Sanità Lazio: tentata corruzione per Angelucci. Le assunzioni pilotate. Spunta il nome del suocero dei fratelli Bianchi
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La procura di Roma ha indagato Antonio Angelucci per tentata corruzione. I fatti risalgono al 2017 quando, con 250mila euro, Angelucci tentò di corrompere l’attuale assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato.

Quest’ultimo non è indagato e, stando alle carte degli inquirenti, ha rifiutato “l’offerta”. Il “re delle cliniche romane” è proprietario del gruppo San Raffaele di Roma, editore dei quotidiani Libero e Il Tempo e deputato di Forza Italia.

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari, lo accusa del reato disciplinato dall’articolo 322 del codice penale che punisce l’istigazione alla corruzione. Ad altri indagati dell’inchiesta è contestata anche la corruzione. Angelucci è accusato di aver promesso a D’Amato – allora responsabile del servizio sanitario regionale – “il pagamento di una somma di denaro pari a complessivi 250.000 euro, dei quali 50.000 euro gli sarebbero stati, asseritamente, consegnati subito”.

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Questo, qualora D’Amato “avesse avallato” il pagamento dei crediti per la clinica San Raffaele Velletri, alla quale la Regione Lazio aveva già revocato l’accreditamento. Ma, come scrivono i pm, “l’istigazione non è stata accolta”. Angelucci in una nota dichiara “la propria totale estraneità ai fatti contestati e conferma altresì la piena fiducia nei confronti della magistratura”.

Le pressioni

Secondo il pm Gennaro Varone e il procuratore aggiunto Paolo Ielo, i fatti si sono svolti il 19 dicembre 2017, a margine del “tavolo di riconciliazione” indetto dal Prefetto di Roma, nella sala riunioni dell’assessorato alla sanità della Regione Lazio. L’incontro, come racconta Il Fatto, era stato organizzato a fronte della crisi occupazionale minacciata dal San Raffaele. Il Gruppo non vedeva riconosciute dalla Regione Lazio “le proprie pretese economiche”. La clinica non aveva più ricevuto i rimborsi regionali per via dell’inchiesta che aveva coinvolto i propri vertici. Angelucci si era recato personalmente alle riunioni con D’Amato per tentare una mediazione. Fino alla tentata corruzione raccontata dai pm.

Assunzioni pilotate

Angelucci è indagato, sempre per corruzione, insieme al suo manager, Ferruccio Calvani – 84enne attuale presidente del cda de Il Tempo – e a Salvatore Ladaga, 63 anni, in quel momento consigliere comunale di Forza Italia a Velletri e oggi coordinatore comunale del partito azzurro. Calvani, secondo gli inquirenti, “accettava l’utilità di poter gestire in proprio le richieste di assunzione presso le case di cura private della San Raffaele Spa, che Ladaga gli concedeva, in accordo con Angelucci”.

A fronte delle assunzioni pilotate, il consigliere assicurava il suo “impegno istituzionale” in consiglio comunale per favorire le cliniche di Angelucci. Il nome di Ladaga è balzato lo scorso mese agli onori delle cronache per tutt’altra vicenda, essendo il padre di Silvia Ladaga, compagna di Gabriele Bianchi, uno dei presunti assassini di Willy Monteiro Duarte, il 21enne ucciso la notte fra il 5 e il 6 settembre a Colleferro. Silvia Ladaga lavora nello staff di Giuseppe Simeone, consigliere regionale di Forza Italia e presidente della commissione Sanità della Regione Lazio.

Gli accrediti per la Roma

Fra gli indagati nello stesso procedimento compaiono anche Luigi Macchitella e Antonio Vallone. Macchitella, commissario straordinario della Asl di Frosinone, è accusato di aver concordato a gennaio 2019 con Antonio Vallone – amministratore delegato della San Raffaele Spa – le modalità di rientro di un provvedimento della Corte dei Conti che obbligava la San Raffaele Cassino. In cambio, il commissario Asl è accusato di aver ottenuto l’interessamento presso Vito Scala – dirigente di campo della As Roma – per la predisposizione di un accredito che avrebbe permesso ai suoi nipoti di assistere agli allenamenti della squadra giallorossa.

La guerra D’Amato-Angelucci

Negli ultimi mesi in Regione Lazio si è inasprita la battaglia fra D’Amato e Angelucci. L’attuale assessore, responsabile dell’unità di crisi regionale per l’epidemia da Covid, ha disposto la revoca dell’accreditamento per la Rsa San Raffaele Rocca di Papa, al centro dei report dell’Asl Roma 6 che ad aprile aveva riscontrato delle “gravissime violazioni dei protocolli”: sono stati registrati 168 casi di contagio e ben 43 decessi fra i pazienti ospitati.

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