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Riccardo Padovano “movimenta” un dibattito organizzato dalla Provincia di Chieti in cui si discute delle opportunità lavorative del Sistema Turistico.

Quel gran mattacchione di Riccardo Padovano se n’è inventata un’altra per far riaccendere le luci sui suoi folti capelli. Il “lupone di mare”, pescarese Doc, durante un convegno organizzato dalla Provincia di Chieti per presentare un piano di sviluppo per il “chietino-ortonese”, ha inscenato una vera e propria performance teatrale. Riccardo Padovano, presidente del Sindacato Italiano Balneanti Abruzzo, ha rivendicato la partecipazione al dibattito in quanto rappresentante di una categoria importante per lo sviluppo turistico regionale. Mettiamola così: Padovano ha voluto prendere parte al convegno per far capire che qualche fondo economico spettava anche a loro. Dal sito della Provincia leggiamo che «la legge 236/93 ha come obiettivo principale quello di creare e sostenere occupazione attraverso la modernizzazione dei servizi legati al turismo e lo sviluppo di una nuova cultura d’impresa in questo settore.
Di concerto con il partenariato economico e sociale è stato concordato di potenziare il sistema di offerta turistica nell’area Chetino – Ortonese in quanto si presentava come l’ambito territoriale più rispondente, in termini di condizioni socio economiche (numero di disoccupati, percentuali di lavoratori in mobilità ed in cassa integrazione), ai requisiti richiesti dal Ministero per l’approvazione dell’istanza e l’accesso alle risorse economiche messe a disposizione.
I beneficiari sono, infatti, le micro, piccole e medie imprese che operano nel settore del turismo con particolare riferimento alle strutture ricettive, della ristorazione, delle produzioni tipiche, dei servizi turistici. 
I contributi sono rivolti a sostenere iniziative di creazione, ampliamento, adeguamento o ampliamento delle strutture al servizio del turismo». Secondo il SIB, la confindustria non puo’ rappresentare da sola lo sviluppo economico della regione e, gli stessi balneanti, non possono presentare progetti perché la direttiva Bolkenstein glieli bloccherebbe. Che fare allora? Protestare e conquistare ogni minimo spazio d’informazione. Magari parlando in dialetto!



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