Ratzinger dopo le accuse di silenzio sui preti pedofili: invoco il perdono alle vittime
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Dopo il rapporto indipendente sulla pedofilia del clero dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, in cui è emerso che sono almeno 497 le vittime degli abusi, Benedetto XVI risponde alle accuse sul silenzio sui preti pedofili.

Ratzinger: “Posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono”. 

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Così interviene il Papa emerito Benedetto XVI sul rapporto sugli abusi sessuali commessi da preti a Monaco dal 1945 al 2019. Ben 8mila pagine di atti in formato digitale relativi in un periodo in cui anche lui è stato responsabile della diocesi.

“Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica”, dice. “Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi. Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso”.

La risposta di Joseph Ratzinger arriva il 6 febbraio.

È corredata da un video nel quale in lingua italiana e tedesca è Georg Gänswein, suo segretario particolare, a leggere il testo. E contiene un’analisi di quanto accaduto a Monaco scritta dai suoi collaboratori, gli esperti di diritto canonico e diritto alla libertà di espressione Stefan MücklHelmuth PreeStefan Korta e Carsten Brennecke.

Sono loro a dire – dopo le scuse del Papa emerito e dopo l’ammissione della partecipazione di Ratzinger a una riunione nel 1980 in cui si parlò di un prete abusatore accolto in diocesi – che Benedetto “non era a conoscenza né del fatto che il sacerdote X fosse un abusatore, né che fosse inserito nell’attività pastorale”. E ancora che il Papa emerito non era a conoscenza di altri casi di abuso: “La perizia non fornisce alcuna prova in senso contrario”.

Ratzinger ammette di aver sbagliato a dire che non aveva partecipato alla riunione del 1980.

“Questo errore, che purtroppo si è verificato, non è stato intenzionalmente voluto e spero sia scusabile”, spiega. “Ho già disposto che da parte dell’arcivescovo Gänswein lo si comunicasse nella dichiarazione alla stampa del 24 gennaio 2022”. Ma, continua, “mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo. Tanto più mi hanno commosso le svariate espressioni di fiducia, le cordiali testimonianze e le commoventi lettere d’incoraggiamento che mi sono giunte da tante persone”.

Alle parole di ringraziamento il Papa emerito fa seguire “una confessione”. Ricorda come la Chiesa “ponga all’inizio della celebrazione della Santa Messa la confessione della nostra colpa e la richiesta di perdono. Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola ‘grandissima’ non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa. E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso”.

Benedetto ricorda gli incontri con le vittime di abusi sessuali avvenuti durante i tanti viaggi apostolici:

“Ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade”, dice.

E quindi la richiesta di perdono. “Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso. Sempre più comprendo il ribrezzo e la paura che sperimentò Cristo sul Monte degli Ulivi quando vide tutto quanto di terribile avrebbe dovuto superare interiormente. Che in quel momento i discepoli dormissero rappresenta purtroppo la situazione che anche oggi si verifica di nuovo e per la quale anche io mi sento interpellato. E così posso solo pregare il Signore e supplicare tutti gli angeli e i santi e voi, care sorelle e fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro”.

Benedetto dice che “ben presto” si troverà “di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito).

In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte. In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all’inizio dell’Apocalisse: egli vede il Figlio dell’uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto. Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: ‘Non temere! Sono io…'”.

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