Regione Lazio, soldi per beneficienza usati per le elezioni. Il caso Alessio D'Amato, assessore alla Sanità
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Nella Regione Lazio si sono svolti fatti sconosciuti. E poco chiari. Nel mezzo della storia ci sono soldi. Tanti soldi. E c’è il nome di Alessio D’Amato, assessore alla Sanità. Denaro che la Regione Lazio aveva stanziato per promuovere progetti di solidarietà e cooperazione ma che sarebbero andati, invece, a “finanziare illecitamente le attività politiche”.

L’assessore D’Amato e le attività politiche

Siamo tra il 2005 e il 2006. La Regione Lazio stanzia dei fondi per la Fondazione Italia-Amazzonia onlus al fine di promuovere progetti di solidarietà e cooperazione. Soldi che però, secondo quanto riporta Il Tempo, sarebbero serviti a “finanziare illecitamente le attività politiche” dell’associazione Rosso-Verde. Associazione di cui Alessio D’Amato, attuale assessore alla Sanità della giunta Zingaretti, “era il principale beneficiario”. Un giro di soldi documentato dai finanzieri del Nucleo speciale Spesa pubblica nella relazione conclusiva consegnata alla Procura della Corte dei conti del Lazio, che indaga per un danno erariale da 275mila euro. 

Gli obiettivi della onlus

Tra gli obiettivi della onlus Italia-Amazzonia, catalogati come raggiunti, c’era la realizzazione di una radio-web. Lo scopo era di “trasmettere a livello globale notizie riguardanti le popolazioni indio-amazzoniche e ospitare dibattiti sui temi dell’ambientalismo, della solidarietà e della cooperazione allo sviluppo“. Ma le indagini, prima dei carabinieri del Nucleo investigativo di Roma e poi della Guardia di Finanza, hanno dimostrato come la radio-web fosse riconducibile all’Associazione Rosso-Verde “avente finalità esclusivamente politiche”.

La testimonianza del tecnico del suono

Un tecnico del suono, che aveva emesso le fatture presentate dalla onlus Italia-Amazzonia, ha riferito agli inquirenti: “Mi venivano consegnate cassette audio contenenti ore di interviste a carattere quasi esclusivamente politico, con personaggi della politica locale, tra cui anche vari assessori. Ricordo di aver ascoltato, tra gli altri, anche tale Alessio D’Amato che, successivamente l’ho conosciuto personalmente in quanto appartenente all’associazione Rosso-Verde, essendomi recato presso la Regione Lazio, alla Pisana, per ottenere il saldo del mio lavoro”.

Ancora soldi

E non finisce qui. Con i soldi stanziati dalla Regione Lazio per la Fondazione Italia-Amazzonia vengono acquistati locandine e manifesti riferibili alle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006. In particolare: il poster “Oggi precari, domani stabili”, con il simbolo “Verdi per la pace” e il logo “Gruppo consiliare Ambiente Lavoro Regione Lazio“, di cui D’Amato è stato capogruppo fino al 2007; il poster “Gli impegni mantenuti grazie al consigliere regionale Alessio D’Amato”, con lo stesso simbolo, lo stesso logo e l’indicazione del sito www.rossoverde.org; la lettera di D’Amato dal titolo: “9/10 aprile Elezioni politiche”, con indicazione delle scelte da effettuare al Senato e alla Camera. “Con i fondi destinati agli indios dell’Amazzonia -spiega Il Tempovengono pagati anche biglietti elettorali, pieghevoli e poster per pubblicizzare alle elezioni comunali del 2006″.

Annunci pubblicitari ai quotidiani di sinistra

Con una fattura del 12 gennaio 2007 venivano pagati annunci pubblicitari sui quotidiani L’Unità, Il Manifesto e Liberazione per promuovere dibattiti in giro per l’Italia in cui interveniva D’Amato in qualità di presidente dell’Associazione Rosso-Verde.

