Regione Lombardia dava i soldi alle Rsa ma Fontana dice di non sapere. Ecco le delibere firmate dal governatore
Spread the love

Con lo scoppio dell’inchiesta sul Pio Albergo Trivulzio, in Lombardia si è aperto un filone investigativo che sta facendo luce sulla gestione delle Rsa. L’aspetto interessante è che le indagini stanno pian piano arrivando nei palazzi della Regione che, pare, non abbia brillato per efficienza.

“Aspetto con estrema serenità l’esito” dell’inchiesta sulle morti nelle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) della Lombardia, dice il presidente della Regione, Attilio Fontana a MattinoCinque. Poi, puntualizza, che a proposito della scelta di dirottare nelle case di riposo i pazienti affetti da coronavirus, “sono stati i nostri tecnici che ci hanno fatto la proposta… e noi ci siamo adeguati”. “Noi abbiamo fatto una delibera che è stata proposta dai nostri tecnici ed esperti che ci hanno detto che a determinate condizioni”, ovvero in presenza di “reparti completamente separati dal resto della struttura e addetti dedicati esclusivamente a malati Covid, la cosa si poteva fare”, ha aggiunto Fontana.

Lo scaricabarile di Regione Lombardia

Il punto però è che, nel mentre che il governo nazionale (seppur in maniera confusionaria) emanava dei dpcm per far fronte al diffondersi del Covid-19, Regione Lombardia faceva un po’ come gli pareva. La conferma arriva, peraltro, dal sottosegretario Sandra Zampa: “Erano state date disposizioni a tutti di non far entrare possibili contagiati. Invece così è avvenuto. Il virus non vola nell’aria, qualcuno deve averlo portato. Bisogna verificare se sono stati fatti tutti i controlli possibili” ha detto Zampa.

Insomma, una sorta di scaricabarile come conferma anche Vinicio Peluffo del Pd lombardo: “I fatti smentiscono Fontana. Ricordiamo infatti che il documento ufficiale che ha dato il via a tutto questo è una delibera di giunta. Che significa una piena responsabilità politica di chi governa la Regione, tutto l’esecutivo compresi Fontana e Gallera. Se Fontana avesse ritenuto inopportuna la scelta avrebbe potuto decidere diversamente”. 

Il contrasto tra Regione e Governo

Dal primo giorno la politica messa in piedi da Fontana è stata quella di disattendere le indicazioni del governo e prendere le distanze. Se il Governo indicava di chiudere, loro aprivano. “Questo è avvenuto per ragioni politiche” spiega Zampa. Si tratterebbe di capire, ora, se proprio per questo atteggiamento, la Lombardia abbia un numero di contagiati sproporzionatamente alto rispetto alle altre regioni.

I due filoni dell’inchiesta

L’inchiesta giudiziaria sul Pio Albergo Trivulzio procede su due fronti diversi. Il primo sta accertando il numero esatto di vittime causate dal coronavirus e il legame con le misure messe in atto per arginare l’epidemia. Gli accertamenti riguarderanno non meno di 143 decessi, andando a verificare tutto quello che è successo a partire da febbraio.

L’altro fronte riguarda la corrispondenza tra il Trivulzio e la Regione. Gli inquirenti cercano di capire quali indicazioni sono state trasmesse alle residenze per anziani e cosa si è fatto per garantirne l’applicazione. Lo snodo chiave tra Regione e Trivulzio ha un punto in comune: la deliberazione dell’8 marzo. Di fronte all’emergenza che sta travolgendo gli ospedali, la Regione decide di smistare i malati che hanno superato la fase critica in qualunque struttura sia in grado di accoglierli. Si tratta di pazienti contagiati e bisogna scegliere istituzioni con personale medico e dotate di percorsi di isolamento. La gestione di questa pratica è affidata proprio al Pio Albergo Trivulzio a cui viene data una retta vicina ai 250 euro al giorno. 

La tre delibere della Regione Lombardia

I militari hanno sequestrato una quantità enorme di materiale sulle falle della gestione sanitaria dello storico centro geriatrico milanese. La finanza ha concentrato l’attenzione su tre delibere in cui si capisce com’è stata affrontata l’emergenza coronavirus in Lombardia.  

Il primo atto è la delibera di giunta dello scorso 8 marzo, la XI/2906, con cui la Regione prevede la possibilità di trasferire malati Covid-19 a bassa intensità nelle case di riposo. La procura vuole verificare se non ci siano stati enti che hanno accolto malati senza poter garantire l’isolamento tra vecchi e nuovi ospiti, positivi al virus. Facendo in questo modo esplodere i focolai. “A fronte della necessità di liberare rapidamente posti letto di Terapia intensiva e Sub intensiva – si legge nell’allegato 2 della delibera – si dispone l’istituzione di una ‘Centrale unica regionale dimissione post ospedaliera’ che riceve le richieste di dimissione degli ospedali per acuti, e individua in modo appropriato la struttura di destinazione”. La Regione ha assegnato questo ruolo proprio al Pat.  

Quali sono le Rsa?

La Regione pur avendo dichiarato che sono quindici le residenze che hanno accolto i malati Covid-19, non ha mai reso pubblico quali fossero. Il sospetto degli inquirenti è che il virus sia dilagato perché non è stato mantenuto l’isolamento. C’è, poi, la delibera XI/3020 del 30 marzo, che garantisce alla residenza, per ogni nuovo anziano ospitato, una retta giornaliera di 150 euro, pagato dalla Regione. Qualcuno, dunque, potrebbe aver nascosto l’assenza dei requisiti pur di incassare ricchi finanziamenti.

La Finanza ha messo mano anche sulla delibera XI/3018, con cui la giunta ha disposto il divieto di accesso nelle residenze per anziani ai familiari e dato indicazione di non trasferire nei pronto soccorso gli ultra 75enni. “Nel caso di età avanzata (oltre 75 anni) e presenza di situazione di precedente fragilità o di più comorbilità – si legge nel documento – è opportuno che le cure vengano prestate presso la stessa struttura, per evitare ulteriori rischi di peggioramento dovuti al trasporto e all’attesa in pronto soccorso”.  

Di admin

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Segnalaci la tua notizia