Regionali Abruzzo: se la politica rovina gli uomini
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In questi giorni di campagna elettorale – complice la pausa lavorativa dovuta alle festività – ho avuto modo di leggere a spizzichi e bocconi – mai citazione fu più azzeccata – i fantasmagorici programmi elettorali proposti da destra e sinistra. E sono arrivato a una conclusione: la politica rovina anche le persone per bene.

di Antonio Del Furbo

Regionali Abruzzo. Qualcuno lo ha definito “sangue e merda” sintesi perfetta della politica dal mio punto di vista. Poco rimane di quella politica “alta”, quella degli ideali, del cuore oltre l’ostacolo e della passione. Anche se, lo ammetto, qualcuno ogni tanto arriva e strappa la scena – come ad esempio l’ormai tramortito e tramontato partito a 5 stelle – ma poi arrivano, subito dopo e come sempre accade, gli interessi personali, del portafoglio e delle ambizioni. E il pubblico votante si accorge, troppo tardi, che oltre l’ostacolo non è stato buttato il cuore e nemmeno la scatoletta di tonno ma bensì squallidi accordi per agevolare la carriera e i conti bancari di alcuni. O di quasi tutti.

Dunque, dicevamo, anche in Abruzzo pare essere arrivato un nuovo messia. L’ennesimo. Se 5 anni fa il salvatore della regione verde d’Europa era il senatore romano imposto dalla dirigenza romana di Fratelli d’Italia, oggi pare essere arrivato – questa volta da sinistra – Luciano D’Amico. Scelte, e ci mancherebbe altro, fatte dalla politica per la politica. Punto. Nel 2019 – tra le fandonie inenarrabili che la destra raccontò agli abruzzesi – c’era quella del Marsilio senatore, colomba meloniana, utile per la regione come ponte con i palazzi romani per la messa a terra di progetti utili all’Abruzzo. E a nulla servì l’obiezione che il supereroe romano non conosceva manco dove fosse l’Abruzzo sulla cartina: lui ha parenti e una casa. Stop.

Un curriculum evidentemente che non bastava a fare di Marsilio un abruzzese doc soprattutto perché non era a conoscenza delle reali problematiche della regione.

Tanto che l’Agi subito dopo i dati del ballottaggio scrisse: “Marco Marsilio (FdI) sarà il terzo governatore ‘straniero’ dell’Abruzzo”. Infatti prima di lui ci furono Ugo Crescenzi (primo presidente nel 1970) e Vincenzo Del Colle (governatore dall’ottobre del ’92 all’aprile del 1995). Marsilio è nato a Roma nel 1968 da una famiglia di origini abruzzesi, Tocco da Casauria. E così il senatore intascò la vittoria Il 10 febbraio 2019 con il 48% dei voti e quasi 300.000 voti, mentre il candidato del centro-sinistra Giovanni Legnini si fermò al 31% e quello del Movimento 5 Stelle Sara Marcozzi al 20%.

Nel 2024 i 5S sono sostanzialmente spariti – e gli elettori si sono forse nascosti dalla vergogna dopo la candidatura di Sara Marcozzi nelle liste di Forza Italia – e il Pd propone Luciano D’Amico, ex Rettore dell’Università di Teramo. Sicuramente una candidatura di prestigio. La situazione che all’indomani di una improbabile vittoria D’Amico si troverà a gestire sarà quella del mettere in accordo tutte le teste che lo appoggeranno: il Patto per l’Abruzzo è una coalizione di centrosinistra che si è data come obiettivo quello di riunire le varie forze politiche dell’area in vista delle regionali. Alla prima riunione hanno partecipato Pd, Sinistra Italiana, Movimento 5 Stelle, Centro Democratico, Psi, Azione, Italia Viva, Passo Possibile, Demos, Polis, + Europa e alcune liste civiche. Un frittatone misto.

E gli effetti della politica su D’Amico si sono già fatti sentire.

Intanto c’è un candidato – anche se tra i malumori di alcuni a sinistra che dicono che non “buca”, è poco “aggressivo e coinvolgente” e troppo “dottorale” e “accademico” – senza un programma. Al momento ci sono dei manifesti e delle dichiarazioni buttate lì ad esempio sulle liste d’attesa: “Ridare centralità al sistema sanitario” e “rimane il problema della mobilità passiva, della diminuzione delle prestazioni” oltre al “il gigantesco problema delle liste di attesa” che D’Amico promette di azzerare. E come? Ovviamente non si sa.

Pare difficile da capire come si possa azzerare le liste d’attesa visto che le risorse regionali non ci sono e medici e infermieri sono ridotti all’osso. Ma D’Amico va oltre: “In Abruzzo di lavoro c’è ne è poco e quello che c’è è povero, non possiamo più permetterci di avere salari così bassi, e anche la Regione deve fare la sua parte. Per quanto riguarda la nuova rete ospedaliera manca una idea di specializzazione, e molte cose vanno riviste, soprattutto nell’assistenza territoriale”. 

Perché prestarsi alle idee di certi guru della comunicazione? Perché rovinare una storia personale ridicolizzandosi in questo modo? Ma soprattutto: perché fare politica a tutti i costi?

Si dirà, per tirare l’Abruzzo fuori dal pantano fatto da Marsilio. Che proprio in questi giorni sta girando ogni piccolo comune d’Abruzzo per farsi conoscere. Certo, a luglio sono stati investiti oltre 5 milioni e mezzo di euro per proseguire il percorso di abbattimento delle liste d’attesa per le prestazioni chirurgiche, di specialistica ambulatoriale e sugli screening oncologici, ma non basta evidentemente. Sono troppi gli abruzzesi che si salvano la vita in Lombardia e negli altri centri di eccellenza del nord.

Sulle reali questioni di lavoro, viabilità, sanità nessun pare in grado di fornire soluzioni. Purtroppo.

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