Onlus come copertura

Per gli inquirenti il sospetto è che la onlus pro-Amazzonia fosse una sorta di “copertura” per ottenere fondi regionali da usare a scopo elettorale. Il 4 dicembre 2005 al cinema Capranichetta in piazza Montecitorio, a Roma, viene indetta l’assemblea per la nascita dell’Associazione Rosso-Verde, a cui partecipa D’Amato. I poster per pubblicizzare l’evento vengono pagati con fattura intestata alla onlus. Nella dicitura originale emessa dalla Avox srl si legge: “Materiale stampa e promozione evento del 4-12-2005-Rossoverde“. Ma nella fattura consegnata alla Regione scompare la parola “Rossoverde” e cambia il carattere di stampa. Anomalie e difformità riscontrate anche in altre fatture. “Incontrovertibile come la lettura dei documenti acquisiti all’informativa del nucleo investigativo carabinieri dimostrino pienamente che D’Amato fosse a conoscenza che le spese sostenute dalla Fondazione Italia-Amazzonia erano in realtà costi che sarebbero dovuti gravare sull’Associazione Rosso-Verde, ovvero sul destinatario del materiale elettorale stampato: Alessio D’Amato” concludono gli inquirenti. 

Il danno erariale e l’occhio della Corte dei Conti

Per la Procura della Repubblica di Roma si trattava di una truffa – anche se il processo è finito in prescrizione -, per la Procura della Corte dei conti del Lazio, invece, si tratta di un danno erariale da 275mila euro e di cui potrebbe dover rispondere in primis Alessio D’Amato. L’indagine contabile è ancora in piedi, nonostante i fatti contestati risalgano a circa 15 anni fa.

“I finanziamenti stanziati a favore della onlus nel bilancio della Regione Lazio sono due” spiega il quotidiano.Uno da un milione di euro per il progetto ‘Casa dei popoli e della solidarietà’ (mai erogato) e uno da 275 mila euro (interamente erogato) per il progetto ‘iniziative di conoscenza, solidarietà e difesa della cultura delle popolazioni Indio-Amazzoniche’. Quest’ultimo finanziamento sarebbe stato ‘dolosamente distratto’ da D’Amato e da tre suoi collaboratori. Il funzionario regionale Egidio Schiavetti, attualmente capo segreteria dell’assessorato alla Sanità, e all’epoca capo segretaria sia della Fondazione Italia-Amazzonia che dell’Associazione Rosso-Verde; Barbara Concutelli e Simona Sinibaldi, rispettivamente presidente e addetta alla segretaria della onlus, nonché tra i fondatori dell’Associazione Rosso-Verde”. 

La mossa di Alessio D’Amato

I giudici contabili a questo punto per recuperare i soldi potrebbero procedere al pignoramento dei beni personali. Peccato che l’assessore abbia pensato bene di sottrarre i suoi beni ad azioni esecutive proprio nel bel mezzo della bufera giudiziaria. Ai tempi del rinvio a giudizio, poche settimane dopo la lettera della Corte dei Conti alla segreteria di Nicola Zingaretti in cui si chiedevano lumi su cosa stesse facendo la Regione per riavere indietro quei 275 mila euro, D’Amato è andato a mettere in salvo i suoi beni. Ha bussato alla porta del notaio romano Rita Paolillo e si è fatto studiare da lei una blindatura perfetta.

Il verbale depositato all’Agenzia del Territorio recita così: “Atto fra vivi – costituzione di fondo patrimoniale”.

Lì dentro ha rinchiuso il villino di 6,5 vani in quel di Labaro e il box auto. L’immobile di esclusiva proprietà di Alessio è stato conferito al fondo patrimoniale costituito con la dolce metà Stefania, con cui “aveva contratto matrimonio in San Felice Circeo in data 13 ottobre 2012”. Nell’atto è scritto che “i coniugi Alessio e Stefania dichiarano di volere costituire un fondo patrimoniale destinando ai bisogni della famiglia” quegli immobili. Una blindatura che spesso scelgono gli amministratori pubblici proprio per non essere chiamati a fare fronte a cause e risarcimenti con i propri beni personali.

L’elemento giuridico

Come spiega la rivista stessa dei notai infatti “il principale effetto giuridico della costituzione del fondo patrimoniale è l’impignorabilità dei beni in esso ricompresi. In base all’art. 170 del codice civile i creditori di entrambi o di uno solo dei coniugi non possono sottoporre a pignoramento i beni del fondo, a meno che il debito sia stato contratto proprio al fine di soddisfare i bisogni della famiglia”.

