Vincenzo Angelini perché è stato arrestato per falsi accreditamenti e la Regione gli riconosce 200 milioni?
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Un libro narra la storia di Vincenzo Angelini, da Remo Gaspari definito come “l’unico vero imprenditore nella sanità abruzzese” perché “gli altri sono rapaci amministratori del denaro altrui”. Un giudizio da cui l’autore, Gino Di Tizio, parte per far comprendere i fatti e la vicenda processuale che coinvolge Angelini.

La narrazione parte dalla condanna di Angelini nel 2016 per truffa e falso, legata all’operato della sua clinica, Villa Pini, accusata di svolgere attività non autorizzate e di ricevere finanziamenti pubblici per servizi non accreditati. La condanna si inserisce in uno scenario più ampio, quello dello scandalo Sanitopoli, che coinvolse anche l’ex presidente Ottaviano Del Turco. E sul quale la giustizia ha calato la sua clava tra molti dubbi e scarse “montagne di prove” come ebbe a dire l’allora capo procuratore di Pescara – entrato successivamente in politica e bastonato dagli elettori – in conferenza stampa.

Il documento del direttore Di Tizio evidenzia il sostegno mediatico a Del Turco e la ritrattazione di Angelini come un corruttore anziché una vittima. Vincenzo Angelini si distingue nel settore sanitario e mediatico, ma suscita anche critiche e conflitti, specialmente con Del Turco e il suo entourage politico. Si delineano le tensioni finanziarie e le accuse di corruzione rivolte ad Angelini.

La rottura definitiva tra Angelini e la Regione Abruzzo avviene con l’arresto di Del Turco nel 2008 e l’inizio dello scandalo Sanitopoli.

Si sospetta un tentativo di ostacolare la vendita di Villa Pini a un altro imprenditore. La narrazione si conclude con la necessità di un’indagine approfondita per comprendere appieno la storia e le responsabilità coinvolte.

Dopo aver rivolto le sue denunce alla Procura di Pescara e al Procuratore Nicola Trifuoggi, le dichiarazioni di Angelini provocarono una violenta reazione che scosse la Regione Abruzzo e destabilizzò il sistema politico regionale. Il 14 luglio, su mandato della Procura, la Guardia di Finanza arrestò il presidente della Regione Ottaviano Del Turco, insieme ad altre persone coinvolte. Le accuse di Angelini, riguardanti il pagamento di milioni di euro a politici e funzionari, scatenarono una crisi senza precedenti.

Tuttavia, anziché essere accolto come un collaboratore della giustizia, Angelini stesso venne messo sotto accusa. Il procuratore Trifuoggi emise un mandato di arresto nei suoi confronti. Si ipotizzò che Angelini potesse aver pagato un prezzo politico per le sue denunce. Trifuoggi, poco dopo, ricevette offerte di incarichi politici che tuttavia non ottennero il sostegno dei voti popolari.

La reazione alle denunce di Angelini non fu di promuovere trasparenza e pulizia, ma di proteggere il sistema di potere esistente. Le indagini dei carabinieri e le reazioni dei protagonisti politici evidenziarono la complessità della situazione. Angelini non fu arrestato nonostante le richieste dei carabinieri, mentre Del Turco venne convalidato. La custodia cautelare per Angelini fu ritenuta non necessaria dalla dottoressa Marilena Di Fine, ma la sua situazione giudiziaria rimane aperta.

La vicenda giudiziaria, con le sue intricanti responsabilità politiche e giudiziarie, evidenzia una resistenza nel voler riscrivere la storia di quel periodo. Le necessità di giustizia e trasparenza sembrano in conflitto con gli interessi consolidati del potere regionale.

L’operazione “Delenda Angelini”

L’operazione “Delenda Angelini” si focalizzò sull’ispezione condotta dal senatore Ignazio Marino che portò alla chiusura dell’ex Salus e delle Villette, strutture in cui venivano assistiti pazienti con gravi patologie mentali. L’ispezione al Salus avvenne all’alba, durante il cambio del personale, circostanza non considerata nella valutazione dell’ispezione e nelle decisioni che hanno portato alla chiusura delle strutture. Ciò causò problemi ai pazienti e alle loro famiglie, che si ritrovarono senza assistenza sanitaria.

