Regime forfettario a rischio cancellazione. Il piano del governo
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Il nuovo governo potrebbe andare verso l’abolizione del regime forfettario per le partite IVA.

Il Presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UpB) Giuseppe Pisauro, nel corso dell’audizione del 2 febbraio 2021, ha evidenziato le criticità del sistema di tassazione per le partite IVA in regime forfettario.

Nel mirino dell’UPB c’è il regime agevolato introdotto dal 2019, la flat tax per le partite IVA fino a 65.000 euro, che crea effetti distorsivi, frena la crescita dimensionale delle imprese ed incentiva la sotto-fatturazione e l’evasione.

Il Presidente dell’UPB Pisauro propone l’introduzione di un regime di tassazione duale come l’IRI, l’imposta sul reddito d’impresa, tassando con aliquota unica del 24% il reddito da attività d’impresa e con le aliquote Irpef progressive la remunerazione del professionista o dell’imprenditore.

La riflessione

Nell’ambito della riforma fiscale, vi è la necessità di individuare la via che si intende intraprendere. L’Irpef per il Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio rappresenta un sistema di tassazione ibrido, ormai lontano dal modello onnicomprensivo o da quello duale puro.

La scelta che bisognerà fare, prima di dare il via ad ogni progetto di riforma fiscale, è se far “ritornare all’Irpef” tutti i redditi che ne sono usciti, oppure muoversi verso un sistema duale. Sono due le categorie di redditi per i quali è necessaria un’attenta valutazione. In primis, ci sono quelli prodotti da professionisti ed imprese individuali.

La riflessione è sul mantenimento del regime forfettario introdotto nel 2019 per i titolari di partita IVA fino a 65.000 euro. Si tratta della flat tax del 15%, che:

“a differenza dei precedenti (minimi e forfettari), non si configura come un’agevolazione a soggetti con attività professionale o di impresa marginale e non strutturata, ma come una vera e propria detassazione che riguarda circa il 60 per cento dei lavoratori autonomi e imprenditori individuali.”

Un sistema che, continua, crea iniquità:

  • frena la crescita dimensionale delle imprese;
  • incentiva la sottofatturazione dei ricavi (oltre i 65.000 euro si fuoriesce dal regime e si rientra nell’imposizione progressiva), e di conseguenza l’evasione fiscale;
  • crea problemi di equità orizzontale.

La ricetta proposta, in parallelo all’abolizione del regime forfettario per le partite IVA, almeno nella versione attualmente vigente, consiste nel riproporre un meccanismo come quello, mai entrato in vigore, dell’Imposta sul reddito d’impresa, l’IRI.

Cosa cambierebbe rispetto ad oggi?

Si arriverebbe ad una sorta di doppio binario di tassazione:

  • il reddito derivante dall’attività d’impresa verrebbe tassato con aliquota unica del 24%. La stessa alla quale sono sottoposte le società di capitali;
  • la remunerazione del professionista o dell’imprenditore, ovvero la parte di utili distolta dall’attività professionale o d’impresa, verrebbe assoggettata a tassazione progressiva.
Il governo Draghi

Dalle poche indiscrezioni trapelate il presidente del Consiglio incaricato sembra intenzionato ad aumentare la progressività del nostro sistema fiscale, forse introducendo un sesto scaglione Irpef. Il programma completo sarà illustrato in Parlamento.

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