Con quell’atto i magistrati della Corte dei Conti di fatto si troveranno nell’impossibilità di azioni esecutive nei confronti dell’assessore di Zingaretti.

I rinvii a giudizio

Tutti e quattro il 4 febbraio 2011 erano stati rinviati a giudizio per truffa dal Tribunale di Roma. Il processo si è concluso il 2 febbraio 2016 con una sentenza di “non doversi procedere per intervenuta prescrizione”. La Regione Lazio si era costituita parte civile nel procedimento, ma dopo l’estinzione per prescrizione, non ha intrapreso alcuna iniziativa legale sul fronte civile per recuperare la somma.

Le ‘minacce’ a Franco Bechis e all’editore

Il racconto della vicenda, tirata fuori dal direttore del Tempo, Franco Bechis, evidentemente non è piaciuto ai protagonisti tanto che lo stesso direttore scrive: “Ci saremmo attesi qualche reazione da parte di D’Amato, Zingaretti o della loro maggioranza che li sostiene in consiglio regionale. Una difesa, una contestazione di qualche particolare scritto. Oppure l’annuncio di un gesto che avrebbe chiuso sia pure tardivamente la vicenda: la restituzione alla Regione Lazio di quei 275 mila euro. Niente, silenzio assoluto.

Fino a ieri però. Quando alle agenzie è arrivato un comunicato stampa dello stesso D’Amato. Non su quello che avevamo scritto, ma di attacco violento al gruppo San Raffaele e ai suoi azionisti- la famiglia Angelucci che è azionista anche de Il Tempo. L’occasione è quella della discussione al Tar questa mattina del futuro di una struttura sanitaria, il San Raffaele di Rocca di Papa che come quasi tutte le Rsa italiane ha dovuto affrontare il dramma del Covid 19, scoprendo fra i contagi fra i ricoverati che erano persone particolarmente fragili.

D’Amato vuole revocare per questo l’accreditamento di quella struttura, il San Raffaele sostiene che non ci sono i margini per farlo e replica punto per punto alle singole accuse dell’assessore. Raccontata così è una contesa come tante. Ci si dovrebbe difendere e accusare nel processo (in questo caso amministrativo) in un paese normale. Invece l’assessore l’ha fatto il giorno prima della udienza, diramando un comunicato stampa che ha il sapore sgradevole di un pressing sui giudici che debbono decidere. Affare suo.

Ma D’Amato titola così il suo comunicato, usando una immagine suggestiva: ‘Domani discussione al Tar, 168 casi di positività e 43 decessi. Tanti morti quanto il ponte di Genova’ e nel testo si aggiunge che lì ci sarebbe stato ‘un tasso di mortalità quasi del 27%’, e questi toni sono un po’ meno normali. Anche perché l’assessore si dimentica di citare un particolare: nel San Raffaele di Rocca di Papa c’è un hospice per dare cure palliative ai malati terminali oncologici.

Una struttura quindi in cui purtroppo per le sue stesse caratteristiche (ospita malati terminali) il tasso di mortalità era molto alto anche quando non esisteva il coronavirus. Avere omesso quel particolare fa leggere sotto tutt’altra luce quell’insolito comunicato.

Ha tutta l’aria di un pressing sugli azionisti per fermare le nostre inchieste. Voi vi occupate di me? E io rovino le imprese più importanti dei proprietari de Il Tempo. Può essere che D’Amato così raggiunga il suo scopo prima o poi, dovesse perfino imporre la sostituzione del direttore de Il Tempo. Ma si sbaglia, e di grosso. Qui o altrove continuerò a fare il mestiere che ho imparato a fare piano piano in più di 30 anni: il giornalista.

Più troverò prepotenti che minacciano la libertà di informazione, più farò il mio mestiere scavando e cercando di scoprire quel che è nascosto. Continuerò a farlo qui finché me lo concederanno gli editori come è accaduto negli 11 anni trascorsi professionalmente con loro. Ma proseguirò anche dopo, ovunque sia. Perché questa libertà non la può soffocare nessun potente. Figurarsi un assessore di una giunta regionale…“.

 

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