Angelini e la condanna per falsi accreditamenti ma rimborsato dalla Regione Abruzzo

Vincenzo Angelini venne condannato per falsi accreditamenti nella sanità ma allo stesso tempo la clinica Villa Pini ottenne rimborsi dalla Regione Abruzzo dopo il fallimento, evidenziando un’inerzia nel considerare le prove a favore di Angelini. Dunque partì un’azione legale promossa dall’avvocato Ugo della Monica per la revisione della condanna e il maxi risarcimento citato dalla figlia di Angelini.

Vincenzo Angelini si trova in stato di detenzione domiciliare dal 25 ottobre del 2016, quando il Tribunale di Chieti, presieduto da Geremia Spiniello, a latere Isabella Allieri e Andrea Di Berardino, condannò Vincenzo Angelini a sette anni di reclusione per truffa e falso. Angelini venne ritenuto colpevole perché la casa di cura Villa Pini negli anni fra il 2005 e il 2007 avrebbe espletato attività sanitaria non coperta da autorizzazione o accreditamento provvisorio ed effettuato prestazioni a carico del sistema sanitario nazionale per settori non accreditati quali ortopedia, oculistica, cardiochirurgia, chirurgia vascolare, cardiologia, otorinolaringoiatria, malattie e disturbi dell’apparato riproduttivo femminile.

Un procedimento che avanzò su un binario parallelo di Sanitopoli.

Nel libro Di Tizio scrive:

“I rimborsi chiesti da Angelini, che gli sono costati la dura condanna del tribunale di Chieti, sono stati pagati all’avvocato Giuseppina Ivone, designata come curatrice del fallimento, in due date: risale al 31 dicembre del 2020 la prima rata di oltre 183 milioni; mentre la seconda rata, di più di 63 milioni, risale a una data successiva. Va notato che la curatela fallimentare della dottoressa Ivone è arrivata a ottenere i rimborsi attraverso semplici azioni giudiziarie, derivanti dall’esame e dalla valutazione delle carte disponibili, in base alle quali ha potuto chiedere e vedersi riconosciuti i milioni di euro illegittimamente negati dalla presidenza della Regione”.

Per rendersi conto di quanto accaduto basta far riferimento ad alcune date: Vincenzo Angelini
viene condannato per “falsi accreditamenti nella sanità”, reato derivante dall’aver chiesto alla re-
gione Abruzzo il pagamento di prestazioni effettuate dalla clinica tra il 2005 e il 2007, a sette anni di carcere, sentenza confermata in appello nel settembre del 2018 e che diventata irrevocabile il
7 aprile del 2021. Nel frattempo la dottoressa Ivone, curatrice del fallimento, ottiene a fine dicembre del 2020 un primo versamento dalla Regione Abruzzo di 183.728.523,38 euro e successivamente altri rimborsi fino ad arrivare alla somma di 246.182,494 euro quale credito “certo reale e liquidabile” in favore della clinica. La liquidatrice, per avanzare le sue richieste, non aveva fatto altro che leggere e valutare le carte esistenti, evidentemente ignorate da chi aveva condotto indagini e poi sentenziato. Prende sempre più corpo, a questo punto, la tesi che si è voluto isolare Angelini e risolvere, condannandolo e facendolo uscire di scena, ogni possibile eventuale negativa conseguenza derivante proprio dalle sue denunce. Un isolamento che ha visto protagonisti non solo soggetti legati al mondo della politica e degli affari, ma anche chi avrebbe dovuto garantire ad Angelini la possibilità di potersi difendere anche nelle sedi giudiziarie. Fatto grave è che nessuno abbia contestato la condanna di Angelini per truffa per aver richiesto ciò che in effetti gli spettava. La famiglia Angelini per chiedere giustizia si è trovata a dover scegliere di farsi difendere da avvocati lontani dall’Abruzzo.

Cosa accade in Abruzzo in ambito sanitario? E chi muove le fila?

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