Tragedia di Rigopiano: "nella Prefettura di Pescara persone incompetenti". E dopo due anni spuntano i "pizzini"
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“Qui io ho perso tutto e non c’è più nulla da fare, aiutami tu per favore” spiega Parete. Dall’altra parte del telefono c’è Quintino Marcella: “Ho chiamato 113, 112…tutti quanti e nessuno mi ha creduto. Tutti che mi dicevano ‘un attimo, un attimo’ e nessuno interveniva”.

Il 18 gennaio 2017 una valanga ha investito e distrutto l’Hotel Rigopiano di Farindola

Quel giorno morirono 29 persone. Perché per due anni nessuno ha parlato di una chiamata d’aiuto che forse poteva essere decisiva? Si tratta della telefonata delle 11.38 che Gabriele D’Angelo ha fatto alla Prefettura di Pescara e al Coc.

Le richieste d’aiuto di Quintino Marcella

“Il 118 mi conferma che è tutto a posto” dice la funzionaria della Prefettura a Quintino Marcella che informava della caduta dell’Hotel Rigopiano. Era l’addetta che ripetè a Marcella che: “La mamma dei cretini è sempre incinta”. Marcella però non si arrende e dopo un’ora di telefonate riesce a far partire i soccorsi.

L’inchiesta delle Iene

Gabriele D’Angelo, morto assiderato sotto la neve

È lui che la mattina ha contattato alle 11.21 il Coc di Penne e, successivamente, la Prefettura di Pescara. D’Angelo dà l’allarme ma, anche in quel caso, nessuno è intervine. La telefonata è arrivata 5 ore prima della tragedia ma la telefonata non è agli atti. Alla Prefettura, si scopre, hanno segnato la richiesta d’aiuto su pezzi di carta sparsi e non su un brogliaccio. Sono Gabriele D’Angelo, chiamo dall’hotel Rigopiano. Ci sono 45 persone, compresi 5 bambini, isolate dalla neve. Mandate al più presto una turbina a liberare la strada”. Sono le 11,38 del 18 gennaio 2017 quando Gabriele D’Angelo, il cameriere di Penne dell’hotel Rigopiano tra le 29 vittime, riesce a contattare la Prefettura di Pescara. È una telefonata che dura 230 secondi e non fu registrata ma fu raccontata agli inquirenti dalla funzionaria che prese la chiamata.

I pizzini

Le telefonate di aiuto venivano trascritte tutte su dei pezzettini di carta. Una procedura molto strana visto che, secondo il protocollo, le telefonate dovevano essere scritte su un brogliaccio al fine di verificare le priorità negli interventi. Pezzettini di carta che sono venuti fuori dopo due anni dalla tragedia e che ha fatto partire, evidentemente, il processo con l’assunto sbagliato.

Perché non è uscito prima? Perché quegli appunti non sono stati presi su un brogliaccio?

La Prefettura di Pescara era in mano a gente incompetente. Già la sera prima sindaco e polizia provinciale, raccontano i sopravvissuti Parete e Tritone, sapevano in che stato si trovava la strada. “Ci hanno accompagnato proprio loro”.

Per due anni si è parlato della telefonata di Quintino Marcella. Perché non di quella di Gabriele D’Angelo?

Le Richieste che di D’Angelo cadono tutte nel vuoto. La sua telefonata alla Prefettura viene addirittura cancellata: del numero del telefonino di Gabriele non c’è più traccia sui documenti che i poliziotti della Mobile vanno a prendere in prefettura insieme con tutti gli altri registri del 18 gennaio. Il contenuto sparisce appena la mattina del 26 gennaio, la stessa funzionaria, con il vice coordinatore della sala operativa vanno a chiedere al carabiniere forestale in servizio al Ccs della Prefettura l’intestatario di un numero di cellulare. Quello di Gabriele, appunto. E il numero non risulta più nemmeno nella relazione che la funzionaria prepara il 28 gennaio come richiesto a tutto il personale.

L’esposto alla Polizia giudiziaria

L’ufficiale dei carabinieri forestali,  il colonnello Annamaria Angelozzi, è stata tirata in ballo in un esposto depositato in procura l’11 giugno scorso dai legali di uno dei principali imputati del procedimento, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. Il colonnello, insieme a un consulente della procura, Igor Chiambretti, è stato denunciato per omissione di atti d’ufficio e abuso d’ufficio. La procura (l’aggiunto Anna Rita Mantini e il sostituto Salvatore Campochiaro) ha svolto accertamenti presentando al gip una richiesta di archiviazione di sei pagine. Il gip Antonella Di Carlo, a sua volta, ha disposto l’archiviazione del procedimento “perché dagli atti non emergono elementi idonei ad esercitare l’azione penale”.

Le accuse

L’accusa più pesante è quella della tardiva trasmissione dell’annotazione di pg di un agente della polizia di Stato alla procura; di aver omesso l’analisi delle risultanze peritali elaborate dal Ris di Roma sui cellulari delle vittime della tragedia; di aver omesso di segnalare le mail che si sarebbero scambiati il consulente Chiambretti con uno degli imputati.

Le telefonate

“Il Nipaaf di Pescara non fu mai portato a conoscenza delle risultanze peritali del Ris“, scrivono magistrati e gip, “poiché la procura non delegò mai tale ufficio alle valutazioni delle acquisizioni”. Il 19 novembre 2018 Angelozzi segnala in procura il rinvenimento della chiamata di D’Angelo e due giorni prima i carabinieri trasmettono in procura la nota tecnica del Racis in cui vengono evidenziate le chiamate dello stesso D’Angelo in Prefettura.

Come può Francesco Muriana, capo della Mobile, indagare sui colleghi della Prefettura?

La stranezza che la trasmissione di Italia 1 rileva è che, in un’intercettazione, pare che gli indagati (Prefettura) e inquirenti (Polizia) pare si mettano d’accordo sul da farsi.

La domanda rimane: quanto si dovrà attendere ancora per avere la verità su Rigopiano?

Di admin

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