza in ospedale o, a limite, avvertita la famiglia? “Abbiamo appreso della sua morte tramite la lettera di un compagno di cella, con il quale Federico aveva stretto amicizia” ha aggiunto ancora la madre di Federico. “Non sappiamo nemmeno dove sia morto, perché le versioni sono diverse: ci dicono che è morto nell’infermeria del carcere di Poggioreale, di attacco cardiaco e senza la possibilità di essere salvato con il defibrillatore… poi ci dicono che è morto in ambulanza… poi ancora che è morto prima di essere caricato in ambulanza… o addirittura in ospedale, e anche su questo ci hanno nominato più di una struttura possibile”. A prescindere dalle volontà degli agenti, la legge parla chiaro e il Dap, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, nonostante una circolare G-DAP-0397498-2011 “Sala Situazioni. Modello Organizzativo e nomina Responsabile”, datata 18 ottobre 2011, ha omesso il regolamento. Si legge nella circolare:”Per garantire una trasparente e corretta informazione dei fenomeni inseriti nell’applicativo degli eventi critici le principali notizie d’interesse saranno, inoltre trasmesse al Direttore dell’Ufficio Stampa e Relazioni esterne per le attività di informazione e comunicazione agli organi di stampa e la eventuale diffusione mediante i canali di comunicazione di cui dispone ii DAP (rivista istituzionale, newsletter siti istituzionali)”. Nulla di tutto ciò è avvenuto, tant’è che Nobila Scafuro, ha appreso della morte del figlio da un compagno di cella di Federico:”aveva molto legato con lui, il quale chiamò mia suocera – anziana e malata – dicendo che: ‘Federico ormai è fuori, aprite gli occhi’ lasciandoci intendere che fosse morto. Il fatto è che non sappiamo dove sia morto”. Federico non lo hanno mai curato, anzi, lo hanno imbottito di Valium, Rivotril e di farmaci passati dal Sert. “Federico dormiva sempre e, quando non dormiva, spesso veniva picchiato. Questo non solo a Poggioreale, dove confermo che esiste la cella zero, ma anche in altre carceri dove ha soggiornato. Ovunque avvengono questi pestaggi, anche per futili motivi. A mio figlio capitò perché chiedeva aiuto in quanto non si sentiva bene, oppure perché voleva che gli aprissero l’acqua nel bagno della cella. In quell’occasione fu pestato proprio lì, nel bagno. Lo vedevo sempre pieno di lividi. In ogni caso, dopo averci chiamato martedì, Federico non ha più dato sue notizie. Abbiamo appreso della sua morte da un suo compagno di cella, che aveva molto legato con lui, il quale chiamò mia suocera – anziana e malata – dicendo che: ‘Federico ormai è fuori, aprite gli occhi’ lasciandoci intendere che fosse morto. Il fatto è che non sappiamo dove sia morto, non l’abbiamo ancora potuto vedere e il personale del carcere di Poggioreale non ci agevola dandoci le necessarie informazioni. Quindi non sappiamo neanche dov’è”. La donna non ha dubbbi: Federico è morto in carcere, prima di essere trasportato in ambulanza all’ospedale. “È stato torturato e ammazzato dallo Stato così come gli altri morti di carcere a Poggioreale. Negli ultimi giorni ci sono stati tre suicidi: uno si è impiccato, l’altro si è ammazzato con un mix letale di farmaci e un terzo si è infilato la testa in un sacchetto mentre inalava il gas del fornelletto da campo. Ma non ci sono solo suicidi a Poggioreale e ricordo che un uomo di 43 anni è recentemente morto in cella perché malato di cuore. Gli è venuto un infarto e sa come lo curavano? Col Buscopan”.

Antonio Del Furbo


L’ultima lettera di Federico alla mamma

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